Figaro, il titolare dell'opera, entra in scena cantando la cavatina (termine che indica il brano con cui un personaggio si introduce sulla scena) più celebre della storia della lirica, un vero caposaldo della cultura musicale popolare italiana, un'aria vivacissima, orecchiabile e vorticosa, nota a chiunque e tuttora utilizzata ampliamente in musica, in televisione, al cinema e in pubblicità. Ma prima di parlare dell'aria in questione, soffermiamoci sul personaggio, visto che si presenta (come scrive Fedele D'Amico) come «una delle massime figure della storia dell’opera; e questo, in piena consonanza col personaggio che Beaumarchais aveva creato trasformando l’antichissimo ruolo di servo in esponente di quello spirito d’intraprendenza, intrepido attraverso qualsiasi rovescio della fortuna e nonostante l’inferiorita sociale, percio in un simbolo dello spirito borghese in lotta contro il privilegio della nascita. […] un personaggio poliedrico, pronto a mutar direzione, e sempre sotto il segno d’una vitalita irrefrenabile». Una figura dunque perfettamente figlia dei suoi tempi e del periodo di trasformazione che la società europea stava vivendo a cavallo fra il diciassettesimo e il diciottesimo secolo. Non a caso diventerà subito un'icona.
Il nostro barbiere non è il solo personaggio ricorrente nella trilogia di Beaumarchais, ma è di certo il più iconico. Se le sue origini sono certamente da ricercare in figure della Commedia dell'Arte come Brighella, le sue caratteristiche finiscono per renderlo davvero unico e indimenticabile: furbo, ingegnoso, simpatico, sicuro di sé, consapevole del proprio ruolo sociale (quello di servitore) ma non disposto a lasciarsi mettere i piedi in testa e, anzi, sempre pronto a combattere per i propri diritti e la propria felicità (che si tratti di denaro, come in questo caso, o di amore, come sarà ne "Le nozze"). Pur essendo un personaggio buffo, dunque, è tutt'altro che caricaturale ("Figaro non è oggetto di riso, ma permette alla vicenda di far uscire il riso, semplicemente guidandola verso i suoi scopi", scrive Vincenzo Carboni). Il suo ruolo è inoltre ingigantito dalla musica di Rossini, che lo eleva a protagonista (ed autentico deus ex machina) ancor più di quanto non fosse nel testo originale. Lo percepiamo già dalla sua introduzione, con l'orchestra che anticipa con suspense il suo arrivo per diverse battute prima ancora che giunga in scena, preceduto dalla sua voce che gorgheggia in lontananza "La ra la lera...".
La pace dell’alba subisce un ulteriore e definitivo colpo con l’uscita in scena di Figaro, impegnato da quell’autentico torrente in piena di musica e parole che è la sua celeberrima cavatina. Si tratta forse di un brano la cui fama ha valicato i confini dell’opera invadendo altri territori: se da una parte frammenti di testo («Figaro qua, Figaro là», «Uno alla volta, per carità», eccetera) sono diventati luoghi comuni dell’espressione verbale sfruttati come è ovvio anche nel campo cinematografico e pubblicitario, dall’altra la musica è diventata un patrimonio così trasversale da trasformarsi anche una sorta di cover per il genere leggero, sfruttata da gruppi come il Quartetto Cetra sino a Elio e le Storie Tese. Rossini riesce a creare tale dirompente flusso musicale ricorrendo a un’abilissima combinazione di alcuni incisi melodici, esposti nell’introduzione orchestrale, tutti basati sulle terzine di crome, che sembrano quasi venir generati l’uno dall’altro.Nella cavatina, Figaro si rivolge agli spettatori ma in realtà sta parlando con sé stesso (in effetti sta cantando diegeticamente, tanto che giunge in scena con una chitarra: in Beaumarchais e in Paisiello, addirittura, viene esplicitato che sta componendo una canzone, dimostrando di avere una vena poetica), beandosi della vita che conduce e vantandosi con malcelata soddisfazione dei propri pregi: spigliato, sempre attivo, benvoluto e soprattutto utile a tutti come un vero "factotum" (dal latino, "colui che fa tutto"), si presenta con le caratteristiche di quella "piccola borghesia artigianale" in cui molti spettatori dell'epoca sicuramente si riconoscevano. Ma saranno invece i suoi rapporti con i potenti, la nobiltà rappresentata dal Conte di Almaviva in primis, il motore di quasi tutte le sue azioni in questa come nelle opere successive (compresi gli apocrifi, come "I due Figaro" di Saverio Mercadante). Proprio per questo, secondo Paolo Gallarati, Figaro è "il rappresentante tipico dell'uomo borghese che si affaccia sulla scena sociale del primo ottocento". Un accenno anche al tipo di voce richiesta all'interprete: come spiega Piana, si tratta "di quella che può essere definita una parte per «buffo cantante», che cioè assieme alle doti sceniche-attoriali richiede una tecnica vocale piuttosto sviluppata. All’interno di un’estensione piuttosto acuta (arriva a toccare il La3) e di una linea di canto che propende spesso per i registri medio-acuti, Rossini non esita infatti ad inserire qua e là vocalizzi di una certa complessità, ma che in qualche maniera sono giustificati dal contesto drammatico".(Stefano Piana)
Il testo – al di là dei tanti passaggi entrati ormai nella cultura popolare ("Tutti mi chiedono, tutti mi vogliono...") – ci fa capire molte cose del lavoro di Figaro. Innanzitutto possiede una bottega (più avanti la descriverà), dunque è – al momento – quello che oggi chiameremmo un “libero professionista” e non al servizio diretto di un signore (come è stato in passato e come sarà di nuovo in futuro, proprio presso il Conte d'Almaviva), benché all'occasione gli capiti spesso di recarsi nelle case dei suoi clienti, in particolare di quelli più facoltosi e poco avvezzi ad andare di persona nelle botteghe degli artigiani. Inoltre un barbiere come lui, nel settecento, era davvero un “factotum”, ossia si occupava non solo di barbe e capelli (e parrucche, all'epoca diffusissime!) ma anche di compiti generici legati alla salute e alla medicina. “Io son barbiere, parrucchier, chirurgo, botanico, spezial, veterinario, il faccendier di casa”, spiegherà più tardi al Conte. Ed ecco giustificati alcuni termini elencati nella cavatina che, a prima vista, facciamo fatica ad associare al mestiere di parrucchiere: passi per “rasoi e pettini, lancette e forbici” (le lancette sono una sorta di bisturi), ma la “sanguigna”? Si tratta di una sanguisuga, animaletto essenziale per la medicina dell'epoca! E il “biglietto”? Si riferisce a un altro dei suoi compiti, quello di scrittore (o di portatore) di missive, di “pizzini” insomma, possibilmente amorosi! Nel recitativo seguente chiarirà il proprio ruolo di "accomodatore" di matrimoni: "Senza Figaro non si accasa in Siviglia una ragazza. A me la vedovella ricorre pel marito..."
Prima di passare alle clip, ricordo qui che il personaggio di Figaro acquisterà talmente tanta popolarità da dare il nome, fra le altre cose, anche a un importante quotidiano francese, "Le Figaro" appunto, fondato nel 1826 come settimanale satirico e oggi il più longevo fra quelli tuttora in pubblicazione in Francia.
Clicca qui per il testo di "Largo al factotum".
FIGAROLargo al factotum
della città.
Presto a bottega,
ché l'alba è già.
Ah, che bel vivere,
che bel piacere
per un barbiere
di qualità!
Ah, bravo Figaro!
Bravo, bravissimo;
fortunatissimo
per verità!
Pronto a far tutto,
la notte e il giorno
sempre d'intorno,
in giro sta.
Miglior cuccagna
per un barbiere,
vita più nobile,
no, non si dà.
Rasori e pettini,
lancette e forbici,
al mio comando
tutto qui sta.
V'è la risorsa,
poi, del mestiere,
colla donnetta,
col cavaliere.
Ah, che bel vivere,
che bel piacere
per un barbiere
di qualità!
Tutti mi chiedono,
tutti mi vogliono,
donne, ragazzi,
vecchi, fanciulle:
Qua la parrucca!
Presto la barba!
Qua la sanguigna!
Presto il biglietto!
Ehi, Figaro!
Ahimè, che furia!
Ahimè, che folla!
Uno alla volta,
per carità!
Figaro! Son qua.
Ehi, Figaro! Son qua.
Figaro qua, Figaro là,
Figaro su, Figaro giù!
Pronto prontissimo
son come il fulmine:
sono il factotum
della città.
Ah, bravo Figaro!
bravo, bravissimo;
a te fortuna
non mancherà.
Hermann Prey (Figaro)
dir: Claudio Abbado (1971)
Pietro Spagnoli (2005) | Leo Nucci (1989) |
Tito Gobbi (1955) | Rolando Panerai (1954) |
Un po' di esempi di come la cavatina di Figaro abbia invaso l'immaginario e la cultura popolare:
Elio e le Storie Tese cantano “Largo al factotum” al Festival di Sanremo (2008)
Coro dell'armata russa (solista: Maksim Maklakov)
Incipit di "Mrs. Doubtfire" (1993) | Un cartoon di "Tom & Jerry" (1964) |
Locandina del film "Figaro qua, Figaro là" (1950) con Totò | Una vignetta dalla storia "Paperino barbiere di Siviglia" (1962) |
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