Il maggior entusiasmo della folla in attesa per l'immenente corrida è naturalmente riservato a chi darà il colpo finale al toro, il vero eroe del momento, Escamillo, che ben presto occupa il centro della scena con la sua nuova fiamma. Questa non può essere altra che Carmen: la donna, come ci si aspettava, dopo la partenza di Don José ha scelto lui come amante. Il duetto tra loro è molto breve, ma estremamente significativo:
Questa volta la simmetria è perfetta. I due parlano lo stesso linguaggio e vibrano sulle stesse corde. Il passato non conta per nessuno dei due, che vivono l'amore nell'ebbrezza dell'attimo.
ESCAMILLO
Si tu m’aimes, Carmen...
tu pourras tout à l’heure,
être fière de moi!
Si tu m’aimes! Si tu m’aimes!
CARMEN
Ah! je t’aime, Escamillo...
je t’aime, et que je meure,
si j’ai jamais aimé quelqu’un autant que toi!
CARMEN ED ESCAMILLO
Ah! je t’aime! Oui, je t’aime.
ESCAMILLO
Se tu m’ami, Carmen...
potrai fra poco,
esser fiera di me!
Se tu m’ami! Se tu m’ami!
CARMEN
Ah! Io t’amo, Escamillo...
io t’amo, e ch’io muoia,
se mai altri ho amato quanto te!
CARMEN ED ESCAMILLO
Ah! io t’amo! Sì, io t’amo!
Carmen è sincera nell'affermare che non ha amato nessuno quanto lui perché ogni amore precedente è completamente dimenticato, diremo con termine psicoanalitico “rimosso”, e la sua disponibilità attuale è totale. “T'amo” vale solo per ora e, come non esiste passato, così nessuna promessa di fedeltà è richiesta per il futuro. Escamillo sa bene che gli amori di Carmen sono brevi e Carmen sa che il toreador vive in costante pericolo di vita e può essere affascinato da qualsiasi nuova bellezza che faccia il tifo per lui. Ma per ora i due sono completamente appagati del sentimento a cui possono abbandonarsi senza recriminazioni o sospetti reciproci.
Per di più a Carmen viene promesso qualcosa che Don José non ha mai potuto offrire a una donna: “Sarai fiera di me!”. Non viene offerto solo il frutto del coraggio del toreador, della sua abilità e destrezza, la vittoria sul toro come un mazzo di fiori, ma le qualità stesse che hanno reso possibile la vittoria vengono attribuite alla donna, regalate per così dire all'amata, come se solo lei potesse poi infonderle nell'animo dell'uomo. Il “sarai fiera di me” presuppone che uno sia già molto sicuro di sé e del proprio coraggio, si senta quell'eroe che ogni donna è contenta di esibire al suo fianco.Ma non siamo ancora nel campo delle proiezioni e dei rispecchiamenti? Essere orgogliosi delle imprese altrui come fossero nostre ed attribuirci i meriti delle vittorie di altri presuppone la non separazione delle identità, la partecipazione all'indifferenziato psichico che lega due esseri confusi nello stesso amalgama. Per ora va bene così e i due sono sulla cresta dell'onda... Sicuramente Don José aveva offerto molto a Carmen, anzi troppo, dando praticamente tutto sé stesso, ma è proprio la sua personalità, il suo essere così com'è, che non vanno bene per una donna come Carmen e che lui non capisce. I doni di Escamillo sono invece legati più a quello che fa, le sue vittorie e la celebrità che ne deriva, e non pesano come un macigno; sono solo la parte scintillante della gloria e la condivisione del piacere momentaneo. Esattamente quello che Carmen vuole.
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ESCAMILLO (à Carmen) Si tu m’aimes, Carmen, tu pourras, tout à l’heure, être fière de moi. CARMEN Ah! je t’aime, Escamillo, je t’aime, et que je meure si j’ai jamais aimé quelqu’un autant que toi! TOUS LES DEUX Ah! je t’aime! Oui, je t’aime! LES ALGUAZILS Place, place! place! au seigneur Acalde! (Petite marche à l’orchestre. Sur cette marche entre au fond l’acalde précédé et suivi des alguazils. Pendant ce temps Frasquita et Mercédès s’approchent de Carmen.) FRASQUITA Carmen, un bon conseil, ne reste pas ici! CARMEN Et pourquoi, s’il te plaît? MERCÉDÈS Il est là! CARMEN Qui donc? MERCÉDÈS Lui, Don José! Dans la foule il se cache; regarde. CARMEN Oui, je le vois. FRASQUITA Prends garde! CARMEN Je ne suis pas femme à trembler devant lui. Je l’attends, et je vais lui parler. MERCÉDÈS Carmen, crois-moi, prends garde! CARMEN Je ne crains rien! FRASQUITA Prends garde! (L’acalde est entré dans le cirque. Derrière l’acalde, le cortège de la quadrille reprend sa marche et entre dans le cirque. La populace suit…et la foule en se retirant a dégagé Don José…Carmen reste seule au premier plan.) |
ESCAMILLO (a Carmen) Se mi ami, Carmen, potrai ben presto essere fiera di me. CARMEN Ah! Ti amo, Escamillo, ti amo, e che io muoia se ho mai amato qualcun altro quanto te! ENTRAMBI Ah! Ti amo! Sì, ti amo! GLI ALGUAZILS Largo, largo! Largo al signor Alcalde! (L’orchestra suona una piccola marcia. Su queta marcia entra sullo sfondo l’alcalde preceduto e seguito dagli alguazils. Nel frattempo Frasquita e Mercedes si avvicinano a Carmen.) FRASQUITA Carmen, un buon consiglio, non restare qui! CARMEN E perché mai? MERCÉDÈS È là! CARMEN Ma chi? MERCÉDÈS Lui, Don José! Si nasconde tra la folla; guarda. CARMEN Sì, lo vedo. FRASQUITA Stai attenta! CARMEN Non sono tipo da mettermi a tremare davanti a lui, Lo aspetto, e vado a parlargli, MERCÉDÈS Carmen, dammi retta, stai attenta! CARMEN Non temo nulla! FRASQUITA Attenta! (L’alcalde è entrato nell’arena. Dietro l’alcalde, il corteo della quadriglia riprende il suo tragitto e entra nell’arena. La gente gli va dietro… e la folla, ritirandosi, ha palesato Don José… Carmen rimane sola in primo piano.) |
Yuri Mazurok (Escamillo), Elena Obraztsova (Carmen)
dir: Carlos Kleiber (1978)
Samuel Ramey (Escamillo), Agnes Baltsa (Carmen)
dir: James Levine (1987)
Giuseppe Di Stefano, Giulietta Simionato dir: Herbert von Karajan (1955) | Ildebrando D'Arcangelo, Nadia Krasteva dir: Andris Nelsons (2010) |

Il quarto e ultimo atto, il più breve dell'opera, si apre nuovamente a Siviglia, nella piazza davanti all'arena dove si sta per svolgere una corrida. Tutta la folla festante si accalca, cercando di vedere i propri idoli. I venditori di ventagli, arance e acqua si danno da fare per proporre le loro merci (“À deux cuartos”, “A due quarti”, gridano, riferendosi al prezzo della mercanzia: il cuarto era un'antica moneta spagnola di rame) e tutti sono eccitati e in attesa per il grande spettacolo che si preannuncia. Fra le tante persone che movimentano la scena, fra l'altro, ritroviamo di nuovo Zuniga, l'ufficiale superiore di Don José, che acquista delle arance per farne dono alla ragazza (o alle ragazze) con cui si accompagna.
Micaëla, che durante il concitato incontro tra Escamillo e Don José era rimasta nascosta, ora torna alla ribalta per portare il suo messaggio.
Lui l'apostrofa bruscamente, tutto sconvolto com'è dalla tempesta del suo cuore. È l'ultima persona che si aspetta di vedere, e non c'è alcuna traccia di quei sentimenti che credeva di provare per lei prima della comparsa di Carmen. Anche poco prima, quando si era volto con dolore verso la valle, aveva parlato solo della madre e non della ragazza che pensava di sposare. D'altra parte, sposare Micaëla era solo un modo di obbedire alla madre!
Escamillo, pur amando Carmen “alla follia”, conserva sempre un'aria di leggerezza, come se anche l'amore facesse parte dei giochi pericolosi della corrida che lui conosce molto bene e che accetta come regola.
Rischiare la vita per amore, come afferma di essere pronto a fare, non ha per lui nulla di tragico. Fa semplicemente parte di quel rischio che si presenta in qualsiasi impresa per chi, come lui, ha accettato e anzi scelto (ancora una volta è la scelta che determina la differenza!) uno stile di vita che ha senso solo sul filo del rasoio, in mezzo ad emozioni forti. Ha già messo in conto anche la morte ed ora può affrontare qualsiasi emergenza con prontezza e spavalderia, quasi con divertimento ed ironia. È il primo a non contare sulla durata dell'amore di Carmen (“I suoi amori durano al massimo sei mesi!”: ma per lui sono abbastanza). Anche lui è in genere incostante e dedica le vittorie delle corride a quegli “occhi neri” che lo ammirano al momento e che gli infondono più coraggio. Ora è la volta di Carmen, che ha già notato nella taverna di Pastia e che adesso cerca perché ha saputo che è tornata libera, dopo aver amato chi ha disertato per lei ma di cui si è ormai stancata.
Escamillo non è geloso. Sa che Carmen ha amato altri e che amerà ancora altri dopo di lui, ma questo non lo disturba perché lui vive intensamente al momento e non si preoccupa né del passato né del futuro. Sa che ora è il suo turno e non intende rinunciarvi, anche se dopo il duello al coltello con Don José sembra per il momento ritirarsi. Ma si allontana sotto lo sguardo di Carmen, che impedisce che il duello vada fino in fondo e che qualcuno sia ucciso (sarebbe un problema per l'attività di contrabbando), sapendo che in realtà ha vinto: il cuore di Carmen per ora è suo. Si allontana cantando, come cantando era arrivato la prima volta, ed è estasiato di essere stato salvato proprio da lei. Lui e Carmen sono fatti della stessa pasta e sa che si intenderanno benissimo. Per loro, amarsi “alla follia” non vuol dire amarsi per sempre, né l'amore include il possesso dell'altro, ma solo il godimento condiviso nel momento del desiderio, sapendo benissimo che proprio perché intenso il piacere non può durare indefinitivamente.
In piena notte, tra le montagne dove c'è il rifugio dei contrabbandieri, arriva Micaëla in cerca dell'uomo che ha amato e che forse ama ancora. L'aria che Bizet le dedica è bellissima e dolcissima, ma tutt'altro che sdolcinata: una preghiera che nasce dal riconoscimento della propria debolezza e che spontaneamente fa alzare lo sguardo verso l'infinito e invocare la presenza e l'aiuto di un testimone misericordioso.
Nonostante siano su due poli opposti, sia lei che Carmen sono fedeli alla propria identità e alle proprie scelte e non, come Don José, in balia della forza di volontà altrui o vittime della seduzione. La differenza fondamentale tra le due donne consiste nel diverso mondo a cui appartengono, che condiziona sì le loro scelte, ma a cui aderiscono in piena libertà e consapevolezza. Carmen è fiera di aderire al mondo dei fuorilegge e la trasgressione per lei è una bandiera sia nel comportamento sociale che nella spregiudicatezza della vita amorosa che non tiene conto di promesse o doveri, Micaëla nella fedeltà ai valori della tradizione e dei vincoli di devozione filiale che la legano alla madre di Don José dimostra una capacità di autodeterminazione notevole. Ha accettato liberamente di farsi messaggera, prima mossa anche da un sentimento d'amore per il figlio, ora per pietà verso la vecchia ormai vicino alla morte per il dolore, ma forse anche per vedere da vicino la rivale che è tanto bella e potente da aver assoggettato e trasformato l'uomo che ha amato da militare difensore della legge in un brigante.
Al fatalismo di Carmen e la sua cieca fede nel verdetto delle carte, che sono pur sempre una forma di resa ad un potere soprannaturale più forte della volontà degli uomini, Micaëla contrappone ancora la fede in Dio. E la sua preghiera è una richiesta di aiuto e un riconoscimento della fragilità dell'animo umano, anche quando crede di essere forte e di non aver paura di niente e di nessuno.
Si sa che leggere le carte, oltre che la mano, è un'abilità e una prerogativa delle zingare, persino un loro modo di entrare in relazione con gli altri e di farsi temere. Chi infatti, pur dichiarandosi scettico, non ne è affascinato e non teme almeno un poco tale abilità? È sempre pericoloso voler dare un'occhiata al proprio futuro.
Si porge la mano alla lettura o si accetta di sedersi al tavolino davanti ad un mazzo di tarocchi con un misto di curiosità ansiosa e di incredula speranza. In fondo chissà che non ci sia un po' di vero...
Il futuro, insomma, rimane comunque nascosto e sta all'accortezza umana intuire il vero corso degli eventi, magari esaminando meglio la situazione di partenza e cercando di non farsi illudere dai propri desideri e dalle ambizioni smodate. Il futuro infatti non può che slatentizzare le trame già esistenti e sviluppare i semi piantati. La legge di causa ed effetto è pur sempre valida anche per le azioni umane, e il futuro non può che essere la conseguenza di ciò che è stato preparato nel passato. Ma è solo entro la legge di causa ed effetto, nel suo implacabile determinismo, che si colloca la vita?
È pur vero che possono sempre sopraggiungere avvenimenti e circostanze del tutto imprevedibili e fuori dal controllo umano a sconvolgere il corso degli eventi ed è proprio l'esperienza dei possibili e frequenti “imponderabili” che ha continuato a tenere gli uomini in quello stato di ansietà che cerca di placarsi nel voler conoscere il futuro, nella speranza o illusione di poterlo controllare, dominare, neutralizzare e persino rovesciare. O almeno prepararsi a esso. Oltre ad “Ananke”, la dura ed implacabile necessità che vincola anche gli dei, i greci conoscevano “Tyche”, la Fortuna o il Caso che rimescola continuamente le carte e rovescia i giochi.
Carte, pendolini, fondi di caffè, segni zodiacali, linee della mano, lancio di dadi o monete sono tuttora alla moda e hanno sostituito metodi più complicati e cruenti come la lettura del volo degli uccelli o delle viscere di animali sacrificati.
Sono sempre e solo la superstizione e l'ingenua credulità ad alimentare tali pratiche?
Eppure esistono sogni premonitori, e grandi saggi, compreso Jung, li hanno presi molto seriamente, così come molto seriamente hanno preso anche lo studio degli oroscopi o la lettura de “I Ching”, il libro dei mutamenti, il grande e antico testo di oracoli cinesi.
Torniamo all'opera di Bizet e vediamo, in un momento di sosta nel campo nomade, le zingare Frasquita e Mercedes con un mazzo di carte in mano, disporle e consultarle per leggere nel loro futuro.
La lettura è molto favorevole a tutte e due. Frasquita vede l'amore e un giovane innamorato che la porterà lontano col suo cavallo, mentre per Mercedes si prepara la ricchezza attraverso il matrimonio con un vecchio molto ricco che morendo la libererà di lui e le lascerà in eredità un'enorme fortuna. È interessante notare come, dietro l'apparente soddisfazione per la propria vita e la dichiarazione, appena confermata, che sia la vita più bella che possa esserci, in realtà tutte e due sognano altro: poter lasciare il brigantaggio e la scomodità della vita pericolosa. Essere liberate da un uomo, che sia il giovane innamorato o il vecchio ricco, è pur sempre la riproposizione di un femminile che aspetta il “salvatore”, il “principe azzurro” per cambiare vita e trovare la felicità.
In questa lettura vediamo come le carte non fanno altro che dare spazio ai desideri più intimi e fungono quasi da “sogno ad occhi aperti”. Una sogna l'amore, l'altra la ricchezza, e per di più in modo gratuito, senza dover muovere un dito, proprio come se tutto fosse scritto nel destino e perciò “garantito”. Esattamente il contrario della vita dura che fanno, dove tutto va conquistato con grande pericolo. Ma forse il loro è veramente solo un gioco.
Non così per Carmen. Lei non gioca affatto e prende molto seriamente il responso.
“Le carte non mentono” ed è inutile ripetere il lancio o sperare in un verdetto diverso e più favorevole.
A lei le carte, attraverso le picche, annunciano morte, anzi morte per tutti e due!
Che la differenza sia proprio nel diverso orientamento dell'inconscio di chi consulta le carte?
Il terzo atto si apre con il grandioso scenario della montagna. Non si tratta però di una vetta da scalare e da conquistare alla luce del sole: qui la montagna è il terreno impervio dove nascondersi dai controlli, il sentiero difficile e segreto dove far passare la merce per sfuggire alla dogana, lo sfondo dove la durezza della natura corrisponde a quella della vita condivisibile solo con gli animali selvaggi che la abitano e hanno imparato a diffidare dagli uomini in perpetua caccia. Eppure, per chi questa vita l'ha scelta liberamente, essa è fonte di soddisfazioni ed anche di gioia.
Ovviamente la storia non può finire con l'addio e la separazione annunciata. Interviene il caso (?) a rimescolare le carte e rendere impossibile l'uscita di Carmen dalla vita di Don José.
“Sul tuo cavallo mi prenderesti...”. In tante favole il cavaliere prende l'amata sul suo cavallo, possibilmente bianco, e la porta, attraverso valli e monti, verso una meta sconosciuta, lontano dai fastidi e dalle noie del quotidiano, verso la felicità... Spesso si tratta di un principe o addirittura di un re, che compare quasi miracolosamente e libera la fanciulla da qualche grave pericolo, che sia una principessa in incognito o semplicemente una bellissima fanciulla innocente persa nella foresta, di cui si innamora immediatamente e la porta lontano nel suo regno. Potenza delle immagini legate ai desideri sepolti in ogni inconscio...
Certo, Carmen non è la principessa che ha bisogno del cavaliere per essere salvata dal drago o l'innocente fanciulla che vaga nel bosco raccogliendo fiori, né tantomeno Don José è l'ardito principe in sella ad un cavallo bianco... Però l'archetipo è più forte delle situazioni concrete e il fascino rimane.
Ma c'è ben altro. Qualsiasi sia la vita che si conduce, in città o sulle montagne, la libertà non dipende dal luogo in cui siamo ma dalla nostra situazione interiore; è uno stato psichico da conquistare faticosamente, che presuppone una intima adesione alla propria identità, alla propria vocazione originaria sganciata e liberata da convenzioni, pressioni, richieste esterne, ma anche dalle passioni e dalle paure che ci condizionano dall'interno. Dante lo sa bene ed intraprende l'arduo cammino attraverso l'inferno delle passioni e la faticosa presa di coscienza del purgatorio proprio per cercare quella “


