21 agosto 2019

Il barbiere di Siviglia (7) - "Una voce poco fa"

Scritto da Christian

Abbiamo già intravisto Rosina al balcone, e udito la sua voce, ma soltanto adesso arriviamo a conoscerla pienamente e a constatarne il carattere deciso e indomabile, grazie a una cavatina che non era presente né in Beaumarchais né in Paisiello, ma è tutto frutto dell'ingegno di Sterbini e Rossini. Altro (ennesimo) brano celebre dell'opera, immancabile nel repertorio di ogni soprano di coloratura che si rispetti (anche se la parte originale è stata scritta per contralto, vedi sotto), “Una voce poco fa” è un'aria che presenta notevoli difficoltà ma che si staglia immediatamente nella memoria dell'ascoltatore, in particolare per la vivace parte finale, la cabaletta, quella in cui la ragazza descrive sé stessa e la propria risoluzione con abbondanza di particolari:

Io sono docile, son rispettosa,
sono obbediente, dolce, amorosa;
mi lascio reggere, mi fo guidar.
Ma se mi toccano dov'è il mio debole
sarò una vipera e cento trappole
prima di cedere farò giocar.
Rosina è consapevole della propria situazione, di cosa la società si aspetti da una ragazza giovane e di buona famiglia come lei, ovvero di apparire “docile”, “obbediente” e di farsi “guidar”. Ma al tempo stesso non è per nulla disposta a rimanere sottomessa a ogni costo: intende far valere le proprie ragioni e conquistarsi il diritto alla felicità, al punto da diventare “una vipera” di fronte ai soprusi. Non è la tipica damigella in pericolo, umile, fragile, repressa e in sola attesa di un principe azzurro che la salvi, come ci potevamo forse aspettare (è un classico luogo comune del teatro, dopotutto!): dimostra invece intraprendenza e determinazione, tanto da farci sospettare che in fondo l'intervento di Figaro non era nemmeno così necessario (impressione che sarà confermata nel duetto successivo fra la ragazza e il barbiere, quando esibirà anche astuzia e capacità di dissimulazione). Che Rosina sia inoltre scaltra e intelligente quanto e più di Figaro, lo dimostreranno le tante situazioni, nel corso dell'opera, in cui non solo coglierà di primo acchitto le idee e le macchinazioni di Figaro e del Conte, seguendo la loro linea di pensiero senza nemmeno essere imbeccata, ma sarà spesso lei a dare l'input o a escogitare trovate per uscire dai momenti più difficili.
Sino ad ora lo spettatore non ha avuto modo di conoscere il carattere di Rosina, oggetto di tante affettuose cure del Conte: compositore e librettista rimediano ponendo in apertura di questa seconda mutazione una cavatina che ne delinea alla perfezione i tratti. Se nel cantabile i versi adombrano una certa tenerezza («il mio cor ferito è già» ecc.), Rossini pone l’accento sulla ferma determinazione della ragazza di unirsi a Lindoro, risolutezza che fa il paio con quella analoga del Conte: lo rivelano le decise puntature acute, seguite da una grandinata di note discendenti, in corrispondenza del verso «Sì, Lindoro mio sarà». Nella cabaletta successiva il personaggio esprime più distesamente il suo carattere, docile sino a quando non viene punto nel suo debole: Rossini descrive tale puntura con una linea vocale che, se sino ad adesso era rimasta stabilmente nei registri medio-acuti, ora si inabissa improvvisamente nei meandri bassi del registro di contralto (uno di quei passi che non poteva essere messo molto in risalto sino a qualche decennio fa, quando la parte di Rosina era a prevalente appannaggio dei soprani).
(Stefano Piana)
Da notare come la partitura di questa cabaletta rappresenti un altro caso di “autoimprestito”: esattamente come la sinfonia, prima di giungere al “Barbiere” passa dall'“Aureliano in Palmira” (“Non lasciarmi in tal momento”) e dalla “Elisabetta regina di Inghilterra” (“Questo cor ben lo comprende”). Come spiega Piana, nel primo caso “dava voce ai propositi bellicosi di Arsace” e nel secondo ritraeva “i segreti palpiti d'amore della protagonista. […] Un’unica melodia, dunque, transitata per tre opere diversissime e che descrive tre stati d’animo altrettanto lontani; eppure, in ciascuna tappa, sempre pertinente”.

Rosina giunge dunque a completare il terzetto dei protagonisti “positivi” insieme a Figaro e al Conte, e anche musicalmente vedremo spesso i tre personaggi su un piano di parità (con il culmine nel terzetto del secondo atto). Come già accennato (anche da Piana), il ruolo era stato scritto originariamente per un contralto di coloratura, registro vocale che nel corso dell'Ottocento è andato via via scomparendo, costringendo di fatto gli allestitori a trasferire la parte a un mezzosoprano o a un soprano leggero. Soltanto in anni recenti, in epoca di recupero filologico, si è tornati al registro originale. La coloratura è evidente dal fatto che le interpreti hanno la capacità di sbizzarrirsi (chi più, chi meno, naturalmente) negli ornamenti, abbellendo a piacimento la parte finale dell'aria, a volte anche esagerando. Una leggenda vuole che lo stesso Rossini, dopo aver udito un'interpretazione particolarmente agile e ricca di eccessi virtuosistici ad opera del soprano Adelina Patti, si fosse congratulato con la cantante chiedendole con ironia “Bravissima! E chi è l’autore di quest’aria?”.



Una compilation di interpretazioni con acuto finale

Alla prima esecuzione Rossini affidò la parte alle cure di Gertrude Righetti-Giorgi […], che un anno dopo avrà l’onore di sostenere la parte della protagonista alla première della Cenerentola. La parte che il compositore preparò per lei, se si escludono alcuni affondi nel registro grave […], si muove prevalentemente nel registro centrale con diverse escursioni nella parte acuta, cosa che in qualche modo finì per favorire col tempo l’uso di affidare il ruolo a un soprano, ovviamente riscrivendo tutte quelle sezioni dove la tessitura si faceva troppo bassa. Negli ultimi decenni tale consuetudine è andata via via scomparendo, e Rosina è tornata appannaggio dei contralti, così come Rossini l’aveva concepita.
(Stefano Piana)

Clicca qui per il testo di "Una voce poco fa".

(Camera nella casa di don Bartolo. Di prospetto la finestra con gelosia, come nella scena prima. Rosina, sola.)

ROSINA
Una voce poco fa
qui nel cor mi risuonò;
il mio cor ferito è già,
e Lindor fu che il piagò.
Sì, Lindoro mio sarà;
lo giurai, la vincerò.
Il tutor ricuserà,
io l'ingegno aguzzerò.
Alla fin s'accheterà
e contenta io resterò.
Sì, Lindoro mio sarà;
lo giurai, la vincerò.
Io sono docile, son rispettosa,
sono obbediente, dolce, amorosa;
mi lascio reggere, mi fo guidar.
Ma se mi toccano dov'è il mio debole
sarò una vipera e cento trappole
prima di cedere farò giocar.



Teresa Berganza (Rosina)
dir: Claudio Abbado (1971)


Anna Moffo (1967)


Maria Callas (1954)


Anna Bonitatibus (2005)


Beverly Sills (1976)


Kathleen Battle (1984)


Diana Damrau (2007)

Joyce DiDonato (2007)


Antonina Nezhdanova (1913), in russo ma notevole


due scene dal film "Quarto potere" (1941) di Orson Welles