10 luglio 2019

Il barbiere di Siviglia (1) - Introduzione

Scritto da Christian

Il barbiere di Siviglia, ossia L'inutile precauzione
Opera buffa in due atti
Libretto di Cesare Sterbini
Musica di Gioacchino Rossini

Prima rappresentazione: Roma (Teatro Argentina),
20 febbraio 1816

Personaggi e voci:
- Il Conte d'Almaviva, innamorato della giovane Rosina (tenore)
- Don Bartolo, dottore in medicina, tutore di Rosina e suo pretendente (basso buffo)
- Rosina, sua pupilla (mezzosoprano)
- Figaro, barbiere tuttofare (baritono)
- Don Basilio, maestro di musica di Rosina (basso)
- Berta, vecchia governante in casa di Bartolo (soprano)
- Fiorello, servitore del Conte d'Almaviva (basso)
- Ambrogio, servitore di Bartolo (basso)
- Un ufficiale, alcalde, o Magistrato (basso)
- Un notaro (ruolo muto)
- Alguazils, o siano Agenti di polizia; soldati; suonatori di istromenti (coro)


Il Conte d'Almaviva, nobiluomo madrileno, si trova a Siviglia per corteggiare la bella Rosina, giovane orfana che vive reclusa nella casa dell'anziano Don Bartolo, suo geloso tutore e aspirante sposo. Spacciandosi per un "povero studente" di nome Lindoro, e con l'aiuto dell'astuto Figaro, barbiere e "factotum della città", il Conte riesce a introdursi nella dimora del dottore e a conquistare l'affetto della (già ben disposta) ragazza.

Opera buffa per eccellenza del repertorio italiano, e in generale una fra le più famose e popolari di sempre (nonché fra le più rappresentate nei teatri di tutto il mondo), colma di personaggi, di situazioni, di melodie e di frasi entrate a far parte del linguaggio comune, "Il barbiere di Siviglia" di Gioacchino Rossini ha una storia travagliata alle spalle. L'omonima commedia teatrale di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais ("Le Barbier de Séville ou la Précaution inutile", scritta nel 1773 e andata in scena per la prima volta nel 1775), il cui titolo era probabilmente una parodia del precedente dramma di Tirso de Molina "El Burlador de Sevilla" (ossia il "Don Giovanni"!), era già stata trasposta in musica nel 1782 da Giovanni Paisiello, e poi da altri compositori negli anni seguenti (da Alexander Reinagle e Samuel Arnold nel 1794, da Nicolas Isouard nel 1796 e da Francesco Morlacchi nel 1815). La versione di Paisiello in particolare, rappresentata per la prima volta a San Pietroburgo (all'epoca il musicista era impiegato alla corte dell'imperatrice Caterina la Grande), aveva riscosso un enorme successo in tutta Europa ed era ancora assai popolare al momento in cui Rossini (su proposta, pare, del librettista Sterbini) decise di rivolgere il proprio genio comico allo stesso soggetto. Siamo infatti di fronte a un autentico remake, cosa peraltro non affatto rara in quegli anni (sin dal Settecento era prassi comune riciclare i libretti di opere precedenti per adattarli a nuove composizioni musicali: basti pensare ai drammi di Metastasio).

A differenza però di Morlacchi, che aveva appunto riutilizzato lo stesso libretto di Paisiello (attribuito a Giuseppe Petrosellini, ma più probabilmente opera di un anonimo traduttore dal francese), il compositore pesarese scelse invece di lavorare su un testo nuovo, scritto appositamente per lui da Cesare Sterbini, che si differenziava in più punti dal libretto dell'opera precedente (e dalla commedia di Beaumarchais), per esempio dando maggior spazio agli elementi comici e meno enfasi alla storia d'amore fra il Conte e Rosina. Per sottolineare la cosa, e forse anche per non dare l'impressione di commettere un atto di "lesa maestà" nel confronti del vecchio compositore (l'opera di Paisiello aveva ancora tantissimi estimatori, che non vedevano di buon occhio l'audacia, da parte di un giovane musicista, di competere con l'anziano maestro), il lavoro di Rossini andò inizialmente in scena con un titolo alternativo, vale a dire "Almaviva, o sia L'inutile precauzione".

Ciò nonostante, e pur avendo Rossini stesso dichiarato di "non voler incorrere nella taccia d'una temeraria rivalità coll'immortale autore che lo ha preceduto" (come si legge nell'introduzione al libretto posto in vendita in quell'occasione), la prima rappresentazione del 20 febbraio 1816 al Teatro Argentina di Roma fu – com'è noto – un fiasco colossale, con diversi incidenti causati anche dal disturbo e dalle proteste "fomentate" (almeno così dice la leggenda) dai sostenitori di Paisiello presenti fra il pubblico. «Ah! Che bel baccano fu quella serata! Credetti che il Teatro Argentina crollasse sotto le fischiate e gli schiamazzi del pubblico romano», ricorderà il compositore. L'episodio è variamente raccontato in alcuni film biografici su Rossini, che tirano in ballo anche l'impresario Domenico Barbaja (interpretato da Giorgio Gaber nello spezzone sottostante, tratto dal film "Rossini! Rossini!" di Mario Monicelli), al quale il compositore (Sergio Castellitto) aveva sottratto l'amante Isabella Colbran (Jacqueline Bisset), poi divenuta sua moglie.


Da "Rossini! Rossini!" (1991)

Questa è invece una sequenza da "Casa Ricordi" di Carmine Gallone. Roland Alexandre è Rossini, Roldano Lupi è Barbaja, Märta Torén è Isabella Colbran, Paolo Stoppa è Giovanni Ricordi.


Da "Casa Ricordi" (1954)

Passata la tempestosa prima, però, nel giro di pochi giorni l'aria cambiò e l'opera di Rossini cominciò a riscuotere un vasto e crescente consenso, diventando rapidamente il suo lavoro più famoso. E col passare degli anni, diffondendosi in Italia e in tutto il mondo, mandò "in pensione" non soltanto il rivale Paisiello, che scomparì presto dalle scene, ma persino l'originale commedia di Beaumarchais: oggi, se si cita "Il barbiere di Siviglia", i pensieri di chiunque vanno subito e inevitabilmente all'opera rossiniana, entrata a tal punto nell'immaginario e nella cultura collettiva da trascendere l'ambito dei melomani. Divertentissima nella trama e nei personaggi, perfetta nella costruzione musicale (sofisticata dietro l'apparente semplicità), ricchissima di brani, di melodie e di momenti orecchiabili e memorabili (di cui la cavatina di Figaro, "Largo al factotum", è solo l'esempio più evidente: ci sono anche "Una voce poco fa", "La calunnia", "All'idea di quel metallo" e altro ancora, per non parlare della brillante ouverture), ha invaso la cultura occidentale in più ambiti e sotto più registri, "alti" e bassi, anche sotto forma di omaggi, parodie e rivisitazioni all'interno di cartoni animati, film e videogiochi, per non parlare di un'apparizione al Festival di Sanremo grazie al gruppo Elio e le Storie Tese (il cui frontman è un grande ammiratore di Rossini).

La perfezione dei meccanismi teatrali dell’opera, la comicità tesa e straniante, i serrati e cangianti procedimenti strutturali, le coraggiose deviazioni dalle consuetudini teatrali del primo Ottocento, abilmente alternate con i luoghi comuni della tradizione operistica buffa settecentesca, l’impatto vitale e immediato dei protagonisti, le infallibili architetture dei concertati d’assieme e degli estesi finali d’atto, non possono che confermare questa meritata fortuna.
(David Giovanni Leonardi)
Si narra che il compositore pesarese – che era noto per l'incredibile velocità produttiva, peraltro quasi obbligata dalle necessità dell'epoca – abbia scritto l'intera opera nel giro di due o tre sole settimane (lo stesso Rossini, in tarda età, affermava di averci impiegato soltanto dodici giorni), aiutandosi però con l'abitudine, come suo solito, di riciclare alcuni brani da altri suoi lavori precedentemente andati in scena in altre città (ritenendo improbabile, in quell'epoca, una "sovrapposizione" di spettatori). Fra questi cosiddetti "autoimprestiti" ci sono, in particolare, i due brani strumentali, ossia l'Ouverture (ripresa da "Aureliano in Palmira" e già rimaneggiata per "Elisabetta, regina d'Inghilterra") e il Temporale (da "La pietra del paragone"), ma anche svariate idee melodiche ("Piano, pianissimo" dal "Sigismondo", "Ecco ridente in cielo", "Io sono docile"...) che ormai sono associate definitivamente al "Barbiere" e di cui gran parte del pubblico ignora o non ricorda più l'origine.

Pur non essendo fedele al materiale di partenza come lo era il testo di Paisiello (che in alcuni punti traduceva letteralmente i dialoghi dal francese), il libretto di Sterbini segue da vicino la trama della commedia di Beaumarchais (prima parte, giova ricordarlo, di una trilogia il cui secondo capitolo è alla base di un'altra celebre opera, "Le nozze di Figaro" di Mozart). Nei prossimi post analizzeremo in dettaglio i contenuti e i vari personaggi della vicenda, ma intanto basti dire che la struttura è fortemente debitrice alla Commedia dell'Arte italiana, tanto da rendere leciti alcuni paragoni (Figaro, per esempio, è ispirato alla figura di Brighella). Naturalmente, questo implica un tono assai diverso da quello che vedremo ne "Le nozze di Figaro" (anche se, cronologicamente, l'opera di Mozart precede quella di Rossini). Nel sequel si prende di mira l'aristocrazia e si parla apertamente di "lotta di classe", mentre in questo prototipo siamo dalle parti della farsa, dove l'antagonista (Don Bartolo) è l'anziano professore/medico parruccone che si illude di tenere il passo dei giovani (e di sposare una ragazza), salvo essere buggerato da questi ultimi. La materia, sebbene divertente, è decisamente più innocua e stereotipata, e a confrontare i protagonisti delle due opere pare quasi, a parte i nomi, di trovarsi di fronte a personaggi diversi (ovviamente anche a causa dei differenti contesti culturali e delle sensibilità dei rispettivi librettisti, Lorenzo Da Ponte e Cesare Sterbini). Curiosamente, proprio un Da Ponte settantacinquenne, emigrato in America, dirigerà la prima rappresentazione del "Barbiere" a New York nel 1825.

[Nel "Barbiere di Siviglia"] il contenuto sociale della rappresentazione è radicalmente mutato. Nelle "Nozze" mozartiane, la règie du jeu era condotta sul filo di un edonismo razionalistico ritmato entro le forme chiuse di una casta sociale autosufficiente che detiene il monopolio dell’arte, e perciò staccata da ogni altra forma di vita sociale che non fosse riconducibile a quei "modelli" e a quei "canoni". In Mozart è ancora l’etica della classe aristocratica che guida, nella sua indifferenza sentimentale, i personaggi già pur borghesi della commedia di Beaumarchais [...]. Rossini s’impadronì di questi "modelli", ma li applicò alla nuova realtà sociale dell’uomo che era scaturita dalla Rivoluzione francese; e lo spirito autocritico della nascente borghesia, che veniva sostituendosi al decrepito mondo aristocratico, è vivamente ritratto nel "Barbiere" rossiniano. L’esperienza neobarocca si tramuta così in gesto ironico; Rossini carica le tinte, senza appesantire, ed i personaggi di Beaumarchais acquistano un nuovo ritmo, una psicologia ancora più terrena e realistica: sono lo specchio di una quotidianità, i cui atteggiamenti e i cui difetti Rossini accentua, senza troppi complimenti, trascinando lo spettatore, dal sorriso alla sonora risata, a riconoscervisi.
(Luigi Rognoni)
Curiosità finale: il libretto di Sterbini fu messo in musica una seconda volta dal compositore parmense Costantino Dall'Argine (1842–1877), la cui versione del "Barbiere" andò in scena per la prima volta a Bologna l'11 novembre 1868, due giorni prima della morte di Rossini: pur non andando incontro a un fiasco come quello del Teatro Argentina (anzi, pare che il pubblico gradì), anche in questo caso il compositore fu criticato per aver "osato tanto" (benché Dall'Argine avesse scritto a Rossini e ottenuto una sorta di benestare) e l'opera venne presto dimenticata.


Alcune delle incisioni più celebri:















Link utili:

Articolo su Wikipedia in italiano
Articolo su Wikipedia in inglese
Libretto completo
Partitura
Programma di sala del teatro La Fenice (2008) [in pdf]
Guida didattica per le scuole (di Carlo Delfrati) [in pdf]

2 commenti:

Luigina Salmaso ha detto...

ciao, che bella l'introduzione e tutta la spiegazione all'opera. Un bellissimo lavoro, ciao luigina


Christian ha detto...

Grazie Luigina!
Sono particolarmente affezionato a questa opera, perché è stata forse la prima che ho ascoltato interamente più volte, su disco, da bambino...