17 luglio 2019

Il barbiere di Siviglia (2) - Ouverture

Scritto da Christian

La sinfonia del "Barbiere di Siviglia" è uno dei brani più noti dell'opera, ma non tutti sanno che Rossini la riciclò da un suo lavoro precedente, "Aureliano in Palmira" (andato in scena a Milano nel 1813), e che già era stata rimaneggiata per utilizzarla in un'altra opera, "Elisabetta, regina d'Inghilterra" (Napoli, 1815). Per questo motivo non contiene materiale musicale o tematico legato direttamente al "Barbiere" (non ci sono melodie che torneranno nell'opera, per esempio). Di più: i due lavori succitati erano dei drammi seri, non delle commedie, e questo può forse stupire, visto che l'ouverture ci appare vivace, giocosa e quasi scatenata in alcuni punti, come se fosse stata scritta apposta per un'opera buffa.

Pensando al melodramma buffo che tra poco dovrà svolgersi sulla scena, scrive il musicologo Luigi Rognoni, «l'ascoltatore è portato a sentire [nella sinfonia] il sorriso rossiniano che preannuncia la prossima risata». Ma Rossini non aveva scritto questa ouverture per un'opera seria? «Questo importa tanto poco che anche la famosa melodia che vien fuori dall'Allegro vivace, nonostante la lamentosa intonazione in minore, acquista ora [per quello stesso spettatore] un sapore ironico. Il discorso ritmo-melodico si sviluppa giocando a rimpiattino sino a sbottare nell'allegria, per poi placarsi e sparire nei frammenti della solita "sospensione"».
(Carlo Delfrati)
Il motivo principale per il quale Rossini si può permettere di spostare con nonchalance un brano da un'opera seria a una buffa, senza che l'ascoltatore si ritrovi spaesato per il cambio di registro, risiede nell'aderenza dei compositore a quegli ideali estetici – riassumibili con l'etichetta di "Neoclassicismo" – che erano alla base non solo della sua poetica e del suo stile, ma parte integrante dell'atmosfera culturale, soprattutto italiana, del primo ventennio dell'Ottocento:
Un primo punto è la fede in un "bello ideale", un modello perfetto e immutabile di bellezza sottratta ad ogni divenire storico, che prevalentemente ma non esclusivamente s'identificava nell'arte dell'Antichità classica. Qualunque fosse il soggetto dell'opera d'arte, esso doveva essere ricondotto a questo eterno tipo di perfezione, e questo spiega perché lo stile delle opere rossiniane sia sostanzialmente sempre lo stesso, che siano ambientate nella Siracusa medievale, come il "Tancredi", nella Venezia rinascimentale, come l'"Otello", o nella lontananza del mito greco, come l'"Ermione": Del tutto estranea a Rossini era l'idea romantica di un bello "caratteristico", mutevole a seconda dei tempi e dei luoghi, che inevitabilmente portava alla supremazia del "vero" sul bello.
(Fabrizio Della Seta)
Nelle sue opere Rossini si rivela interessato più al dinamismo dell'azione che non alla psicologia particolare di personaggi e situazioni. Gli uni e le altre sono piuttosto gli ingranaggi, in qualche modo neutri, di macchinazioni rinnovate con fantasia inesauribile. Per questo nell'insieme della sua produzione, possono essere spostati da un'opera all’altra senza creare incongruenze. Perche quello che a lui importa non è caratterizzare quella vicenda, ma immergere le sue vicende (quali che siano) in uno spazio-tempo frenetico, che sfugge al controllo della ragione e alla ragione dei sentimenti. [...] Il significato che potremmo allora attribuire alla sinfonia del "Barbiere" non è direttamente contestuale alla vicenda. Lo diventa indirettamente. La sinfonia appare come un occhiale colorato che, pur estraneo alla realtà a cui si applica, arriva a mostrarcela sotto una luce nuova, impensata.
(Carlo Delfrati)
L’ouverture rossiniana ha la funzione di predisporre innanzitutto l’ascoltatore alla gioia fisica del suono, di elettrizzarlo: essa permette di individuare immediatamente e con certezza la "formula" rossiniana che nel petulante cicaleccio degli strumenti preannuncia il battibecco vocale dei personaggi sulla scena.
(Luigi Rognoni)
Qui Rossini riesce a raggiungere un aureo equilibrio formale che pone il brano a eguale distanza sia dalle brevi e leggere sinfonie delle opere giovanili, sia dal monumentalismo della maturità. Dopo un’introduzione lenta, dove una distesa melodia di violini e flauto è preceduta da un incipit melodicamente frammentario e armonicamente cangiante (quasi una ‘messa in moto’ della macchina musicale), il tempo principale si apre sul celeberrimo primo tema in mi. La successiva sezione in fortissimo che, con un procedimento tipico delle sinfonie classiche d’oltralpe, è tutta melodicamente costruita su quell’anacrusi di tre crome del tema precedente, costituisce il ponte modulante verso un secondo tema esposto come prassi nella relativa maggiore (Sol), dall’andamento assai differente rispetto al primo, caratterizzato dal contrasto tra l’inflessione cantabile iniziale e lo spigliato ritmo anapestico che chiude la frase. Chiude la prima esposizione come da prassi un crescendo che, come tutti i crescendo rossiniani, deve il suo irresistibile effetto all’iterazione quasi ossessiva di una semplice formula melodico-armonica, composta prosodicamente in modo che la conclusione di un frammento si risolva all’inizio di quello successivo. Il crescendo sfocia in un fortissimo in Sol che chiude la prima esposizione. Nella seconda il primo tema è direttamente giustapposto al secondo e al crescendo (la cui esposizione in Mi garantisce la coerenza tonale del brano), e conduce il brano ad una fragorosa e rapida coda che conclude con grande effetto una sinfonia di certo degna della sua fama.
(Stefano Piana)


dir: Yuri Temirkanov


dir: Claudio Abbado

dir: Herbert von Karajan


Il brano è stato usato (con arrangiamento modificato da Carl Stalling) come colonna sonora di un celebre cartone animato della serie Looney Tunes, con protagonista Bugs Bunny: "Il coniglio di Siviglia" ("Rabbit of Seville", 1950).


Uno spezzone da "Il coniglio di Siviglia" (Chuck Jones, 1950)

Altra versione "parodistica" è quella nel film "Amici miei - Atto II", dove uno dei temi dell'ouverture viene usato dai protagonisti come melodia del loro coro "Ma vaffanzum".


Uno spezzone da "Amici miei - Atto II" (Mario Monicelli, 1982)

Qui sotto, alcune versioni della sinfonia per ensemble di fiati e per pianoforte.


Una curiosità: a inizio carriera, quando non era ancora un compositore noto e affermato, Giuseppe Verdi ha scritto anche un'ouverture alternativa per il "Barbiere".