28 agosto 2019

Il barbiere di Siviglia (8) - "La calunnia"

Scritto da Christian

Il primo atto del “Barbiere” è una collana ininterrotta di perle. E fra queste c'è senza alcun dubbio “La calunnia”, l'aria con cui il maestro di musica “maneggione” Don Basilio espone a Don Bartolo la propria visione del mondo, proponendogli un modo per togliere di mezzo il Conte d'Almaviva, pretendente alla mano di Rosina. Caposaldo delle partiture per basso profondo ed esempio quasi per antonomasia di “crescendo rossiniano”, il brano ha acquisito col tempo un'enorme popolarità. Ma prima di parlarne nel dettaglio, vediamo che cosa accade sulla scena nei recitativi che lo precedono.

Determinata a ricambiare l'affetto dello sconosciuto Lindoro, di cui si è già innamorata, la risoluta Rosina scrive una lettera che vorrebbe inviargli all'insaputa del tutore. L'arrivo di Figaro la mette di buon umore (“Figaro è un galantuomo, un giovin di buon core... Chi sa ch'ei non protegga il nostro amore”), ma prima che possa scambiare più di qualche parola con il barbiere, ecco tornare Bartolo. Figaro fa appena in tempo a nascondersi che già il tutore lo maledice a voce alta (“Ah, disgraziato Figaro! Ah, indegno! Ah, maledetto! Ah, scellerato!”, un ironico contraltare alle ultime parole di Rosina: “Quanto è garbato!”), accusandolo del cattivo stato di salute in cui versa la servitù di casa: “Uno spedale ha fatto di tutta la famiglia a forza d'oppio, sangue e stranutiglia”. Quest'ultima era un estratto della radice dell'elleboro bianco, usato come medicamento cefalico, che evidentemente provocava come effetto collaterale... un attacco di starnuti.

A seguire, infatti, il nostro dottore chiama i domestici di casa, Berta e Ambrogio, per chiedere loro se Figaro fosse giunto in casa e avesse parlato con Rosina (convinto che sia proprio il barbiere a indisporre la ragazza verso di lui). I due servi, rispettivamente fra starnuti (“Eccì!”) e sbadigli (“Aah!”), si rivelano poco utili, e vengono presto congedati. Mi pare questa l'occasione buona per sottolineare alcune differenze fra il libretto di Cesare Sterbini e la commedia originale di Beaumarchais (e l'opera di Paisiello). In quest'ultima, in casa di Bartolo ci sono tre domestici, ovvero Marcellina (di cui si dice che è “malata”, e che non compare mai in scena: il personaggio ritornerà però nel successivo “Le nozze di Figaro”, dove scopriremo delle belle sul suo conto!), “il giovinetto” (un vecchio che starnutisce sempre) e “lo svegliato” (un ragazzo perennemente addormentato: i loro soprannomi sono ovviamente ironici). Questi ultimi due, nell'opera di Rossini, diventano rispettivamente Berta e Ambrogio. Quanto a Marcellina, più avanti il suo nome verrà citato due volte da Rosina, ma attribuendolo a una fantomatica “figlia” di Figaro, anch'essa malata.

A questo punto Bartolo, rimasto solo in scena (anche se, a sua insaputa, Figaro è dietro le quinte ad ascoltare), viene raggiunto da Don Basilio, con il quale sta complottando per sposare Rosina, approfittando della propria posizione, e impadronirsi così della sua dote. “È un solenne imbroglion di matrimoni”, lo aveva descritto il barbiere in precedenza. Prete (probabilmente gesuita), letterato e maestro di musica dalla levatura morale non proprio irreprensibile, “sempre senza un quattrino” e disposto a ogni intrigo pur di racimolare qualche moneta, Basilio è una figura che rimarrà sempre sullo sfondo delle vicende della trilogia (apparirà anche ne “Le nozze di Figaro”) a complicare le cose per i nostri protagonisti. Qui informa il dottore della voce secondo cui è giunto in città il Conte d'Almaviva, ovvero colui che già a Madrid aveva segretamente adocchiato la ragazza (“l'incognito amante della Rosina”, dice Bartolo). Come fronteggiare la concorrenza di un nobile altolocato e potente? Don Basilio suggerisce al tutore di “inventar qualche favola che al pubblico lo metta in mala vista, che comparir lo faccia un uomo infame”... Una calunnia, insomma!

L’altro “cattivo”, che accompagna e cerca di favorire Bartolo nei suoi progetti, è Don Basilio; la sua connotazione è talmente negativa («ipocrita», «imbroglion», «collo torto» sono solo alcuni dei “complimenti” che colleziona durante l’opera) che di fatto diventa forse il personaggio più nettamente caricaturale del “Barbiere”. La sua presenza in scena è quantitativamente inferiore a quella di Bartolo, ma da una parte colleziona entrate memorabili come quella che scatena il quintetto [del secondo atto], dall’altra Rossini a lui affida la celebre aria della calunnia dall’effetto irresistibile e la cui estensione vocale dovette mettere in difficoltà non pochi cantanti, tant’è che sino a tempi recenti era invalso l’uso di trasportarla un tono sotto (dall’originale Re a Do). Non è dunque un caso che nella storia esecutiva del “Barbiere” siano stati molti i bassi di fama a volersi cimentare in questo ruolo, sulle orme di quel Zenobio Vitarelli che tenne a battesimo il personaggio e che Rossini rincontrò l’anno dopo in occasione della prima della “Cenerentola” (dove interpretava Alidoro).
(Stefano Piana)
L'idea di calunniare il Conte però non piace al frettoloso Bartolo (tanto che non sarà ripresa né avrà ripercussioni sul resto della vicenda, tranne un breve accenno nel secondo atto quando il Conte stesso – nei panni di Don Alonso – dimostrerà di essere un “degno e vero scolar di Don Basilio” suggerendo qualche cosa di molto simile). Ma l'aria della calunnia serve comunque per tratteggiare anche musicalmente il personaggio e il suo carattere (come già fatto in precedenza con le cavatine di Figaro e di Rosina) e renderlo indimenticabile allo spettatore. Quanto al “crescendo” di cui parlavamo prima, uno degli stilemi più tipici e riconoscibili di Rossini, esso viene ottenuto dal compositore non soltanto alzando lentamente il volume del suono ma anche introducendo gradualmente nuovi strumenti e persino andando di pari passo con le parole del libretto (dove si passa da “venticello” a “temporale”).
La descrizione della calunnia, paragonata a un «venticello» che cresce lentamente ma inesorabilmente sino a diventare «un tremuoto, un temporale» è un invito irresistibile per il compositore, che costruisce su tale testo quello che sarà destinato a diventare il crescendo rossiniano per antonomasia. Ancora una volta ci troviamo di fronte al classico inciso che crea una catena musicale inarrestabile nella quale le ossessive ripetizioni acquistano man mano forza sino ad arrivare all’esplosione «come un colpo di cannone», amplificato da un colpo di grancassa in fortissimo. Il crescendo musicale [...] assume dunque una rilevanza tutta particolare poiché aderisce a un crescendo insito nel testo e, viceversa, finisce per essere amplificato dalle parole che ha il compito di accompagnare. Dopo tutto ciò la sorte del «meschino calunniato» è segnata, e viene descritta nella parte finale dell’aria, che ha la forma quasi di una cabaletta.
(Stefano Piana)
[Il crescendo rossiniano] è un passaggio progressivo dall’ombra fonda alla luce sfolgorante, dal mistero alla realta, dalla forma larvale alla vitalita piena, dalla quiete meditativa all’esaltazione lirica. L’effetto ha qualcosa di orgiastico, di frenetico, di travolgente, di trionfale. La risposta in fortissimo degli altri istrumenti, specie dei bassi, al crescendo, è uno scatenarsi di sana gioia e di vigore, l’esplosione di una certezza dominatrice, di un consenso entusiastico istintivo; nell’insieme, qualcosa che rasenta da un lato il miracolo, dall’altro la follia.
(Gino Roncaglia)
Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano ("Sì sì, la vincerò").

ROSINA
Sì sì, la vincerò. Potessi almeno
mandargli questa lettera. Ma come?
Di nessun qui mi fido;
il tutore ha cent'occhi.
Basta, basta; sigilliamola intanto.
(Va allo scrittoio e suggella la lettera.)
Con Figaro, il barbier, dalla finestra
discorrer l'ho veduto più d'un'ora;
Figaro è un galantuomo,
un giovin di buon core...
Chi sa ch'ei non protegga il nostro amore.

FIGARO (entrando)
Oh buon dì, signorina!

ROSINA
Buon giorno, signor Figaro.

FIGARO
Ebbene, che si fa?

ROSINA
Si muor di noia.

FIGARO
Oh diavolo! Possibile!
Un ragazza bella e spiritosa?

ROSINA
Ah, ah, mi fate ridere!
Che mi serve lo spirito,
che giova la bellezza,
se chiusa io sempre sto fra quattro mura
che mi par d'esser proprio in sepoltura?

FIGARO
In sepoltura? ohibò!
(chiamandola a parte)
Sentite, io voglio...

ROSINA
Ecco il tutor.

FIGARO
Davvero?

ROSINA
Certo, certo; è il suo passo.

FIGARO
Salva, salva; fra poco
ci rivedrem: ho a dirvi qualche cosa.

ROSINA
E ancor io, signor Figaro.

FIGARO
Bravissima. Vado.
(Si nasconde)

ROSINA
Quanto è garbato!

BARTOLO (entrando)
Ah, disgraziato Figaro!
ah, indegno! ah, maledetto! ah, scellerato!

ROSINA
(Ecco qua: sempre grida.)

BARTOLO
Ma si può dar di peggio!
Uno spedale ha fatto
di tutta la famiglia
a forza d'oppio, sangue e stranutiglia.
(a Rosina)
Signorina, il barbiere lo vedeste?

ROSINA
Perché?

BARTOLO
Perché lo vo' sapere.

ROSINA
Forse anch'egli v'adombra?

BARTOLO
E perché no?

ROSINA
Ebben, ve lo dirò. Sì, l'ho veduto,
gli ho parlato, mi piace, m'è simpatico
il suo discorso, il suo gioviale aspetto.
(Crepa di rabbia, vecchio maledetto!)
(Parte.)

BARTOLO
Vedete che grazietta!
Più l'amo, e più mi sprezza la briccona.
Certo, certo è il barbiere
che la mette in malizia.
Chi sa cosa le ha detto!
Chi sa! Or lo saprò. Ehi. Berta. Ambrogio!

BERTA (entrando e starnutendo)
Eccì!

AMBROGIO (entrando e sbadigliando)
Aah! che comanda?

BARTOLO
Dimmi...

BERTA
Eccì!

BARTOLO
Il barbiere parlato ha con Rosina?

BERTA
Eccì!

BARTOLO
Rispondi almen tu, babbuino!

AMBROGIO (sbadigliando)
Aah, aah!

BARTOLO
Che pazïenza!

AMBROGIO
Aah, aah! che sonno!

BARTOLO
Ebben?

BERTA
Venne, ma io...

BARTOLO
Rosina...

AMBROGIO
Aah!

BERTA
Eccì!

BARTOLO
Che serve! Eccoli qua, son mezzo morti.
Andate.

AMBROGIO
Aah!

BERTA
Eccì!

BARTOLO
Eh, il diavol che vi porti!
(Berta e Ambrogio partono)
Ah! Barbiere d'inferno, tu me la pagherai.
(Entra Don Basilio)
Qua, Don Basilio; giungete a tempo!
Oh! Io voglio, per forza o per amor,
dentro domani sposar la mia Rosina.
Avete inteso?

BASILIO (dopo molte riverenze)
Eh, voi dite benissimo
e appunto io qui veniva ad avvisarvi...
(chiamando a parte)
Ma segretezza! è giunto
il Conte d'Almaviva.

BARTOLO
Chi? L'incognito amante
della Rosina?

BASILIO
Appunto quello.

BARTOLO
Oh diavolo!
Ah, qui ci vuol rimedio!

BASILIO
Certo; ma alla sordina.

BARTOLO
Sarebbe a dir?

BASILIO
Così, con buona grazia
bisogna principiare
a inventar qualche favola
che al pubblico lo metta in mala vista,
che comparir lo faccia
un uomo infame, un'anima perduta.
Io, io vi servirò: fra quattro giorni,
credete a me, Basilio ve lo giura,
noi lo farem sloggiar da queste mura.

BARTOLO
E voi credete...?

BASILIO
Oh certo! è il mio sistema.
E non sbaglia.

BARTOLO
E vorreste...?
Ma una calunnia...

BASILIO
Ah, dunque
la calunnia cos'è voi non sapete?

BARTOLO
No, davvero.

BASILIO
No? Uditemi e tacete.

Clicca qui per il testo de "La calunnia è un venticello".

BASILIO
La calunnia è un venticello,
un'auretta assai gentile,
che insensibile, sottile,
leggermente, dolcemente,
incomincia a sussurrar.
Piano piano, terra terra,
sottovoce, sibilando,
va scorrendo, va ronzando;
nelle orecchie della gente
s'introduce destramente
e le teste ed i cervelli
fa stordire e fa gonfiar.
Dalla bocca fuori uscendo
lo schiamazzo va crescendo,
prende forza a poco a poco,
vola già di loco in loco;
sembra il tuono, la tempesta
che nel sen della foresta
va fischiando, brontolando
e ti fa d'orror gelar.
Alla fin trabocca e scoppia,
si propaga, si raddoppia,
e produce un'esplosione
come un colpo di cannone,
un tremuoto, un temporale,
un tumulto generale,
che fa l'aria rimbombar.
E il meschino calunniato,
avvilito, calpestato,
sotto il pubblico flagello
per gran sorte ha crepar.

Clicca qui per il testo del recitativo che segue ("Ah! che ne dite?").

BASILIO
Ah! che ne dite?

BARTOLO
Eh! sarà ver, ma intanto
si perde tempo e qui stringe il bisogno.
No: vo' fare a mio modo:
in mia camera andiam. Voglio che insieme
i1 contratto di nozze ora stendiamo.
Quando sarà mia moglie,
da questi zerbinotti innamorati
metterla in salvo sarà pensier mio.

BASILIO
(Vengan denari: al resto son qua io.)
(Entrano nella prima camera a destra.)




Paolo Montarsolo (Basilio)
dir: Claudio Abbado (1971)


Riccardo Zanellato (2005)


Nicolai Ghiaurov (2001)


Ferruccio Furlanetto (1981)


Ezio Pinza (1946)

Ruggero Raimondi (1974)


L'aria è talmente nota da essere transitata nella musica e nella cultura popolare anche in tempi recenti.


"La calunnia è un venticello" di Edoardo Bennato, dall'album "Pronti a salpare" (2015).
La canzone è dedicata a Enzo Tortora e a Mia Martini.


Elio e le Storie Tese
a "Serata d'onore: Lirica" (2008)

Sigla di "Non è la Rai" (1994)
(canta Alessia Marinangeli)

3 commenti:

dopatissimo ha detto...

non è la modalità di diffusione della calunnia perfettamente trasportabile a quella dell'epidemia che abbiamo vissuto?
Tra l'altro Don Basilio certifica il suo andamento esponenziale:
Alla fin trabocca e scoppia,
si propaga, si raddoppia
Sarebbe da chiedere a un matematico appassionato di musica: anche il crescendo rossiniano ha un andamento esponenziale?


Christian ha detto...

Lettura interessante. La calunnia come la pandemia, che "le teste ed i cervelli fa stordire e fa gonfiar"!
Il bello delle grandi opere d'arte è che possono trovare nuove interpretazioni e significati di continuo, anche a distanza di secoli. Per questo sono immortali.


borgonzonigrandissimagnocca ha detto...

E produce un'esplosione come il covid diciannoooooooooooooove................