Le due persone che Figaro aveva intravisto alla porta con una lanterna in mano, durante il terzetto precedente, sono Don Basilio e il notaio, che Bartolo aveva mandato a chiamare affinché celebrasse quella notte stessa le sue nozze con Rosina. Dopo un attimo di sconcerto nello scoprire che la scala con cui progettavano di fuggire non è più al suo posto (scorpriremo poi che a toglierla dal balcone è stato lo stesso Don Bartolo, intenzionato a impedire l'uscita di scena di coloro che vuol fare arrestare come ladri), Figaro e il Conte riescono ancora una volta a capovolgere con astuzia la situazione a proprio vantaggio.

Figaro si rivolge infatti spavaldamente al notaio, lasciandogli intendere di essere stato lui a convocarlo in quella che è la propria casa: "Dovevate in mia casa stipular questa sera un contratto di nozze fra il Conte d'Almaviva e mia nipote", gli dice. Alle timide proteste di Don Basilio risponde subito il Conte, che traendolo da parte gli offre un prezioso anello che aveva al dito in cambio del suo silenzio e, anzi, della sua disponibilità a fare da testimone per le nozze. Il venale Basilio non perde tempo ad accettare (anche perché l'alternativa propostagli da Almaviva è molto meno allettante: "Per voi vi son ancor due palle nel cervello se v'opponete." - "Ohibò, prendo l'anello. Chi firma?"), dimostrandosi comicamente un voltagabbana.

Da notare che quella del notaio è una parte muta: l'attore è presente sulla scena ma non recita né canta una sola parola, il che è paradossale se si pensa che solitamente un notaio esercita la propria professione proprio attraverso le parole (ne "Le nozze di Figaro" un altro notaio, Don Curzio, parlerà si, ma balbettando, un altro sfregio verso un ruolo che nelle opere buffe, come tutte le autorità pubbliche, è sempre rappresentato con una certa ironia).

E così, con Figaro e Basilio come testimoni, il tanto agognato matrimonio fra il Conte e Rosina è celebrato, seppur furtivamente e nel cuor della notte. Appena in tempo prima che giunga Don Bartolo, con un alcalde (ossia un giudice) e alcuni soldati al seguito, ai quali intima: "Signor, son ladri. Arrestate, arrestate". A questo punto il Conte lascia cadere la maschera e rivela finalmente a tutti la sua identità: "Il mio nome è quel d'un uom d'onore. Il Conte d'Almaviva io sono".

Tutta questa lunga scena, che segna di fatto la conclusione della tormentata vicenda, è svolta attraverso semplici recitativi, ed è un peccato. La partitura prevede però a questo punto una grande aria tripartita ("Cessa di più resistere" – "Il più lieto, il più felice"), l'unica fra l'altro in tutta l'opera a essere accompagnata dal coro. In essa il Conte, con tutta la sua nobile prosopopea, mette a tacere le ultime, timide e inutili proteste di Bartolo, per poi esprimere la propria felicità nell'aver conseguito l'obiettivo. Tale aria, però, è frequentemente omessa dagli allestimenti dell'opera, per diversi motivi. Innanzitutto è estremamente lunga e difficile dal punto di vista vocale. Inoltre giunge quando la situazione drammatica si è ormai conclusa, rallentando e posticipando inutilmente le battute conclusive che gli spettatori ora si attendono. Infine, i suoi toni da opera seria contrastano terribilmente con quelli comici che l'hanno preceduta: qui non ci si prende gioco della nobiltà del Conte, e il personaggio risulta anche un po' arrogante e meschino nell'accanirsi sul suo rivale dopo aver già ottenuto la vittoria. Non aiuta poi il fatto che tale scena non era presente nella commedia di Beaumarchais, e dunque risulta decisamente superflua.

Per fortuna, la felice melodia della sezione finale "Il più lieto, il più felice" non andrà sprecata: Rossini, come suo solito, la riciclerà più volte in seguito, dapprima nell'opera "Le nozze di Teti e Peleo" (l'aria “Ah, non potrian resistere”) e poi soprattutto ne "La Cenerentola" (il rondò finale “Non più mesta accanto al fuoco”: al link trovate anche alcune variazioni – come quelle di Chopin – sul tema). Meno noto è il fatto che, in occasione di una rappresentazione a Padova, il compositore adattò l'aria virandola in chiave femminile e facendola cantare a Rosina, che nell'occasione era interpretata da Geltrude Righetti Giorgi.

La consuetudine di tagliare quest’aria rimane spesso ancora oggi (anche un direttore filologicamente molto attento come Claudio Abbado, interprete fondamentale nella storia recente del "Barbiere", non la ha mai eseguita), anche se proprio il suo virtuosismo estremo ha fatto sì che negli ultimi anni divenisse cavallo di battaglia di star internazionali del belcanto quali Rockwell Blake o Juan Diego Flórez. Lo stile e il tono musicale di quest’aria è decisamente "serio": lo rivela innanzitutto la struttura formale in tre sezioni, utilizzata sovente per le grandi arie delle opere serie e, quand’anche si riscontrino esempi in quelle buffe, sono sempre collocati in contesti "seri" (un esempio ne è l’aria di Don Ramiro nell’atto secondo della "Cenerentola"). Anche il contenuto musicale non è da meno: il tono di nobile ed eroico sdegno che domina il Maestoso d’esordio (a cui Rossini non manca di aggiungere pennellate di umana comprensione per «la beltà dolente») è seguito dalla dolcezza e dall’amore con cui il Conte guarda la misera situazione di Rosina nel cantabile, per poi concludersi con un rondò brillante nel quale il ritornello viene seguito da due variazioni dalla difficoltà e dalla spettacolarità vocale sempre crescente che conducono verso la coda, dove il virtuosismo vocale raggiunge vette davvero siderali. Il Conte, abbandonato finalmente ogni travestimento e ogni accento da opera buffa, riprende i panni di nobile e illuminato Grande di Spagna e, tra il giubilo generale, si fa difensore dei più deboli riscattando Rosina dal miserabile stato di oppressione in cui la teneva rinchiusa il malvagio Don Bartolo. Almaviva è così proiettato in una dimensione drammatica e anche sociale abissalmente superiore rispetto alla borghese, furbesca e talvolta un po’ meschina quotidianità degli altri personaggi; in una dimensione cioè (si perdoni il paragone forse un po’ forzoso) che lo accomuna in qualche maniera a quella schiera di sovrani di ascendenza metastasiana che col loro agire illuminato fanno in modo che la virtù trionfi sempre sulla malvagità. Fors’anche tale contenuto morale e sociale, così lontano dalla comicità realistica di fondo, ha contribuito alla sparizione di questo brano dal Barbiere per un così lungo periodo. La struttura stessa dell’opera, così come è sinora stata intessuta da librettista e compositore, rischia in questo punto di spezzarsi di fronte ad un volo di contenuto così elevato. Quando Rossini riutilizzerà la stessa musica nella "Cenerentola" (dove si fa portatrice di contenuti in gran parte simili), lo farà ben conscio che l’intera struttura drammatica di quell’opera sarebbe stata proiettata proprio verso quel sublime punto di astrazione musicale e morale.
(Stefano Piana)

Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano (“Ah, disgraziati noi! Come si fa?”).

FIGARO (con angoscia)
Ah, disgraziati noi! Come si fa?

CONTE
Che avvenne mai?

FIGARO
La scala...

CONTE
Ebben?

FIGARO
La scala non v'è più.

CONTE (sorpreso)
Che dici?

FIGARO
Chi mai l'avrà levata?

CONTE
Quale inciampo crudel!

ROSINA (con dolore)
Me sventurata!

FIGARO
Zi-zitti... Sento gente. Ora ci siamo.
Signor mio, che si fa?

CONTE
Mia Rosin, coraggio.
(si avvolge nel mantello)

FIGARO
Eccoli qua.

(Si ritirano verso una delle quinte. Entra Don Basilio con lanterna in mano, introducendo un Notaro con carte.)

BASILIO (chiamando alla quinta opposta)
Don Bartolo! Don Bartolo!

FIGARO (accennando al Conte)
Don Basilio.

CONTE
E quell'altro?

FIGARO
Ve', ve', il nostro notaro. Allegramente.
Lasciate fare a me. Signor Notaro:
(Basilio e il Notaro si rivolgono e restano sorpresi. Il Notaro si avvicina a Figaro.)
dovevate in mia casa
stipular questa sera
il contratto di nozze
fra il conte d'Almaviva e mia nipote.
Gli sposi, eccoli qua. Avete indosso la scrittura?
(I1 notaro cava la scrittura.)
Benissimo.

BASILIO
Ma piano.
Don Bartolo dov'è?

CONTE (chiamando a parte Basilio, cavandosi un anello dal dito, e additandogli di tacere)
Ehi, Don Basilio,
quest'anello è per voi.

BASILIO
Ma io...

CONTE (cavando una pistola)
Per voi
vi son ancor due palle nel cervello
se v'opponete.

BASILIO (prende l'anello)
Oibò, prendo l'anello.
Chi firma?

CONTE E ROSINA
Eccoci qua.
(sottoscrivono)

CONTE
Son testimoni Figaro e Don Basilio.
Essa è mia sposa.

FIGARO E BASILIO
Evviva!

CONTE
Oh, mio contento!

ROSINA
Oh, sospirata mia felicità!

FIGARO
Evviva!

(Nell'atto che il Conte bacia la mano a a Rosina, Figaro abbraccia goffamente Basilio, ed entrano Don Bartolo e un uffiziale con soldati.)

BARTOLO (additando Figaro ed il Conte all'Alcade ed ai soldati)
Fermi tutti. Eccoli qua.

UFFIZIALE
Colle buone, signor.

BARTOLO
Signor, son ladri.
Arrestate, arrestate.

UFFIZIALE (al Conte)
Mio signore, il suo nome?

CONTE
Il mio nome è quel d'un uom d'onor.
Lo sposo io sono di questa...

BARTOLO
Eh, andate al diavolo! Rosina
esser deve mia sposa: non è vero?

ROSINA
Io sua sposa? Oh, nemmeno per pensiero.

BARTOLO
Come? Come, fraschetta?
(additando il Conte)
Arrestate, vi dico è un ladro.

FIGARO
Or or l'accoppo.

BARTOLO
È un furfante, è un briccon.

UFFIZIALE (al Conte)
Signore...

CONTE
Indietro!

UFFIZIALE (con impazienza)
Il nome?

CONTE
Indietro, dico, indietro!

UFFIZIALE
Ehi, mio signor! Basso quel tono.
Chi è lei?

CONTE
Il Conte d'Almaviva io sono.

BARTOLO
Il Conte! Ah, che mai sento!
Ma cospetto!

CONTE
T'accheta, invan t'adopri,
resisti invan. De' tuoi rigori insani
giunse l'ultimo istante. In faccia al mondo
io dichiaro altamente
costei mia sposa.
(a Rosina)
Il nostro nodo, o cara,
opra è d'amore. Amore,
che ti fe' mia consorte
a te mi stringerà fino alla morte.
Respira omai: del fido sposo in braccio,
vieni, vieni a goder sorte più lieta.

BARTOLO
Ma io...

CONTE
Taci.

BASILIO
Ma voi...

CONTE
Olà, t'accheta.

Clicca qui per il testo di "Cessa di più resistere - Il più lieto, il più felice".

CONTE
Cessa di più resistere,
non cimentar mio sdegno.
Spezzato è il gioco indegno
di tanta crudeltà.
Della beltà dolente,
d'un innocente amore
l'avaro tuo furore
più non trionferà.
E tu, infelice vittima
d'un reo poter tiranno,
sottratta al giogo barbaro,
cangia in piacer l'affanno
e in sen d'un fido sposo
gioisci in libertà.
Cari amici...

CORO
Non temete.

CONTE
Questo nodo...

CORO
Non si scioglie,
sempre a lei vi stringerà.

CONTE
Ah, il più lieto, il più felice
è il mio cor de' cori amanti;
non fuggite, o lieti istanti
della mia felicità.

CORO
Annodar due cori amanti
è piacer che egual non ha.




Juan Diego Flórez (Conte)
dir: Gianluigi Gelmetti (2005)


Rockwell Blake

Michael Spyres