Come accostarsi al “Don Giovanni” senza cadere nell'ovvio, nel banale e nel ripetitivo, visto che è stato girato e rigirato da tutte le parti da musicologi, critici, scrittori, filosofi e persino psichiatri con le loro diagnosi impietose, psicologi e psicoanalisti?
Sarebbe meglio tacere e continuare ad ascoltare e riascoltare Mozart all'infinito senza interferire con le nostre elucubrazioni... Ma è più forte di noi: dobbiamo scaricare le emozioni intensissime che questo capolavoro ci accumula dentro, e allora eccomi anch'io a cercare di dire la mia, sperando che questo tentativo aiuti prima di tutto me e forse anche qualcun altro a fare un po' d'ordine in quell'oceano montante di sensazioni ed emozioni che si sprigionano.
Non essendo una musicologa, lascio la parte di analisi musicale a chi di dovere e mi concentrerò sui personaggi, ricordando però che tutto quello che si potrà “afferrare” è solo grazie alla loro coloritura musicale e che stiamo parlando non di un Don Giovanni qualsiasi, ma di quello di Mozart e perciò è solo attraverso la sua musica che possiamo entrare nel mondo interiore dei personaggi. Perché mai come in quest'opera la perfezione musicale è quella che guida e redime, svelando il sublime dietro l'apparente perversione, e positivo e negativo si annullano in un significato più complesso che apre la via ad un senso che va ben oltre la morale comune.
Confesso subito il mio debito verso Puškin, Kierkegaard, Rilke e, perché no, Lord Byron. Attraverso la loro eccezionale intuitiva sensibilità artistica, il mondo di Don Giovanni si è aperto e continua a lavorare negli spazi dell'immaginazione.
Tema centrale di tutto il saggio di Kierkegaard “Don Giovanni. La musica di Mozart e l'eros” è che “la genialità sensuale è l'oggetto essenziale della musica” e il capolavoro di Mozart esprime l'assoluta corrispondenza tra contenuto e forma musicale, l'immediatezza della sfrenata corsa dell'impulso desiderante verso il piacere.
“È una fortuna che forse l'unico soggetto veramente musicale, nel senso più profondo, sia toccato proprio a Mozart” dice Kierkegaard, riconoscendogli quasi un diritto innato di trattare questo tema, così come riconosce ad Omero la fortuna-diritto di aver avuto a disposizione il materiale epico più affascinante ed appropriato per la più grande opera epica di tutti i tempi.
È innegabile la fascinazione profonda subita dal filosofo, quasi una folgorazione, che diventa una specie di ossessione, vista l'insistenza con cui continuerà a mettere Don Giovanni al centro delle sue riflessioni.
La raffinata e inesauribile capacità di godimento di Don Giovanni lo innalzerà a prototipo stesso dell'uomo “estetico”, il primo stadio dello sviluppo della coscienza, che vedrà nell'uomo “etico” e infine in quello “religioso” il suo svolgimento più completo.
Sappiamo che la tanto ammirata ouverture è stata scritta alla fine e solo a distanza di brevissimo tempo dall'esecuzione, forse la notte stessa (come del resto tanti scrittori danno il titolo e scrivono poche righe di prefazione solo alla fine del loro lavoro), e questo è fondamentale per cogliere la folgorante sintesi e forza che emana, perché solo alla fine possiamo fare una sintesi e quello che doveva dipanarsi ha avuto il tempo di svolgersi, lasciando la possibilità di ripresentarsi come vigoroso compendio e destino, più che come prefigurazione o preambolo, cosa che ci si aspetterebbe da una ouverture-introduzione.
L'infallibile intuito di Mozart ha collocato all'inizio questa pagina che ci avvisa da subito che non si tratterà di lezioso intrattenimento o di una piacevole divagazione sul libertinaggio, ma stiamo per essere introdotti direttamente nel centro stesso dell'azione e delle conseguenze di una delle forze più potenti che muovono e sconvolgono il destino; quell'Eros a cui nella mitologia neanche gli dei possono sottrarsi.
“Questa ouverture – scrive Kierkegaard – non è un miscuglio di temi, non è come un labirinto fiorito di associazioni di idee; è concisa, decisa, vigorosamente costruita, e, soprattutto, è impregnata di tutta quanta l'essenza dell'opera. È poderosa come il pensiero di un dio, mossa come la vita di un mondo, commovente nella sua gravità, scintillante nel suo godimento, schiacciante nella sua ira terribile, entusiasmante nella sua fresca gioia vitale, terribile nelle sue vendette, tripudiante nel piacere, solenne e lenta nella sua imponente dignità, movimentata, svolazzante, nel suo gaudio. E l'artista non ha raggiunto questo risultato col dissanguare l'opera, ma anzi l'ouverture è come la profezia che l'opera realizzerà”.
Tanta profusione di aggettivi (concisa, decisa..., poderosa..., mossa..., commovente..., scintillante..., schiacciante..., solenne e lenta..., movimentata, svolazzante...) non è un'esagerazione, ma il giusto riconoscimento alla ricchezza e complessità di questa prima pagina che dà l'avvio adeguato ad un'opera perfetta.
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