28 ottobre 2010

Turandot (4) - La luna

Scritto da Marisa

Non possiamo capire "Turandot" se non teniamo conto dell'atmosfera in cui si svolge. Non parlo dell'ambientazione orientale, le cineserie, come erano chiamate ai tempi in cui Carlo Gozzi scrisse la favola e in cui andavano di moda. Questa serve solo a creare distanza, a collocare la storia "lontano, lontano..." e illo tempore, come deve essere in tutte le favole per far emergere meglio alla distanza il loro significato universale. Parlo invece dell'atmosfera, del momento temporale in cui è posta la vicenda e che si rivela fondamentale per il suo significato simbolico.
Ebbene, l'opera inizia a sera inoltrata, in piena atmosfera lunare – in realtà la luna non è ancora sorta, la stanno aspettando invocandola ("Perché tarda la luna?") – e si svolge praticamente tutta di notte ("Nessun dorma"...) fino a risolversi all'alba, quando la vittoria di Calaf coincide con il sorgere del sole.

È ormai patrimonio collettivo il riconoscimento che il simbolismo della luna è tutto al femminile ("Casta diva"...), mentre quello del sole è al maschile. Ma cosa vuol dire questo, e perché è così importante?

Cominciamo col dire che simbolo non è allegoria (qualcosa cioè che sta al posto di un'altra cosa, può sostituirla e può anche essere costruita intenzionalmente), ma è un'immagine che si impone spontaneamente nella coscienza, scaturendo dalle profondità dell'inconscio collettivo, e rappresenta il miglior ponte, la migliore soluzione per unire i due opposti e per rappresentare i tanti elementi che tra loro sarebbero in contraddizione.

La parola "simbolo" viene infatti dal greco syn – ballein, che vuol dire "mettere insieme, unire", ed era usata concretamente per denominare delle tavolette o medaglie che al momento di una partenza o una missione, magari diplomatica, venivano spezzate e i frammenti erano tenuti dai due componenti (chi partiva e chi restava): solo grazie al loro combaciamento, al momento del reincontro, si era certi dell'autenticità a garanzia della riunificazione.
Il simbolo tende quindi a ricostruire una "unità originaria", una pienezza di significato, che la nostra coscienza troppo differenziata tende a perdere e a frammentare. Il contrario del "simbolico" è significativamente il "diabolico" (da dia – ballein = "separare"), il separatore, ciò che divide e frammenta l'unità originaria. Il diavolo ha separato l'uomo da Dio.

Dopo quest'excursus, necessario per capire la qualità del simbolo, torniamo a Turandot e alla luna. Abbiamo detto che la luna rappresenta un simbolo femminile, ma già qui incontriamo una difficoltà, perché il nostro linguaggio, ormai cristallizzato in poche codificazioni, identifica "femminile" con la donna, cioè la femmina della specie umana.
Ebbene, per il significato simbolico non è così. Il "femminile" e il "maschile" cui si allude quando compaiono nei simboli sono aspetti archetipici, quindi contengono un elemento transpersonale, una specie di matrice che porta con sé delle caratteristiche particolari che, proprio perché risiedono e agiscono nelle profondità della struttura psichica, sono comuni a tutti gli esseri umani, uomini e donne. Va da sé che, se sono stati chiamati così, ci saranno delle analogie più vicine al modo in cui la donna o l'uomo si riconoscono e si sono strutturati, sia biologicamente che psicologicamente e socialmente.

La caratteristica più evidente della luna, quella che ha da sempre ha colpito l'immaginazione anche dei nostri primitivi antenati, è la sua variabilità; non solo rispetto al sorgere e al tramontare, ma per la sua caratteristica di crescere, ingrossarsi, decrescere e diminuire fino a scomparire, per poi ritornare con la nuova fase, con un ritmo ben preciso di 28 giorni.
L'analogia tra la luna che cresce fino alla rotondità della sua pienezza e la pancia della donna, che si ingrossa nella gravidanza fino a far nascere un bambino e poi si sgonfia, ha portato, quando ancora non si conosceva il ruolo dell'uomo nel concepimento (più a lungo di quanto si pensi), a riconoscere nella luna il "signore delle donne" e ad attribuire alla penetrazione del suo raggio l'effetto fecondante.
Non sto a parlare, per ovvie ragioni di spazio, dei numerosissimi miti e leggende su questi aspetti, comuni praticamente a tutti i popoli e che si possono trovare in molti libri di storia delle religioni primitive o in quelli di psicologia analitica da Jung in poi, primo fra tutti il bellissimo lavoro della dottoressa M. Esther Harding, "I misteri della donna" (ed. Astrolabio), a cui rimando per chi volesse approfondire.
Analogamente, la luna è diventata direttamente garante di tutto "quello che cresce", della fertilità e fecondità della natura vegetativa e animale. Ancora adesso i nostri contadini sanno che per seminare, raccogliere o tagliare, affinché l'operazione vada a buon fine, bisogna rispettare le fasi della luna...

Ma la luna non è solo e sempre benefica e garante di fecondità (Iside, Artemide...); c'è anche la "luna nera", l'aspetto inquietante e negativo, legato alla morte e alla distruzione: l'altra faccia che ogni archetipo porta con sé e che mitologicamente è rappresentato da Kalì, da Ecate e da altre dee dall'aspetto terrificante.
Inoltre la luna, appartenendo alla notte, ha a che fare con tutti i significati legati a essa, in senso sia positivo che negativo: matrice della coscienza, ma rappresentante delle tenebre e dell'inconscio rispetto al sole che si pone come rappresentante della luce della coscienza diurna e centro del mondo maschile.

Turandot si sovrappone immediatamente al simbolismo lunare nel suo aspetto inquietante e negativo: viene invocata e compare insieme alla luna, e conferma la sua sentenza di morte che viene eseguita proprio al sorgere della luna.
La melodia che prepara l'apparizione della luna e di Turandot è magistralmente evocativa, e assai interessanti sono le parole indirizzate alla luna: "testa mozza", "squallida", "esangue", "pallida", "taciturna", "funereo lume dei cimiteri", "amante smunta dei morti"... Ce n'è quanto basta per capire che qui l'aspetto presente della luna è il suo lato mortifero.
E questo caratterizza anche Turandot: essa viene invocata con le parole "Bianca al pari della giada, fredda come quella spada...". È la crudele principessa che sfida gli uomini, quelli hanno la sventura di innamorarsi di lei, con enigmi difficilissimi e li condanna con freddezza e determinazione a una morte orribile.
L'editto con cui si apre l'opera parla chiaro: "Popolo di Pechino, la legge è questa". Ma in tutta questa lugubre attesa, il misterioso coro dei ragazzi ("Là sui monti dell'Est..."), con la sua musica meravigliosa e suggestiva, introduce un elemento trasformativo: la speranza o forse la premonizione che le cose possano cambiare, il gelo sciogliersi e l'albero rifiorire...
Vedremo nel secondo atto il perché di tanta negatività e i motivi della scelta vendicativa della principessa.

Clicca qui per il testo di "Perché tarda la luna?".

LA FOLLA
Perché tarda la luna? Faccia pallida! Mostrati in cielo! Presto, vieni!
Spunta! O testa mozza! O squallida! Vieni! Spunta! Mostrati in cielo!
O testa mozza! O esangue! O esangue, o squallida!
O taciturna! O amante smunta dei morti! O taciturna, mostrati in cielo!
Come aspettano, o taciturna, il tuo funereo lume i cimiteri!
O esangue, squallida! O testa mozza! Ecco laggiù un barlume!
Vieni, presto, spunta! O testa mozza, spunta! Vieni! O testa mozza, vieni!
Mostrati, o faccia pallida! O faccia pallida! O esangue, pallida!
Vieni, amante smunta dei morti! O amante smunta dei morti! Vieni, vieni, spunta!
Ecco laggiù un barlume, dilaga in cielo, la sua luce smorta!

TUTTI
Pu-Tin-Pao! La luna è sorta!

RAGAZZI
Là sui monti dell'Est la cicogna cantò.
Ma l'april non rifiorì, ma la neve non sgelò.
Dal deserto al mar non odi tu mille voci sospirar:
"Principessa, scendi a me! Tutto fiorirà, tutto splenderà!"
Ah!



direttore: Zubin Mehta



direttore: Francesco Molinari-Pradelli

2 commenti:

giacy.nta ha detto...

Più che un commento, il mio è un ringraziamento. Non ho mai ascoltato la Turandot e sono davvero poche le rappresentazioni di opere liriche a cui ho assistito.
Incontrare così per la prima volta un'opera è un'esperienza bellissima, è bene che lo sappiate...


Marisa ha detto...

Spero che avrai la pazienza di andare fino in fondo. Turandot è un'opera unica e bellissima, da ascoltare e riascoltare sempre con amore. I brani qui selezionati sono tutti ad alto livello e imparerai a conoscerne le sfumature.
Questi cori sulla luna poi sono veramente suggestivi e molto importanti per determinare l'atmosfera e i significati emotivi di tutta l'opera.