4 settembre 2019

Il barbiere di Siviglia (9) - "Dunque io son?"

Scritto da Christian

Avendo assistito in segreto alla scena precedente e avendo udito il dialogo fra Bartolo e Don Basilio, Figaro vuole mettere in guardia Rosina dalle macchinazioni del tutore, nonché perorare presso di lei la causa dell'amico “Lindoro”. Non sa, naturalmente, che la ragazza è già intenzionata a prendere in mano la situazione. Spavaldo e sicuro di sé, il barbiere è convinto di essere lui a dirigere il gioco e a menare le danze, ma dovrà rendersi conto che Rosina rivaleggia con lui in astuzia e intraprendenza. Già il recitativo che precede il loro duetto è un capolavoro di schermaglie, di dissimulazioni e di “non detto”, in cui Figaro prova a tenere la ragazza sulle spine, centellinando le informazioni sul suo “cugino”, mentre lei fa la ritrosa e la finta timida.

Il barbiere crede di poter impostare il dialogo con la ragazza e il duetto che lo chiude come una sorta di replica del duetto col Conte, tuttavia, già dalle strofe parallele d’apertura l’ascoltatore capisce che l’incontro tra i due avviene su un piano diverso: Rosina non è né docile né sprovveduta, ma furba e piena di iniziative, tanto da prendere in contropiede lo stesso Figaro. Compositore e librettista introducono qui una tecnica che impiegheranno frequentemente nel prosieguo, plasmando nell’interazione tra i protagonisti una sorta di doppio livello drammatico-musicale, uno ‘pubblico’ che corrisponde a ciò che effettivamente viene detto ad alta voce, l’altro più nascosto che rivela ciò che i personaggi pensano veramente e gli scopi occulti che giustificano le loro azioni. I due livelli si intersecano continuamente, e contribuiscono a creare quel raffinato e abilissimo ludus che mantiene in tensione tutta l’opera. Si vedranno meglio i risultati di tale tecnica nel finale primo e lungo tutta la prima parte dell’atto secondo, ma già i primi due versi di Rosina, esitanti, intonati con una linea melodica spezzata, sono seguiti da altri due a parte dal carattere decisamente sbarazzino, vorticosamente vocalizzati. Analogamente Figaro: due versi di circostanza nella strofa e due nei quali si rende conto della furbizia della ragazza e ingaggia con lei una sfida a colpi d’ingegno. Rossini sfrutta abilmente qui la convenzione del parallelismo musicale tra le due strofe di apertura musicando questi ultimi due versi con lo stesso materiale dell’a parte precedente: Figaro sfida così Rosina, riprendendone letteralmente i vocalizzi. La protagonista s’impone verso la fine del dialogo che segue le due strofe: alla richiesta di scrivere «sol due righe di biglietto» al suo innamorato, finge di rispondere timidamente, assecondata da un’abile flessione armonica verso sol del tessuto musicale, poi sferra il colpo decisivo mostrando allo stupito barbiere il biglietto già scritto, il medesimo che teneva già in mano durante la cavatina. È ciò che innesca l’a due che conclude il brano, apparentato con l’analoga sezione di chiusura del precedente duetto. Così come il Conte, l’innamorata Rosina si lancia ora in colorature accompagnate dal borbottio di un Figaro che ammette la propria sconfitta.
(Stefano Piana)
Da notare, quando Figaro descrive a Rosina le caratteristiche dell'innamorata di Lindoro, la parola “grassotta”: a quei tempi essere in carne era indice di buona salute e dunque una caratteristica positiva. Si può inoltre immaginare che Sterbini abbia voluto mettere le mani avanti nel caso di interpreti non troppo esili sul palcoscenico, evitando quel brutto effetto quando i cantanti non hanno il necessario phisique du role (le Violette e le Mimì che muoiono di tisi mentre le cantanti che le interpretano sono donnone...). Comunque, nel caso di cantanti più minute, è possibile sostituire la parola con “magrotta” senza perdere la cadenza o la rima.

Il bellissimo duetto “Dunque io son”, pur essendo più breve, rivaleggia con il precedente “All'idea di quel metallo” per ricchezza tematica e musicale. I due personaggi parlano fra loro e contemporaneamente seguono una propria linea di pensiero, imbastendo un duello di arguzie che alla fine non potrà che vedere vincitrice Rosina (tanto che il barbiere dovrà commentare “Donne, donne, eterni dei, chi vi arriva a indovinar?”). Fra i passaggi più divertenti, quello in cui Rosina passa in un attimo dal predicare cautela (“Venga pur, ma con prudenza”) al non saper contenere il desiderio di vedere immediatamente l'amato (“Io già moro d'impazienza! Ma che tarda? Ma che fa?”). Segnalo poi che la cabaletta che conclude il duetto (“Fortunati affetti miei!”) è un altro caso di autoimprestito: proviene infatti dalla prima opera di Rossini messa in scena, “La cambiale di matrimonio” (“Vorrei spiegarvi il giubilo”).


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano (“Ma bravi! Ma benone!”).

FIGARO (uscendo con precauzione)
Ma bravi! Ma benone!
Ho inteso tutto. Evviva il buon dottore!
Povero babbuino!
Tua sposa? Eh via, pulisciti il bocchino.
Or che stan là chiusi,
procuriam di parlare alla ragazza:
eccola appunto.

ROSINA (entrando)
Ebbene, signor Figaro?

FIGARO
Gran cose, signorina.

ROSINA
Sì, davvero?

FIGARO
Mangerem dei confetti.

ROSINA
Come sarebbe a dir?

FIGARO
Sarebbe a dire
che il vostro bel tutore ha stabilito
esser dentro doman vostro marito.

ROSINA
Eh, via!

FIGARO
Oh, ve lo giuro;
a stender il contratto
col maestro di musica
là dentro or s'è serrato.

ROSINA
Sì? oh, l'ha sbagliata affè!
Povero sciocco! L'avrà a far con me.
Ma dite, signor Figaro,
voi poco fa sotto le mie finestre
parlavate a un signore...

FIGARO
Ah, un mio cugino,
un bravo giovinotto; buona testa,
ottimo cuor; qui venne
i suoi studi a compire
e il poverin cerca di far fortuna.

ROSINA
Fortuna? Oh, la farà.

FIGARO
Oh, ne dubito assai: in confidenza
ha un gran difetto addosso.

ROSINA
Un gran difetto?

FIGARO
Ah, grande: è innamorato morto.

ROSINA
Sì, davvero?
Quel giovane, vedete
m'interessa moltissimo.

FIGARO
Per bacco!

ROSINA
Non mi credete?

FIGARO
Oh sì!

ROSINA
E la sua bella,
dite, abita lontano?

FIGARO
Qui! Due passi.

ROSINA
Ma è bella?

FIGARO
Oh, bella assai!
Eccovi il suo ritratto in due parole:
grassotta, genialotta,
capello nero, guancia porporina,
occhio che parla, mano che innamora.

ROSINA
E il nome?

FIGARO
Ah, il nome ancora?
Il nome... Ah, che bel nome!
Si chiama...

ROSINA
Ebbene, si chiama?

FIGARO
Poverina! Si chiama...
R, o, Ro... s, i, si...
n, a, na... Rosina.

Clicca qui per il testo di "Dunque io son?".

ROSINA
Dunque io son, tu non m'inganni?
Dunque io son la fortunata!
(Già me l'ero immaginata:
lo sapeva pria di te.)

FIGARO
Di Lindoro il vago oggetto
siete voi, bella Rosina.
(Oh, che volpe sopraffina,
ma l'avrà da far con me.)

ROSINA
Senti, senti ma a Lindoro
per parlar come si fa?

FIGARO
Zitto, zitto, qui Lindoro
per parlarvi or or sarà.

ROSINA
Per parlarmi? Bravo! bravo!
Venga pur, ma con prudenza;
io già moro d'impazienza!
Ma che tarda? ma che fa?

FIGARO
Egli attende qualche segno,
poverin, del vostro affetto;
sol due righe di biglietto
gli mandate, e qui verrà.
Che ne dite?

ROSINA
Non vorrei...

FIGARO
Su, coraggio.

ROSINA
Non saprei...

FIGARO
Sol due righe...

ROSINA
Mi vergogno.

FIGARO
Ma di che? di che? si sa!
(andando allo scrittoio)
Presto, presto; qua un biglietto.

ROSINA
(Richiamandolo, cava dalla tasca il biglietto e glielo dà.)
Un biglietto? eccolo qua.

FIGARO (attonito)
Già era scritto? Ve', che bestia!
Il maestro faccio a lei!
Ah, che in cattedra costei
di malizia può dettar.
Donne, donne, eterni Dei,
chi vi arriva a indovinar?

ROSINA
Fortunati affetti miei!
Io comincio a respirar.
Ah, tu solo, amor, tu sei
che mi devi consolar!
(Figaro parte.)




Teresa Berganza (Rosina), Hermann Prey (Figaro)
dir: Claudio Abbado (1971)


Anna Bonitatibus (Rosina), Leo Nucci (Figaro)
dir: Maurizio Barbacini (2005)


Maria Callas, Tito Gobbi (1957)


Giulietta Simionato, Ettore Bastianini (1956)


Sumi Jo, Dmitri Hvorostovsky (2008)

Beverly Sills, Alan Titus (1976)