 Salomè ha ottenuto la prima vittoria. Il giovane capitano Narraboth non ha saputo resistere alla promessa di una futura e possibile attenzione della principessa (“Ti guarderò e forse ti sorriderò”), tanto è posseduto dalla fascinazione, e contravvenendo agli ordini del tetrarca stesso – e quindi con un grave atto di insubordinazione e abuso di potere – dà ordine alle guardie di condurre il prigioniero fuori della cisterna. Vediamo in atto come si possa usare il proprio fascino, con freddezza e determinazione, per raggiungere i propri scopi, utilizzando il potere di chi subisce la seduzione. Non assistiamo continuamente ad abusi di potere per compiacere mogli, amanti, figli? Qui è solo tutto molto più “poetico” e “arcano”...
Salomè ha ottenuto la prima vittoria. Il giovane capitano Narraboth non ha saputo resistere alla promessa di una futura e possibile attenzione della principessa (“Ti guarderò e forse ti sorriderò”), tanto è posseduto dalla fascinazione, e contravvenendo agli ordini del tetrarca stesso – e quindi con un grave atto di insubordinazione e abuso di potere – dà ordine alle guardie di condurre il prigioniero fuori della cisterna. Vediamo in atto come si possa usare il proprio fascino, con freddezza e determinazione, per raggiungere i propri scopi, utilizzando il potere di chi subisce la seduzione. Non assistiamo continuamente ad abusi di potere per compiacere mogli, amanti, figli? Qui è solo tutto molto più “poetico” e “arcano”...
Ed arriviamo al confronto diretto, alla lunga scena dell'incontro drammaticissimo tra la principessa e il profeta. Ma il dramma e lo sconvolgimento sono del tutto unilaterali, perché Jochanaan rimane “ieratico” e impassibile per tutta la scena, emotivamente lontano e irraggiungibile, mentre Salomè appare sconvolta e incontrollata. La vediamo impallidire (non l'aveva già vista incredibilmente “pallida come la bianca luna” il giovane capitano?) ed arretrare, come fulminata davanti all'emergere di Jochanaan dalla buia cisterna, apparizione che sembra già una “resurrezione”.
Egli sale dalla sua prigione sotterranea già inveendo prima contro Erode e poi contro Erodiade, accusandola di ogni lussuria e nefandezza (“Dov'è colei che si offriva ai principi d'Assiria? Dov'è colei che s'è data ai giovani d'Egitto, superbi delle vesti di lino e delle gemme iacintine, con scudi d'oro e corpi di giganti? Andate, e dite a lei di sorgere dal suo letto di obbrobri, dal letto dell'incesto...”).
Salomè sa benissimo che sta parlando della madre (anche se i servi si affannano a dichiarare che non è vero, che non si può sapere di chi parli, visto che farnetica di cose oscure), ma questo non importa. Quello che conta e che colpisce la principessa è il tono della voce (“Parla ancora, Jochanaan, nelle mie orecchie la tua voce è musica”), non il contenuto, oltre all'aspetto dell'uomo uscito dal buio, la sua fisicità così lontana da lei e da tutto quello che le appartiene. In fondo Salomè al potere violento di Erode (che ha ucciso suo padre e sposato la madre) e alla lussuria di Erodiade è abituata da sempre e non se ne è mai meravigliata, essendo cose considerate persino “ovvie” nelle corti corrotte d'oriente e anche nell'impero romano. A una situazione del genere reagirà molto diversamente Amleto, ma la tormentata coscienza del principe danese è moderna, forgiata da un'abitudine alla riflessione e al pensiero del tutto estranea alla principessa orientale.
Dall'alto della inaccessibile ascesi, Jochanaan lancia anatemi con occhi spiritati che guardano lontano, senza fermarsi su nessuno. E Salomè, abituata a sentirsi guardata sempre con desiderio dagli uomini (Narraboth ed Erode), ne è profondamente turbata (“Di tutto più terribili gli occhi. Sono caverne nere dove hanno nido i draghi! Sono nere lagune da cui guizzano raggi erranti di luna”). Ecco la luna che si riflette negli occhi oscuri e minacciosi!
 Dagli occhi si passa a tutta la figura dell'ascetico profeta (“Com'è consunto! È come una statua d'avorio. Certo è casto come la luna. La sua carne deve esser fredda, fredda come l'avorio”). Ancora la luna! Lei stessa era stata appena paragonata alla luna, pallida e lontana, e ora la similitudine cade sull'uomo. Come non vedere in questo una segreta affinità, una corrispondenza tra apparenti opposti, che però viene negata e, invece di unire, separa ancora di più fino all'annullamento?
Il pensiero corre ad un'altra figura femminile, folgorata da un altro profeta, anzi dal Messia stesso: Maria Maddalena. Ma l'esito dell'innamoramento di Maddalena è del tutto diverso perché lei, che è una donna esperta e ha conosciuto l'amore carnale a sazietà e quindi anche i suoi limiti, riesce ad andare oltre il corpo e raggiungere quella zona dell'anima che entra in risonanza con l'amato, senza volerne possedere il corpo. Ed è proprio perché lei “ha molto amato” e può passare oltre, che viene accolta nella cerchia degli apostoli e diviene la confidente più intima. Per Salomè invece, appena adolescente e da sempre immersa e intrappolata nell'equivoca e promiscua atmosfera libidinosa della corte, questo è impossibile: come una bambina davanti a un nuovo giocattolo, vuole subito possederlo. E quindi subito si passa ad esplicitare il desiderio, un'attrazione irresistibile davanti a qualcosa che parla d'altro, ma di cui si vede solo l'involucro esterno, il corpo. Ma ogni forma di conoscenza non inizia sempre dalla “percezione” dei sensi? “Non c'è niente nell'intelletto che prima non passi dai sensi”, dicono i filosofi. E anche l'amore, per raggiungere l'anima, deve passare dagli occhi... Ricordiamo che Gesù non ha disprezzato Maddalena, come vediamo fare a Giovanni nei confronti di Salomè, anzi ha permesso a lei di toccare più volte il proprio corpo e spargere di profumo i propri piedi, di farseli asciugare con i capelli...
Dagli occhi si passa a tutta la figura dell'ascetico profeta (“Com'è consunto! È come una statua d'avorio. Certo è casto come la luna. La sua carne deve esser fredda, fredda come l'avorio”). Ancora la luna! Lei stessa era stata appena paragonata alla luna, pallida e lontana, e ora la similitudine cade sull'uomo. Come non vedere in questo una segreta affinità, una corrispondenza tra apparenti opposti, che però viene negata e, invece di unire, separa ancora di più fino all'annullamento?
Il pensiero corre ad un'altra figura femminile, folgorata da un altro profeta, anzi dal Messia stesso: Maria Maddalena. Ma l'esito dell'innamoramento di Maddalena è del tutto diverso perché lei, che è una donna esperta e ha conosciuto l'amore carnale a sazietà e quindi anche i suoi limiti, riesce ad andare oltre il corpo e raggiungere quella zona dell'anima che entra in risonanza con l'amato, senza volerne possedere il corpo. Ed è proprio perché lei “ha molto amato” e può passare oltre, che viene accolta nella cerchia degli apostoli e diviene la confidente più intima. Per Salomè invece, appena adolescente e da sempre immersa e intrappolata nell'equivoca e promiscua atmosfera libidinosa della corte, questo è impossibile: come una bambina davanti a un nuovo giocattolo, vuole subito possederlo. E quindi subito si passa ad esplicitare il desiderio, un'attrazione irresistibile davanti a qualcosa che parla d'altro, ma di cui si vede solo l'involucro esterno, il corpo. Ma ogni forma di conoscenza non inizia sempre dalla “percezione” dei sensi? “Non c'è niente nell'intelletto che prima non passi dai sensi”, dicono i filosofi. E anche l'amore, per raggiungere l'anima, deve passare dagli occhi... Ricordiamo che Gesù non ha disprezzato Maddalena, come vediamo fare a Giovanni nei confronti di Salomè, anzi ha permesso a lei di toccare più volte il proprio corpo e spargere di profumo i propri piedi, di farseli asciugare con i capelli...
“Jochanaan! Io sono innamorata del tuo corpo, Jochanaan! Hai il corpo bianco come i gigli di un prato, mai toccato dalla falce. Hai il corpo bianco come la neve sui monti di Giudea. Le rose nel giardino della regina d'Arabia non sono bianche come il tuo corpo, non le rose nel giardino della regina né i passi dell'alba sulle foglie né i seni della luna sul mare, nulla nel mondo è bianco come hai il corpo. Il tuo corpo, lascia che lo tocchi!“. 
I gigli, la neve, le rose bianche... Tutte immagini di purezza e di qualcosa di intatto, non contaminato e non colto. Salomè sta forse parlando della nostalgia per la sua parte già perduta in partenza, quell'innocenza e purezza da sempre contaminate e di cui conserva solo una dolorosa impronta, una reminiscenza corporea che la figura dell'uomo casto davanti a lei risveglia prepotentemente?
 All'orgoglioso rifiuto del profeta, che la respinge senza nemmeno guardarla (“Indietro, figlia di Babilonia! Con la donna venne il male nel mondo. Non parlarmi, lo non t'ascolto! Solo ascolto la voce del Signore, mio Dio”), lei oppone il rovesciamento delle immagini precedenti, una completa svalutazione di quello che un momento prima ha idealizzato (“Il tuo corpo è orrendo. È il corpo di un lebbroso, è uno scialbo muro, dove strisciano vipere; uno scialbo muro dove s'annidano scorpioni. È un sepolcro imbiancato ricolmo di lordure. È orribile, il tuo corpo è orribile”).
Stiamo assistendo a un meccanismo di difesa tra i più infantili e primitivi: la negazione e il disprezzo, l'odio per quello che come oggetto d'amore ci si rifiuta. Non è vero che è bello, anzi è orribile, la fata che non ci accontenta diventa la strega cattiva. Sentiamo spesso i bambini piccoli, magari durante un gioco, passare dall'idealizzazione all'odio, quando sono contrariati (da “Sei la mamma più bella del mondo” al “Va via, sei brutta e cattiva!”): è l'antica ed eterna favola della “Volpe e l'uva”!
All'orgoglioso rifiuto del profeta, che la respinge senza nemmeno guardarla (“Indietro, figlia di Babilonia! Con la donna venne il male nel mondo. Non parlarmi, lo non t'ascolto! Solo ascolto la voce del Signore, mio Dio”), lei oppone il rovesciamento delle immagini precedenti, una completa svalutazione di quello che un momento prima ha idealizzato (“Il tuo corpo è orrendo. È il corpo di un lebbroso, è uno scialbo muro, dove strisciano vipere; uno scialbo muro dove s'annidano scorpioni. È un sepolcro imbiancato ricolmo di lordure. È orribile, il tuo corpo è orribile”).
Stiamo assistendo a un meccanismo di difesa tra i più infantili e primitivi: la negazione e il disprezzo, l'odio per quello che come oggetto d'amore ci si rifiuta. Non è vero che è bello, anzi è orribile, la fata che non ci accontenta diventa la strega cattiva. Sentiamo spesso i bambini piccoli, magari durante un gioco, passare dall'idealizzazione all'odio, quando sono contrariati (da “Sei la mamma più bella del mondo” al “Va via, sei brutta e cattiva!”): è l'antica ed eterna favola della “Volpe e l'uva”!
Questo meccanismo di capovolgimento immediato si ripete per due volte, dal corpo che non si lascia toccare, ai capelli, che da profumati cedri del libano diventano grovigli di serpenti, ma significativamente non avviene per la bocca, rossa come le rose dei giardini di Tiro, che Salomè vorrebbe baciare e che rimane il desiderio sospeso...
L'incapacità di accettare la frustrazione qui è massima e non lascia alcuna possibilità di trasformazione, ma prepara la strada ad una soluzione perversa.
Chi non regge a tale escalation è Narraboth, che di fronte all'ossessiva richiesta della principessa di baciare la bocca di Jochanaan si suicida davanti a lei, che però nemmeno se ne accorge, tutta ormai persa nel suo folle desiderio.
Vedere colei che egli idealizza e adora (“Principessa, principessa, tu, giardino di mirra, tu, colomba delle colombe, non guardare quest'uomo. Non parlargli così. Non posso sopportarlo...”) completamente in preda di un delirio erotico così inadeguato è veramente troppo! Ad una scena simile può sottrarsi solo con la morte.
Il suicidio del giovane siriano anticipa la catastrofe e il suo sangue, su cui scivola Erode quando entra, segna il capovolgimento in tragedia dell'amore basato sull'idealizzazione e sull'incapacità di reggere alla frustrazione.
Clicca qui per il testo.
JOCHANAAN
(stark)
Wo ist er, dessen Sündenbecher jetzt voll ist? Wo ist er, der eines Tages im Angesicht alles Volkes in einem Silbermantel sterben wird? Heißt ihn herkommen, auf daß er die Stimme Dessen höre, der in den Wüsten und in den Häusern der Könige gekündet hat.
SALOME
Von wem spricht er?
NARRABOTH
Niemand kann es sagen, Prinzessin.
JOCHANAAN
Wo ist sie, die sich hingab der Lust ihrer Augen, die gestanden hat vor buntgemalten Männerbildern und Gesandte ins Land der Chaldäer schickte?
SALOME
(tonlos)
Er spricht von meiner Mutter.
NARRABOTH
(heftig)
Nein, nein Prinzessin.
SALOME 
(matt)
Ja, er spricht von meiner Mutter.
JOCHANAAN
Wo ist sie, die den Hauptleuten Assyriens sich gab? Wo ist sie, die sich den jungen Männern der Ägypter gegeben hat, die in feinen Leinen und Hyazinthgesteinen prangen, deren Schilde von Gold sind und die Leiber wie von Riesen? Geht, heißt sie aufstehn von dem Bett ihrer Greuel, vom Bett ihrer Blutschande; auf daß sie die Worte Dessen vernehme, der dem Herrn die Wege bereitet, und ihre Missetaten bereue. Und wenn sie gleich nicht bereut, heißt sie herkommen, denn die Geißel des Herrn ist in Seiner Hand.
SALOME
Er ist schrecklich. Er ist wirklich schrecklich.
NARRABOTH
Bleibt nicht hier, Prinzessin, ich bitte Euch!
SALOME
Seine Augen sind von allem das Schrecklichste. Sie sind wie die schwarzen Höhlen, wo die Drachen hausen! Sie sind wie schwarze Seen, aus denen irres Mondlicht flackert. Glaubt ihr, daß er noch einmal sprechen wird?
NARRABOTH
(immer aufgeregter)
Bleibt nicht hier, Prinzessin. Ich bitte Euch, bleibt nicht hier.
SALOME
Wie abgezehrt er ist! Er ist wie ein Bildnis aus Elfenbein. Gewiß ist er keusch wie der Mond. Sein Fleisch muß sehr kühl sein, kühl wie Elfen-bein. Ich möchte ihn näher besehn.
NARRABOTH
Nein, nein, Prinzessin.
SALOME
Ich muß ihn näher besehn.
NARRABOTH
Prinzessin! Prinzessin...
JOCHANAAN
Wer ist dies Weib, das mich ansieht? Ich will ihre Augen nicht auf mir haben. Warum sieht sie mich so an mit ihren Goldaugen unter den gleißenden Lidern? Ich weiß nicht, wer sie ist. Ich will nicht wissen, wer sie ist. Heißt sie gehn! Zu ihr will ich nicht sprechen.
SALOME
Ich bin Salome, die Tochter der Herodias. Prinzessin von Judäa.
JOCHANAAN
Zurück, Tochter Babylons! Komm dem Erwählten des Herrn nicht nahe! Deine Mutter hat die Erde erfüllt mit dem Wein ihrer Lüste, und das Unmaß ihrer Sünden schreit zu Gott.
SALOME
Sprich mehr, Jochanaan, deine Stimme ist wie Musik in meinen Ohren.
NARRABOTH
Prinzessin! Prinzessin! Prinzessin!
SALOME
Sprich mehr! Sprich mehr, Jochanaan, und sag mir, was ich tun soll?
JOCHANAAN
Tochter Sodoms, komm mir nicht nahe! Vielmehr bedecke dein Gesicht mit einem Schleier, streue Asche auf deinen Kopf, mach dich auf in die Wüste und suche des Menschen Sohn.
SALOME
Wer ist das, des Menschen Sohn? Ist er so schön wie du, Jochanaan?
JOCHANAAN
Weiche von mir! Ich höre die Flügel des Todesengels im Palaste rauschen...
SALOME
Jochanaan!
NARRABOTH
Prinzessin, ich flehe, geh hinein!
SALOME
Jochanaan! Ich bin verliebt in deinen Leib, Jochanaan! Dein Leib ist weiß wie die Lilien auf einem Felde, von der Sichel nie berührt. Dein Leib ist weiß wie der Schnee auf den Bergen Judäas. Die Rosen im Garten von Arabiens Königin sind nicht so weiß wie dein Leib, nicht die Rosen im Garten der Königin, nicht die Füße der Dämmerung auf den Blättern, nicht die Brüste des Mondes auf dem Meere, nichts in der Welt ist so weiß wie dein Leib. Laß mich ihn berühren, deinen Leib!
JOCHANAAN
Zurück, Tochter Babylons! Durch das Weib kam das Übel in die Welt. Sprich nicht zu mir. Ich will dich nicht anhör'n! Ich höre nur auf die Stimme des Herrn, meines Gottes.
SALOME
Dein Leib ist grauenvoll. Er ist wie der Leib eines Aussätzigen. Er ist wie eine getünchte Wand, wo Nattern gekrochen sind; wie eine getünchte Wand, wo die Skorpione ihr Nest gebaut. Er ist wie ein übertünchtes Grab voll widerlicher Dinge. Er ist gräßlich, dein Leib ist gräßlich. In dein Haar bin ich verliebt, Jochanaan. Dein Haar ist wie Weintrauben, wie Büschel schwarzer Trauben, an den Weinstöcken Edoms. Dein Haar ist wie die Cedern, die großen Cedern vom Libanon, die den Löwen und Räubern Schatten spenden. Die langen schwarzen Nächte, wenn der Mond sich verbirgt, wenn die Sterne bangen, sind nicht so schwarz wie dein Haar. Des Waldes Schweigen... Nichts in der Welt ist so schwarz wie dein Haar. Laß mich es berühren, dein Haar!
JOCHANAAN
Zurück, Tochter Sodoms! Berühre mich nicht! Entweihe nicht den Tem¬pel des Herrn, meines Gottes!
SALOME
Dein Haar ist gräßlich! Es starrt von Staub und Unrat. Es ist wie eine Dornenkrone auf deinen Kopf gesetzt. Es ist wie ein Schlangenknoten gewickelt um deinen Hals. Ich liebe dein Haar nicht.
(Mit höchster Leidenschaft)
Deinen Mund begehre ich, Jochanaan. Dein Mund ist wie ein Scharlachband an einem Turm von Elfenbein. Er ist wie ein Granatapfel, von einem Silbermesser zerteilt. Die Granatapfelblüten in den Gärten von Tyrus, glüh'nder als Rosen, sind nicht so rot. Die roten Fanfaren der Trompeten, die das Nah'n von Kön'gen künden und vor denen der Feind erzittert, sind nicht so rot wie dein roter Mund. Dein Mund ist röter als die Füße der Männer, die den Wein stampfen in der Kelter. Er ist röter als die Füße der Tauben, die in den Tempeln wohnen. Dein Mund ist wie ein Korallenzweig in der Dämm'rung des Meer's, wie der Purpur in den Gruben von Moab, der Purpur der Könige.
(Außer sich) Nichts in der Welt ist so rot wie dein Mund. Laß mich ihn küssen, deinen Mund.
JOCHANAAN
(leise, in tonlosem Schauder)
Niemals, Tochter Babylons, Tochter Sodoms... Niemals!
SALOME
Ich will deinen Mund küssen, Jochanaan. Ich will deinen Mund küssen...
NARRABOTH
(in höchster Angst und Verzweiflung)
Prinzessin, Prinzessin, die wie ein Garten von Myrrhen ist, die die Taube aller Tauben ist, sieh diesen Mann nicht an. Sprich nicht solche Worte zu ihm. Ich kann es nicht ertragen...
SALOME
Ich will deinen Mund küssen, Jochanaan. Ich will deinen Mund küssen.
(Narraboth ersticht sich und fällt tot zwischen Salome Jochanaan)
Laß mich deinen Mund küssen, Jochanaan!
JOCHANAAN
Wird dir nicht bange, Tochter der Herodias?
SALOME
Laß mich deinen Mund küssen, Jochanaan!
JOCHANAAN
Tochter der Unzucht, es lebt nur Einer, der dich retten kann. Geh', such' ihn. Such' ihn.
(Mit größter Wärme)
Er ist in einem Nachen auf dem See von Galiläa und redet zu seinen Jüngern.
(sehr feierlich)
Knie nieder am Ufer des Sees, ruf ihn an und rufe ihn beim Namen. Wenn er zu dir kommt, und er kommt zu allen, die ihn rufen, dannbücke dich zu seinen Füßen, daß er dir deine Sünden vergebe.
SALOME
(wie verzweifelt)
Laß mich deinen Mund küssen, Jochanaan!
JOCHANAAN
Sei verflucht, Tochter der blutschänderischen Mutter. Sei verflucht!
SALOME
Laß mich deinen Mund küssen, Jochanaan.
JOCHANAAN
Ich will dich nicht ansehn. Du bist verflucht, Salome. Du bist verflucht.
(Er geht wieder in die Cisterne hinab.)
JOCHANAAN
(con forza)
Dov'è colui che ha ormai colmato la sua coppa d'infamia? Dov'è colui che davanti al popolo deve morire un giorno nella veste d'argento? Che qui venga e ascolti la voce di Colui che ha gridato nelle case dei re e nei deserti.
SALOME
Di chi parla?
NARRABOTH
Nessuno può dirlo, principessa.
JOCHANAAN
Dov'è colei che s'è abbandonata alla febbre degli occhi, che immobile ha fissato variopinte figure di uomini e ha spedito messaggeri in terra dei Caldei?
SALOME
(a bassa voce)
Parla di mia madre.
NARRABOTH
(con foga)
No, principessa, no.
SALOME 
(languidamente)
Sì, parla dì mia madre.
JOCHANAAN
Dov'è colei che si offriva ai principi d'Assiria? Dov'è colei che s'è data ai giovani d'Egitto, superbi delle vesti di lino e delle gemme iacintine, con scudi d'oro e corpi di giganti? Andate, e dite a lei di sorgere dal suo letto di obbrobri, dal letto dell'incesto; che oda le parole di Colui che prepara la strada del Signore, e delle colpe si penta. E quand'anche non sappia pentirsi, dite a lei che qui venga, perché il Signore già scuote la sferza.
SALOME
È un uomo terribile, davvero terribile.
NARRABOTH
Andate via, principessa. Vi supplico!
SALOME
Di tutto più terribili gli occhi. Sono caverne nere dove hanno nido i draghi! Sono nere lagune da cui guizzano raggi erranti di luna. Pensate ch'egli parlerà ancora?
NARRABOTH
(sempre più inquieto)
Andate via, principessa. Vi supplico, andate via.
SALOME
Com'è consunto! È come una statua d'avorio. Certo è casto come la luna. La sua carne deve esser fredda, fredda come l'avorio. Voglio osservarlo più dappresso.
NARRABOTH
No, principessa, no.
SALOME
Devo osservarlo più dappresso.
NARRABOTH
Principessa, principessa...
JOCHANAAN
Chi è questa donna che mi fissa? Su di me io non voglio quegli occhi. Perché mi fissa così con le pupille d'oro sotto fulgenti palpebre? Non so chi ella sia e non voglio saperlo. Vada via! A lei io non voglio parlare.
SALOME
Sono Salome, figlia d'Erodiade, principessa di Giudea.
JOCHANAAN
Indietro, figlia di Babilonia! Non t'accostare all'Eletto del Signore! Tua madre ha saziato la terra col vino dei suoi vizi, e l'eccesso delle colpe grida vendetta a Dio.
SALOME
Parla ancora, Jochanaan, nelle mie orecchie la tua voce è musica.
NARRABOTH
Principessa! Principessa! Principessa!
SALOME
Parla ancora! Parla, Jochanaan, e dimmi, che devo fare?
JOCHANAAN
Figlia di Sodoma, non venirmi vicino! Copriti, invece, il viso con un velo, sul capo spargi cenere, prendi la via del deserto e cerca il Figlio dell'Uomo.
SALOME
Chi è costui, il Figlio dell'Uomo? È bello anche lui come te, Jochanaan?
JOCHANAAN
Scostati da me! qui nella reggia sento stridere l'ala dell'angelo di morte...
SALOME
Jochanaan!
NARRABOTH
Principessa, t'imploro, torna dentro!
SALOME
Jochanaan! lo sono innamorata del tuo corpo, Jochanaan! Hai il corpo bianco come i gigli di un prato, mai toccato dalla falce. Hai il corpo bianco come la neve sui monti di Giudea. Le rose nel giardino della regina d'Arabia non sono bianche come il tuo corpo, non le rose nel giardino della regina né i passi dell'alba sulle foglie né i seni della luna sul mare, nulla nel mondo è bianco come hai il corpo. Il tuo corpo, lascia che lo tocchi!
JOCHANAAN
Indietro, figlia di Babilonia! Con la donna venne il male nel mondo. Non parlarmi, lo non t'ascolto! Solo ascolto la voce del Signore, mio Dio.
SALOME
Il tuo corpo è orrendo. È il corpo di un lebbroso, è uno scialbo muro, dove strisciano vipere; uno scialbo muro dove s'annidano scorpioni. È un sepolcro imbiancato ricolmo di lordure. È orribile, il tuo corpo è orribile.
Dei tuoi capelli sono innamorata, Jochanaan. Hai i capelli come grappoli d'uva, ciocche di nera uva, nelle vigne di Edom. Hai i capelli come i cedri, i grandi cedri del Libano, che ai leoni donano ombra e ai banditi. Le lunghe notti nere, quando si nasconde la luna e gli astri tremano, non sono nere come i tuoi capelli. Il silenzio del bosco... Nulla nel mondo è nero come i tuoi capelli. I tuoi capelli, lascia che li tocchi!
JOCHANAAN
Indietro, figlia di Sodoma! Non mi toccare! Non profanare il tempio del Signore, mio Dio!
SALOME
I tuoi capelli sono orrendi! Sono imbrattati di polvere e sterco, sono una corona di spine posta sulla tua testa. Sono un nodo di serpi che s'avvinghiano al collo. Non amo i tuoi capelli.
(con la massima passione)
La tua bocca desidero, Jochanaan. La tua bocca è un nastro scarlatto sopra una torre eburnea. È una melagrana incisa da una lama d'argento. I fiori del granato nei giardini di Tiro, più ardenti delle rose, non sono tanto rossi. Le rosse fanfare di trombe che salutano i re e scorano i nemici, non sono tanto rosse quanto la rossa tua bocca. La tua bocca è più rossa dei piedi degli uomini che pigiano il vino nei frantoi. È più rossa dei piedi dei colombi che hanno nido nei templi. La tua bocca è un ramo di corallo nel tramonto del mare, è il cinabro nelle cave di Moab, il cinabro dei re.
(fuori di sé)
Nulla nel mondo è rosso come la tua bocca. La tua bocca, lascia che la baci!
JOCHANAAN
(piano, con ammutolito ribrezzo)
Mai, figlia di Babilonia, figlia di Sodoma...
Mai!
SALOME
Voglio baciarti la bocca, Jochanaan. Voglio baciarti la bocca...
NARRABOTH
(con estrema angoscia e disperazione)
Principessa, principessa, tu, giardino di mirra, tu, colomba delle colombe, non guardare quest'uomo. Non parlargli così. Non posso sopportarlo...
SALOME
Voglio baciarti la bocca, Jochanaan. Voglio baciarti la bocca.
(Narraboth si trafigge e cade morto tra Salome e Jochanaan)
Lascia ch'io baci la tua bocca, Jochanaan!
JOCHANAAN
Non hai paura, figlia di Erodiade?
SALOME
Lascia ch'io baci la tua bocca, Jochanaan!
JOCHANAAN
Figlia della lussuria, c'è solo Uno che ti può salvare. Va', va' a cercarlo.
(con grande fervore)
È in una barca sul lago di Galilea e parla ai suoi devoti.
(molto solenne)
Tu, piega il ginocchio sulla riva dell'acqua, chiamalo e dinne il nome. E quando a te s'accosta, perché s'accosta a chiunque lo chiami, allora prostrati ai piedi suoi, che egli ti rimetta i peccati.
SALOME
(come una disperata)
Lascia ch'io baci la tua bocca, Jochanaan!
JOCHANAAN
Sii maledetta, figlia dell'incestuosa madre, sii maledetta!
SALOME
Lascia ch'io baci la tua bocca, Jochanaan.
JOCHANAAN
Non voglio più guardarti. Tu sei maledetta, Salome. Sei maledetta.
(Jochanaan ridiscende nella cisterna)
Teresa Stratas (Salomè), Bernd Weikl (Jochanaan), Wieslaw Ochman (Narraboth)
dir: Karl Böhm (1974)
Catherine Malfitano (Salomè), Simon Estes (Jochanaan), Clemens Bieber (Narraboth)
dir: Giuseppe Sinopoli (1990)
Catherine Naglestad (Salomè), Tomasz Konieczny (Jochanaan), Norbert Ernst (Narraboth)
dir: Simone Young (2015)
dir: Hermann Weigert (1953)

 
 Il dramma, di cui abbiamo visto i presupposti, comincia ora inesorabilmente a prendere forma e a svilupparsi, come da un seme non può che crescere quella pianta che in potenzialità già conteneva.
Salomè esce tutta agitata dalla sala del banchetto, intollerante sia dello sguardo troppo fisso su di lei del tetrarca, sia delle continue polemiche degli ebrei (“che l'un l'altro si sbranano per quei culti sciocchi”), sia degli astuti egizi e dei romani (“zotici, brutali, di parola sguaiata...”).
Trova rifugio solo nella luna: ”È piacevole guardare la luna. La luna è un fiore d'argento, freddo e casto. Sì, è come la bellezza di una fanciulla che sia restata pura”. Ecco stabilita la corrispondenza tra la pura e intatta lontananza della luna e la casta freddezza della fanciulla ancora non toccata dalla passione (“...che sia restata pura”). Ma questa casta verginità durerà ben poco. Assediata dallo sguardo pieno di desiderio del giovane capitano e da quello carico di libidine incestuosa del tetrarca, la sognante fanciulla troverà presto un oggetto in grado di risvegliare potentemente la sua libido: un oggetto che sia l'opposto dei suoi troppo vicini e umani spasimanti, un oggetto freddo e lontano come la luna...
Il dramma, di cui abbiamo visto i presupposti, comincia ora inesorabilmente a prendere forma e a svilupparsi, come da un seme non può che crescere quella pianta che in potenzialità già conteneva.
Salomè esce tutta agitata dalla sala del banchetto, intollerante sia dello sguardo troppo fisso su di lei del tetrarca, sia delle continue polemiche degli ebrei (“che l'un l'altro si sbranano per quei culti sciocchi”), sia degli astuti egizi e dei romani (“zotici, brutali, di parola sguaiata...”).
Trova rifugio solo nella luna: ”È piacevole guardare la luna. La luna è un fiore d'argento, freddo e casto. Sì, è come la bellezza di una fanciulla che sia restata pura”. Ecco stabilita la corrispondenza tra la pura e intatta lontananza della luna e la casta freddezza della fanciulla ancora non toccata dalla passione (“...che sia restata pura”). Ma questa casta verginità durerà ben poco. Assediata dallo sguardo pieno di desiderio del giovane capitano e da quello carico di libidine incestuosa del tetrarca, la sognante fanciulla troverà presto un oggetto in grado di risvegliare potentemente la sua libido: un oggetto che sia l'opposto dei suoi troppo vicini e umani spasimanti, un oggetto freddo e lontano come la luna... Dopo aver ricevuto l'informazione che il profeta non è vecchio, anzi è giovanissimo (Giovanni Battista ha qualche mese più di Gesù, secondo le informazioni del Vangelo riguardo la visita di Maria a Santa Elisabetta incinta di Giovanni), Salomè vorrebbe vederlo subito, ma si scontra con il divieto posto dal tetrarca. Nessuno può vedere Jochanaan!
Come aggirare l'ostacolo e raggiungere quello che il desiderio messo in moto indica?
Ecco che si rivolge a colui che fino ad ora sembrava ignorare completamente, tanto da non rispondere nemmeno alle pressanti sollecitazioni di mettersi al riparo dall'umidità della notte rientrando nella sala, e lo fa con la sicurezza di chi sa di avere un potere irresistibile sull'altro.
Quindi, pur essendo così lontana e sembrando del tutto sorda e indifferente alla passione del giovane, Salomè se ne era accorta benissimo; e ora è arrivato il momento di sfruttarla per i suoi scopi, di acuirla per meglio strumentalizzarla: ”Per me lo farai, Narraboth. Tu sai che per me lo farai. E domani mattina ti getterò uno sguardo di tra i veli di mussola, Narraboth, si, ti guarderò e forse ti sorriderò. Guardami, Narraboth, guardami. Ah! Sai bene che farai ciò che ti chiedo! Quanto lo sai bene!”.
Dopo aver ricevuto l'informazione che il profeta non è vecchio, anzi è giovanissimo (Giovanni Battista ha qualche mese più di Gesù, secondo le informazioni del Vangelo riguardo la visita di Maria a Santa Elisabetta incinta di Giovanni), Salomè vorrebbe vederlo subito, ma si scontra con il divieto posto dal tetrarca. Nessuno può vedere Jochanaan!
Come aggirare l'ostacolo e raggiungere quello che il desiderio messo in moto indica?
Ecco che si rivolge a colui che fino ad ora sembrava ignorare completamente, tanto da non rispondere nemmeno alle pressanti sollecitazioni di mettersi al riparo dall'umidità della notte rientrando nella sala, e lo fa con la sicurezza di chi sa di avere un potere irresistibile sull'altro.
Quindi, pur essendo così lontana e sembrando del tutto sorda e indifferente alla passione del giovane, Salomè se ne era accorta benissimo; e ora è arrivato il momento di sfruttarla per i suoi scopi, di acuirla per meglio strumentalizzarla: ”Per me lo farai, Narraboth. Tu sai che per me lo farai. E domani mattina ti getterò uno sguardo di tra i veli di mussola, Narraboth, si, ti guarderò e forse ti sorriderò. Guardami, Narraboth, guardami. Ah! Sai bene che farai ciò che ti chiedo! Quanto lo sai bene!”. Quello che sembra un enigma e rende inquietante al massimo la figura di Salomè, così come viene fuori dalle fantasie degli artisti, è la compresenza della fanciulla, quasi una bambina, con la donna crudele, determinata e irremovibile. Ma è proprio questa compresenza la chiave di lettura, secondo la psicoanalisi! Le fantasie di “onnipotenza narcisistica” presenti in ogni bambino, a compensazione del suo reale stato di debolezza e dipendenza assoluta dalle cure e dall'amore degli altri (soprattutto, ovviamente, dalla madre, che è la prima fonte di vita), si scontrano e vengono ridimensionate dalle inevitabili frustrazioni che, se dosate con amorevolezza, rendono possibile uno sviluppo equilibrato e l'accesso ad uno stadio adulto in cui la stima di sé si coniuga con l'accettazione della realtà (il famoso passaggio dallo stadio del piacere a quello della realtà). Ma nel caso di un eccessivo investimento narcisistico da parte della madre o altre circostanze analoghe (bambini abituati ad essere sempre “idealizzati” e assecondati in qualsiasi desiderio, come nel caso di alcuni “principi e principesse”), specie se a questa situazione si accompagna un'eccessiva esposizione alla seduzione e alle sregolatezze della sessualità degli adulti che lo circondano, per il bambino è difficilissimo sfuggire ad un destino di perversione e di disturbo della personalità, perché rimarrà fissato alla fase di “onnipotenza” in cui continua a vivere come se tutto gli fosse possibile, non conoscendo alcun limite e distinzione tra bene e male. Il suo Super-Io (riassunto nel famoso detto kantiano “Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”) infatti non si è formato e rimarrà sempre il bambino che può ottenere tutto, specialmente se arriva a una posizione di reale potere (gli “imperatori folli” Caligola, Nerone, Eliogabalo...) o se potrà disporre del potere altrui, com'è il caso di Salomè che per giungere al proprio scopo fa leva sul giovane capitano e poi sul potere reale del tetrarca. La stessa cosa, un uso eccessivo e perverso del potere, può avvenire anche in chi nell'infanzia ha avuto eccessivi traumi dovuti a maltrattamenti, svalutazioni e umiliazioni, e cova quindi profondi bisogni di rivalsa e risarcimento che preparano, da adulti, azioni distruttive e sadiche sugli altri, su larga scala in chi arriva al potere (dittatori psicopatici come Hitler o Stalin...) o solo sfoghi sistematici sui propri figli o dipendenti per le persone di più comune destino.
Quello che sembra un enigma e rende inquietante al massimo la figura di Salomè, così come viene fuori dalle fantasie degli artisti, è la compresenza della fanciulla, quasi una bambina, con la donna crudele, determinata e irremovibile. Ma è proprio questa compresenza la chiave di lettura, secondo la psicoanalisi! Le fantasie di “onnipotenza narcisistica” presenti in ogni bambino, a compensazione del suo reale stato di debolezza e dipendenza assoluta dalle cure e dall'amore degli altri (soprattutto, ovviamente, dalla madre, che è la prima fonte di vita), si scontrano e vengono ridimensionate dalle inevitabili frustrazioni che, se dosate con amorevolezza, rendono possibile uno sviluppo equilibrato e l'accesso ad uno stadio adulto in cui la stima di sé si coniuga con l'accettazione della realtà (il famoso passaggio dallo stadio del piacere a quello della realtà). Ma nel caso di un eccessivo investimento narcisistico da parte della madre o altre circostanze analoghe (bambini abituati ad essere sempre “idealizzati” e assecondati in qualsiasi desiderio, come nel caso di alcuni “principi e principesse”), specie se a questa situazione si accompagna un'eccessiva esposizione alla seduzione e alle sregolatezze della sessualità degli adulti che lo circondano, per il bambino è difficilissimo sfuggire ad un destino di perversione e di disturbo della personalità, perché rimarrà fissato alla fase di “onnipotenza” in cui continua a vivere come se tutto gli fosse possibile, non conoscendo alcun limite e distinzione tra bene e male. Il suo Super-Io (riassunto nel famoso detto kantiano “Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”) infatti non si è formato e rimarrà sempre il bambino che può ottenere tutto, specialmente se arriva a una posizione di reale potere (gli “imperatori folli” Caligola, Nerone, Eliogabalo...) o se potrà disporre del potere altrui, com'è il caso di Salomè che per giungere al proprio scopo fa leva sul giovane capitano e poi sul potere reale del tetrarca. La stessa cosa, un uso eccessivo e perverso del potere, può avvenire anche in chi nell'infanzia ha avuto eccessivi traumi dovuti a maltrattamenti, svalutazioni e umiliazioni, e cova quindi profondi bisogni di rivalsa e risarcimento che preparano, da adulti, azioni distruttive e sadiche sugli altri, su larga scala in chi arriva al potere (dittatori psicopatici come Hitler o Stalin...) o solo sfoghi sistematici sui propri figli o dipendenti per le persone di più comune destino. La prima scena dell'opera ci scaraventa subito nella piena atmosfera in cui svolgerà il dramma, che occupa infatti poche ore e si consuma tutto sotto lo sguardo indifferente della luna che è già sorta.
Già, perché forse proprio la luna è la vera protagonista di tutta la vicenda, o per lo meno lo sono il suo influsso, il suo simbolismo e le analogie con gli stati d'animo dei protagonisti (ad esclusione di Giovanni, che nella sua concentrazione mistica e profetica, rimane impenetrabile a qualsiasi suggestione terrena).
L'atmosfera notturna è qui importantissima per dare sfondo e forma ai desideri indicibili alla chiara luce diurna della coscienza solare, ai suoi fantasmi e alle sue illusioni.
La prima scena dell'opera ci scaraventa subito nella piena atmosfera in cui svolgerà il dramma, che occupa infatti poche ore e si consuma tutto sotto lo sguardo indifferente della luna che è già sorta.
Già, perché forse proprio la luna è la vera protagonista di tutta la vicenda, o per lo meno lo sono il suo influsso, il suo simbolismo e le analogie con gli stati d'animo dei protagonisti (ad esclusione di Giovanni, che nella sua concentrazione mistica e profetica, rimane impenetrabile a qualsiasi suggestione terrena).
L'atmosfera notturna è qui importantissima per dare sfondo e forma ai desideri indicibili alla chiara luce diurna della coscienza solare, ai suoi fantasmi e alle sue illusioni. Tutta l'opera infatti può essere letta all'insegna dell'isolamento dei protagonisti: ognuno prigioniero della propria ossessione, impenetrabile totalmente alla reale situazione e al vissuto dell'altro e a qualsiasi richiamo al buon senso. Il paggio cerca inutilmente più di una volta di distogliere l'attenzione di Narraboth, troppo concentrata sulla fascinazione della principessa, intuendone il pericolo, così come Erodiade cercherà di distogliere inutilmente l'attenzione di Erode dalla figlia. Il paggio ed Erodiade fungono ambedue da testimoni razionali ed oculati, ma perfettamente inutili e inefficaci perché non c'è nessun richiamo alla realtà e al buon senso che possa spezzare una fascinazione che diventa ossessione erotica, del tutto irrazionale e impermeabile quindi alla ragione. Siamo in un altro mondo...
Tutta l'opera infatti può essere letta all'insegna dell'isolamento dei protagonisti: ognuno prigioniero della propria ossessione, impenetrabile totalmente alla reale situazione e al vissuto dell'altro e a qualsiasi richiamo al buon senso. Il paggio cerca inutilmente più di una volta di distogliere l'attenzione di Narraboth, troppo concentrata sulla fascinazione della principessa, intuendone il pericolo, così come Erodiade cercherà di distogliere inutilmente l'attenzione di Erode dalla figlia. Il paggio ed Erodiade fungono ambedue da testimoni razionali ed oculati, ma perfettamente inutili e inefficaci perché non c'è nessun richiamo alla realtà e al buon senso che possa spezzare una fascinazione che diventa ossessione erotica, del tutto irrazionale e impermeabile quindi alla ragione. Siamo in un altro mondo...
 L'opera di Strauss è completamente rispettosa, nella stesura del libretto, all'
L'opera di Strauss è completamente rispettosa, nella stesura del libretto, all'
 Da allora Salomè, non più figura storica, semplice strumento della madre che vuole eliminare un fastidioso censore delle sue colpe, ma autonoma dispensatrice di vita e di morte, fredda come una lama o appassionata come una vampa, diventa una vera e propria ossessione maschile.
La ritroviamo in Flaubert ("Hérodias" del 1877), in Mallarmé ("Hérodiade", 1864-1896), in Huysmans ("A rebours"), per approdare infine alla "Salomè" di Oscar Wilde nel 1893, unica opera teatrale scritta in francese dall'artista irlandese ma londinese di vita, tradotta (male, tanto che Wilde stesso dovette intervenire per porre rimedio...) poi in inglese dal suo giovane amico-amante Lord Alfred Douglas e illustrata da un talentuoso
Da allora Salomè, non più figura storica, semplice strumento della madre che vuole eliminare un fastidioso censore delle sue colpe, ma autonoma dispensatrice di vita e di morte, fredda come una lama o appassionata come una vampa, diventa una vera e propria ossessione maschile.
La ritroviamo in Flaubert ("Hérodias" del 1877), in Mallarmé ("Hérodiade", 1864-1896), in Huysmans ("A rebours"), per approdare infine alla "Salomè" di Oscar Wilde nel 1893, unica opera teatrale scritta in francese dall'artista irlandese ma londinese di vita, tradotta (male, tanto che Wilde stesso dovette intervenire per porre rimedio...) poi in inglese dal suo giovane amico-amante Lord Alfred Douglas e illustrata da un talentuoso 
 Quando nel dicembre del 1905 "Salomè" (alla cui lavorazione
Quando nel dicembre del 1905 "Salomè" (alla cui lavorazione  D'altro canto, come detto, il successo di pubblico fu immenso. Nel giro di due anni, l'opera venne allestita in oltre cinquanta teatri in tutto il mondo. Quando giunse a Parigi, nel 1907, fu un evento mondano che richiamò al Théàtre du Chatelet tutta l'aristocrazia e il panorama culturale e politico del paese, a partire dal Presidente della Repubblica. Pare che in quella occasione qualcuno disse a Strauss: «Posso annunziarle che il Presidente Le consegnerà la Légion d'Honneur». «Me la merito», rispose lui, consapevole di aver fatto centro. Eppure, proprio questa popolarità finì col giocare a suo sfavore nel breve periodo dal punto di vista della fortuna critica. Non c'è dubbio che Strauss avesse ben calcolato l'effetto che la "Salomè", con la sua commistione di arte, scandalo, costume, religione, musica e danza, avrebbe provocato sul piano mondano e culturale. Ma, come d'altronde capitò anche a Puccini, il successo impedì a lungo a molti commentatori di considerare i suoi lavori come "artisticamente meritevoli". Strauss era acclamato e discusso, finì un paio di volte sulla copertina di "Time", ma in ampi settori culturali europei era biasimato con toni di riprovazione morale e di snobismo contro lo spiritualismo tardoromantico e l'estetismo decadente. "Da parte di Gide e di Thomas Mann, di Gabriel Fauré, di Max Reger, di Busoni, come da parte di Cosima Wagner e di Pfitzner, di Boito e di Barilli o di un qualsiasi cronista musicale di allora, un interesse per "Salomè" era quasi sempre l'occasione di un giudizio ironico, infastidito e perfino sprezzante", scrive Franco Serpa.
D'altro canto, come detto, il successo di pubblico fu immenso. Nel giro di due anni, l'opera venne allestita in oltre cinquanta teatri in tutto il mondo. Quando giunse a Parigi, nel 1907, fu un evento mondano che richiamò al Théàtre du Chatelet tutta l'aristocrazia e il panorama culturale e politico del paese, a partire dal Presidente della Repubblica. Pare che in quella occasione qualcuno disse a Strauss: «Posso annunziarle che il Presidente Le consegnerà la Légion d'Honneur». «Me la merito», rispose lui, consapevole di aver fatto centro. Eppure, proprio questa popolarità finì col giocare a suo sfavore nel breve periodo dal punto di vista della fortuna critica. Non c'è dubbio che Strauss avesse ben calcolato l'effetto che la "Salomè", con la sua commistione di arte, scandalo, costume, religione, musica e danza, avrebbe provocato sul piano mondano e culturale. Ma, come d'altronde capitò anche a Puccini, il successo impedì a lungo a molti commentatori di considerare i suoi lavori come "artisticamente meritevoli". Strauss era acclamato e discusso, finì un paio di volte sulla copertina di "Time", ma in ampi settori culturali europei era biasimato con toni di riprovazione morale e di snobismo contro lo spiritualismo tardoromantico e l'estetismo decadente. "Da parte di Gide e di Thomas Mann, di Gabriel Fauré, di Max Reger, di Busoni, come da parte di Cosima Wagner e di Pfitzner, di Boito e di Barilli o di un qualsiasi cronista musicale di allora, un interesse per "Salomè" era quasi sempre l'occasione di un giudizio ironico, infastidito e perfino sprezzante", scrive Franco Serpa. Come detto, nel mettere in scena l'episodio biblico Strauss si appoggia alla "Salomè" di Oscar Wilde: scegliere tale dramma come punto di partenza fu senza dubbio una mossa audace e provocatoria, visto che già in anticipo si potevano predire le reazioni di una parte del pubblico e lo scandalo che ne sarebbe sorto, per non parlare dei bastoni fra le ruote che diversi organi di censura avrebbero frapposto (a Vienna, per esempio, fu proibita la prima rappresentazione austriaca, con grande rammarico di Mahler che avrebbe voluto dirigerla: l'evento fu dirottato nella più "tranquilla" e periferica Graz, dove pure divenne un importante appuntamento mondano che richiamò fra il pubblico, tra gli altri, lo stesso Mahler, Schönberg, Berg, Puccini e – in galleria – un diciassettenne Adolf Hitler, allora più interessato all'arte che alla politica). Dopo aver già perfezionato negli anni precedenti la tecnica sinfonica, Strauss era ormai pronto per introdurre nel suo mondo musicale anche la voce umana (in effetti aveva già composto due opere, "Guntram" nel 1894 e "Feuersnot" nel 1901, senza lasciare particolare traccia).
Come detto, nel mettere in scena l'episodio biblico Strauss si appoggia alla "Salomè" di Oscar Wilde: scegliere tale dramma come punto di partenza fu senza dubbio una mossa audace e provocatoria, visto che già in anticipo si potevano predire le reazioni di una parte del pubblico e lo scandalo che ne sarebbe sorto, per non parlare dei bastoni fra le ruote che diversi organi di censura avrebbero frapposto (a Vienna, per esempio, fu proibita la prima rappresentazione austriaca, con grande rammarico di Mahler che avrebbe voluto dirigerla: l'evento fu dirottato nella più "tranquilla" e periferica Graz, dove pure divenne un importante appuntamento mondano che richiamò fra il pubblico, tra gli altri, lo stesso Mahler, Schönberg, Berg, Puccini e – in galleria – un diciassettenne Adolf Hitler, allora più interessato all'arte che alla politica). Dopo aver già perfezionato negli anni precedenti la tecnica sinfonica, Strauss era ormai pronto per introdurre nel suo mondo musicale anche la voce umana (in effetti aveva già composto due opere, "Guntram" nel 1894 e "Feuersnot" nel 1901, senza lasciare particolare traccia).












 
  
  
  
 


