10 dicembre 2020

I miti nel flauto magico/1 - Il tema dell'eroe

Scritto da Marisa

La grande complessità del “Flauto magico” permette vari livelli di lettura e offre molteplici suggestioni, già quasi tutte esplorate e analizzate. In questa serie di post cercherò di mettere in risalto i filoni mitologici e archetipici che affiorano, tralasciando quelli inerenti ai significati simbolici legati al mondo della massoneria e ai suoi riti di iniziazione, pur presenti ma di cui non ho nessuna esperienza.
A mio parere sette sono i principali motivi mitologici che si intrecciano e si rincorrono lungo tutta l'opera, contribuendo alla ricchezza incommensurabile di questo capolavoro perché, in maniera sotterranea e proprio per questo tanto più potente, fanno risuonare le corde più intime dell'anima come solo loro possono fare. La musica è per sua natura il mezzo più potente per veicolare i contenuti mitologici e archetipici, e quella di Mozart è particolarmente efficace e felicemente adatta. I sette filoni sono questi:

1) Il tema dell'eroe
2) Il mito di Demetra e Kore
3) Amore e Psiche
4) Puer aeternus
5) Orfeo, Pan e Krishna
6) Iside e l'iniziazione ai misteri
7) il Vecchio Saggio

Il tema dell'eroe è il primo che compare nell'opera, perché essa si apre con il giovane principe Tamino alle prese con un drago. La lotta col drago, sotto qualsiasi forma si presenti (serpente, toro, leone...), costituisce il punto centrale di tutti i miti che caratterizzano l'eroe e lo definiscono come tale: da Teseo che deve uccidere il Minotauro, a Sigfrido che uccide il drago a guardia del tesoro, passando per Eracle con le sue dodici imprese, e Perseo che libera Andromeda. Persino nell'iconografia cristiana troviamo un santo eroe, San Giorgio, alle prese con un drago per liberare una fanciulla. Il tema non manca nemmeno nei poemi cavallereschi con in testa “L'Orlando furioso”, poema eroico per eccellenza, dove assistiamo alla liberazione di Angelica da parte di Ruggiero, che piomba sul drago a cavallo dell'Ippogrifo.

In tutti questi miti e leggende naturalmente l'eroe sconfigge il drago, e quasi sempre la vittoria porta alla liberazione di una fanciulla, spesso destinata ad appartenergli. Il coraggio del giovane è indiscutibile e proprio il suo coraggio e la vittoria sul mostro lo qualificano come eroe. Nel “Flauto magico”, però, le cose si svolgono diversamente perché assistiamo, al primo apparire del drago, alla fuga del principe, in preda ad una paura che lo porta persino a svenire, e al suo salvataggio a opera di tre donne... Che smacco per un aspirante eroe! Ma poi Tamino è un aspirante eroe o semplicemente un giovane ricco e inesperto, un figlio di papà in cerca di avventure e forse di guai? La risposta l'avremo da tutto lo svolgimento successivo, e impareremo a conoscere una figura completamente nuova di eroe, un eroe che non uccide il drago ma che impara a vincere la paura e fa crescere il proprio coraggio attraverso prove diverse, motivato dall'amore e dal desiderio di acquisire saggezza: e lo strumento non sarà la spada, ma un flauto, cioè la musica...

Quest'opera spariglia completamente le carte. A prima vista sembra solo una fiaba, per giunta del tutto assurda e paradossale, e forse solo l'estrema bellezza della musica (il genio incomparabile di Mozart!) l'ha salvata dal dimenticatoio. Ritorniamo alla situazione iniziale: un giovane che, dice la didascalia, "scende da una roccia in splendido abito da caccia giavanese, con un arco ma senza freccia; un serpente lo insegue". Quindi si tratta di un cacciatore, un principe esotico, che si è allontanato dai suoi territori e si ritrova in un altro regno, in quelle terre che scopriremo appartenere a una Regina. Il suo arco è – cosa inedita persino per un cacciatore – senza frecce. E non appena il serpente-drago si avvicina, dopo aver invocato aiuto, cade svenuto! È quindi praticamente inerme ed ha estremo bisogno di aiuto. Per fortuna l'aiuto arriva immediatamente, ma per opera di donne, le Tre Dame mandate proprio dalla Regina per salvarlo.

Il tema dell'eroe è completamente sovvertito! Il principe non solo non ha frecce al proprio arco e ha paura, ma viene salvato da... donne... che hanno, loro sì, un arco con frecce; anzi un arco d'argento. L'argento è il metallo simbolicamente legato al femminile e alla Luna, mentre l'oro è associato al Sole e al potere regale maschile. Dunque è perfettamente in linea che le frecce delle Tre Dame siano d'argento: ma che le donne abbiano frecce e l'uomo no, è una realtà che si trova soltanto presso le Amazzoni e nelle mitologie più arcaiche, dove il potere femminile e della Grande Dea Madre è del tutto preponderante. E qui, nella prima scena, ci troviamo proprio nel regno dove il femminile è preponderante e potente. Tutto è preordinato dalla grande Regina che domina in questo strano paese ed è lei che ha attirato il giovane nei suoi domini, ha mandato il drago e inviato le tre dame a soccorrerlo (vedremo in seguito il significato di questa triade femminile, così come della triade maschile composta dai tre fanciulli: sempre tre, numero magico, la trinità...). Siamo dunque ritornati nel periodo mitico del matriarcato, la favolosa età mai dimostrata storicamente, ma presente nella stratificazione più profonda della psiche e delle religioni arcaiche?

Questo comunque è solo l'inizio, e il giovane è naturalmente ancora legato al mondo materno; si è appena allontanato dalla propria casa e dal proprio ambiente in cerca di avventure, e sta tentando il primo passo verso l'autonomia... ma è ben lungi dalla determinazione maschile dell'eroe pronto a combattere e ad uccidere. Il tema dell'eroe è sempre stato visto come la vittoria del bene sul male, del patriarcato sul matriarcato, della cultura sulla natura... L'Io eroico ha connotazioni maschili di coraggio e determinazione e si serve della forza e di un'arma fallica (spesso proprio la lancia o le frecce) per uccidere il mostro che raffigura un aspetto arcaico della natura da civilizzare e da dominare. Apollo ne è il modello per eccellenza, l'archetipo della natura eroica, perché la caratteristica principale che lo consacra signore di Delphi e dell'oracolo deriva proprio dall'uccisione del grande Pitone (da cui il nome di Apollo Pizio), evento che instaura il predominio maschile e solare (Apollo è anche Elio, il condottiero del carro solare) sul vecchio potere matriarcale e i suoi oracoli, rappresentati appunto dal dragone-serpente che occupava il suolo di Delphi.



Dal punto di vista psicoanalitico la vicenda dell'eroe è vista come la lotta dell'Io e della coscienza sul caos dell'inconscio, sul regno dell'istintualità bestiale e del complesso materno negativo, forze che tenderebbero sempre a far regredire e ad ostacolare la luce della razionalità. Valgano per tutti il grande lavoro di Erich Neumann (“Storia delle origini della coscienza”, “La psicologia del femminile”, “La grande Madre”) e il sapiente testo di Joseph Campbell “L'eroe dai mille volti”. Ma ora che tale distacco è stato fatto e la coscienza maschile-patriarcale si è affermata da più millenni, siamo sicuri che il primordiale strato femminile-matriarcale non vada recuperato, e con esso tutta la ricchezza di una sapienza fondata sulla Natura e gli strati più originali e profondi della psiche? Le gravi conseguenze di un'eccessiva valorizzazione del patriarcato e della coscienza centrata sulla razionalità (che spesso diventa semplice razionalizzazione), l'eccessiva differenziazione e l'utilizzo egoistico di ogni bene, con la conseguente svalorizzazione del femminile e della natura, stanno ormai sotto gli occhi di tutti. Sempre più si sente il bisogno di sanare tali fratture e di sviluppare un nuovo modello, recuperando e integrando quello che è stato rimosso. E forse il modello dell'eroe che uccide il drago andrebbe sostituito con una nuova figura di eroe che protegge, ripara e integra... Il “Flauto magico” sembra proprio anticipare tale modello.

Il giovane principe senza frecce al suo arco, soccorso e amato dalle Tre Dame, può diventare il nuovo eroe che salva la fanciulla in altro modo, e ne seguiremo le tracce. Intanto non si presenta come nemico e oppositore del materno. Viene anzi prescelto proprio dalla Madre, addolorata per la perdita della figlia, come possibile salvatore, e, per compiere tale impresa, munito di un flauto, dono prezioso, molto diverso dalle usuali armi maschili. Gli viene anche consegnata un'immagine della figlia con l'evidente intento di indurlo a innamorarsene per motivarlo più pressantemente all'azione. Da ultimo, gli si dà come compagno uno strano personaggio suddito del suo regno, Papageno, l'uomo-uccello, tutt'altro che coraggioso ed eroico ma molto vicino alla natura e ai suoi istinti, uno che partecipa della natura aerea degli uccelli, da sempre però rappresentanti dello Spirito... Papageno non è una semplice macchietta che ha il compito di alleggerire la serietà dell'opera rinforzandone la parte umoristica, ma realmente un altro aspetto del nuovo eroe, la parte più umana e meno retorica, che non nega mai di avere paura e che si sottopone alle prove solo se proprio non ne può fare a meno. Anche lui mira alla conquista di una compagna, l'anima gemella che sogna da tanto tempo, sentendo che senza di essa la propria esistenza è come dimezzata, priva di un vero valore o di fecondità; già, perché Papageno intuisce che il femminile è la controparte essenziale, la portatrice di “anima” a cui il principe anela senza saperlo, ma che viene riconosciuta e proiettata sulla donna non appena ne vede l'immagine...



L'eroe del “Flauto magico”, Tamino, non parte per uccidere un mostro, che è già stato fatto fuori da tre donne. E l'unione con la sposa, di cui si è già innamorato solo vedendone l'immagine, avverrà in seguito a delle prove iniziatiche che hanno come fondamento l'autocontrollo e la capacità di mantenere il silenzio anche di fronte al dolore di lei (che credendosi rifiutata arriverà persino sull'orlo del suicidio) e proseguono con quella che è una vera e propria discesa agli inferi per vincere le potenze del fuoco e dell'acqua. Queste imprese finali verranno affrontate insieme alla donna amata e con l'aiuto della musica del flauto che dà il nome all'intera opera. Il tutto distaccandosi dal dominio pulsionale e possessivo della Madre negativa, e scegliendo come modello ideale le virtù dell'autocontrollo e della conoscenza legate alla saggezza del mondo sacerdotale che Sarastro incarna.

In questo viene riconfermato il cammino dell'eroe che pretende che esso segni la vittoria sul materno primordiale e l'affermazione della coscienza centrata sul “Logos”, ma non si uccide più nessun drago. Il femminile diventato troppo ostile viene relegato e sprofondato nei regni sotterranei insieme alla parte oscura del mondo luminoso di Sarastro, quel Monostatos che insidiava Pamina e che pur di averla passa al servizio della Regina. Per il momento gli aspetti negativi vengono quindi “rimossi” e ricacciati nell'inconscio, passibili perciò di nuove escursioni e ritorni (è quello che Goethe immagina scrivendo un possibile seguito dell'opera). Ma vedremo che non tutto il femminile è maledetto, perché l'iniziazione avviene con la consacrazione a Iside, una dea molto potente ma con caratteristiche diverse da quelle della Regina della Notte, incarnando la faccia misericordiosa e positiva dell'archetipo della Grande Madre.

Ricordo per inciso che un'altra opera lirica inizia con l'uccisione di un mostro, un terribile toro (anche se l'evento è solo raccontato come antefatto), da parte del protagonista eroe, per salvare la fanciulla di cui si innamora e ne è subito riamato. Si tratta di Edgardo della “Lucia di Lammermoor”, e sappiamo che la cosa non finisce bene...