28 agosto 2011

La traviata (20) - "Largo al quadrupede"

Scritto da Christian

Mentre nella sua stanza Violetta si strugge di dolore, dall'esterno giungono i canti gioiosi dei parigini che festeggiano il Carnevale, con un baccanale dedicato al corteo popolare del "bue grasso" che contrasta in maniera fin troppo netta con l'indigenza in cui versa la ragazza. La quale, poco prima, aveva infatti commentato "Ah, nel comun tripudio, sallo Iddio quanti infelici soffron!", pensando più a sé stessa che a quei poveri ai quali fa portare in dono – tramite Annina – la metà dei pochi denari che le sono rimasti.

Il romanzo originale di Dumas, "La signora delle Camelie", collocava la morte della protagonista nell'ultimo giorno dell'anno: lo spostamento deciso da Verdi e dal librettista Piave (da ricordare che la prima rappresentazione de "La traviata" al teatro La Fenice di Venezia fu programmata proprio a Carnevale, il 6 marzo 1853) contribuisce ad amplificare il contrasto fra l'infelicità della protagonista e la felicità superficiale, gaudente e un po' ipocrita del mondo esterno, in maniera non dissimile da quanto si era già visto negli atti precedenti attraverso la messa in scena delle feste mondane, dei brindisi, del gioco, delle danze delle zingarelle e dei toreri.

Due parole sul corteo del "bue grasso" (che era già stato citato nel secondo atto dell'opera: "Di Madride noi siam mattadori / Siamo i prodi del circo de' tori / Testé giunti a godere del chiasso / che a Parigi si fa pel bue grasso", cantavano Gastone e i toreador). Si trattava di un'usanza in voga nella capitale francese nei giorni di Carnevale (fu istituita ufficialmente e regolamentata a partire dal 1805, anche se le sue origini affondano in tempi ben più antichi e sarebbero da ricondurre addirittura a riti pagani), una vera e propria moda negli anni ’40 e ’50 dell'Ottocento, la cui citazione nell'opera di Verdi non fa che confermare come il compositore e il librettista Piave intendessero collocare la vicenda del loro dramma in epoca contemporanea, in barba agli allestimenti che già allora ne retrodatavano l'ambientazione di un secolo. A questo proposito, citerei alcuni interessanti passaggi dal libro "Il valzer delle camelie: echi di Parigi nella Traviata" di Emilio Sala:

La centralità del contesto parigino nella Traviata verdiana emerge anche nel già citato Baccanale del "bue grasso" la cui sonorizzazione, insolitamente dettagliata, rinvia a un luogo arcicaratteristico del carnevale della capitale francese di quegli anni. [...] Solo inforcando gli occhiali deformanti del "Verdi-contadino" o della "volgarità-di-Verdi" si può affermare che il Baccanale "non può essere il carnevale di Parigi ma piuttosto un carnevale paesano, con la banda [e può darsi che qualcosa di simile il Verdi abbia udito a Busseto o alle Roncole]" (Alfredo Bonaccorsi, 1951).

Una prova
e contrario (se ce ne fosse bisogno) della pariginità del "bue grasso" è un articolo pubblicato nella "Gazzetta musicale di Milano" il 28 dicembre 1859 che – intitolato appunto Il baccanale del Bue grasso a Milano – esalta la festa così come si svolge nella capitale francese e si augura "che, per il prossimo futuro carnevale, si debba anche a Milano celebrare la baldoria del Bue grasso". Una festa che dovette apparire a Verdi non propriamente entusiasmante, a giudicare dal modo in cui la fa intervenire nell'ultimo atto della Traviata; secondo Berlioz, quello del "bue grasso" è uno di quegli spettacoli "che fanno dell'uomo soi-disant civilisé il più vile e il più atroce degli animali malvagi". Nel carnevale 1852, i parigini provarono un certo stupore (e forse Verdi con loro) nel vedere il carro del "bue grasso" tappezzato di manifesti pubblicitari. Nonostante l'ascendente antico, all'inizio del Secondo Impero il corteo del "bue grasso" appare più sotto il segno della Modernità che della Tradizione. Così, è nel giusto il parigino Camille Bellaigue, quando sottolinea (nel 1911) la "ricerca dell'attualità" nell'opera di Verdi, scagliandosi "contro le rappresentazioni Luigi XIII o Luigi XV della contemporaneissima Traviata. Qui [nel Baccanale] è la strada dell'epoca nostra, del nostro Parigi quasi di ieri; nel fango, nella neve di febbraio o di marzo, ecco il carnevale che la nostra infanzia ha conosciuto, e nulla è più sinistro che udirlo scorrere, grossolano, ignobile, da dietro le imposte chiuse e grigie della camera di morte". Altro che "contadino delle Roncole"; altro che naïf.

Clicca qui per il testo del brano.

CORO DI MASCHERE
Largo al quadrupede
sir della festa,
di fiori e pampini
cinto la testa.
Largo al più docile
d'ogni cornuto,
di corni e pifferi
abbia il saluto.
Parigini, date passo
al trionfo del Bue grasso!
L'Asia, né l'Africa
vide il più bello,
vanto ed orgoglio
d'ogni macello.
Allegre maschere,
pazzi garzoni,
tutti plauditelo
con canti e suoni.
Parigini, date passo
al trionfo del Bue grasso!