Il primo atto si conclude con una lunga sequenza di cui è di scena soltanto Violetta (con l'eccezione di un breve momento in cui alla sua voce si intreccia quella di Alfredo, che si ode cantare dall'esterno). La festa è finita, gli ospiti se ne sono andati, e la ragazza è rimasta sola nelle sue stanze a riflettere sulle parole del giovane appena conosciuto. Soltanto ora ("È strano! È strano!") si rende conto che la sua dichiarazione d'amore l'ha commossa più di quanto non le fosse sembrato inizialmente: per un attimo si domanda se non possa essere anche lei capace di donarsi in modo puro e disinteressato a un sol uomo, riconoscendo la superficialità della propria vita improntata al godimento. Nell'aria "Ah, fors'è lui" rivela così il suo intimo desiderio di amare e di essere amata veramente, e la speranza che Alfredo sia colui che da tempo attendeva, il salvatore venuto a riportarle pace e serenità. Ma subito cerca di scacciare queste idee ("Follie!") e si propone di rivolgere nuovamente il proprio pensiero alle feste, al piacere e alla vita mondana ("Sempre libera degg'io / folleggiar di gioia in gioia"). Per un attimo la voce di Alfredo, che canta da sotto il balcone il brano già intonato in precedenza ("Di quell'amor ch'è palpito..."), torna a turbarla: ma rapidamente manifesta nuovamente l'intenzione di rifiutare, almeno per ora, la sua offerta d'amore.
L'intera sequenza, fondamentale per la caratterizzazione del personaggio, è un susseguirsi di brani toccanti e vivaci, diversissimi fra loro come sono diversi gli stati d'animo che la protagonista attraversa: lo stupore, la speranza, l'illusione, la tenerezza, il rifiuto, il desiderio, la decisione. Se durante la festa Violetta aveva dovuto dissimulare le proprie condizioni di salute e nascondere ogni incertezza per continuare ad apparire felice come al solito, e come tutti si attendono da lei, ora che è sola nell'intimità può finalmente mostrare tutta la propria inquietudine e ammettere di sentirsi "abbandonata in questo popoloso deserto che appellano Parigi": riconoscendo cioè che quella dei compagni di baldoria che la circondano ("L'amistà qui s'intreccia al diletto") è un'amicizia fin troppo facile e priva di solide basi, e dunque di valore; anche per questo è rimasta colpita dall'affetto di Alfredo, che invece pare sincero, così diverso dal Barone o dagli altri suoi amanti, ed è forse in grado di riempire il vuoto che l'attanaglia. Momento irrinunciabile nella carriera di ogni soprano verista, la cabaletta "Sempre libera degg'io" è stata resa celebre da cantanti come Maria Callas e Renata Tebaldi.Clicca qui per il testo del brano.
VIOLETTA
È strano! È strano!
In core scolpiti ho quegli accenti!
Sarìa per me sventura un serio amore?
Che risolvi, o turbata anima mia?
Null'uomo ancora t'accendeva,
o gioia ch'io non conobbi,
essere amata amando!
E sdegnarla poss'io
per l'aride follie del viver mio?
Ah, fors'è lui che l'anima
solinga ne' tumulti
godea sovente pingere
de' suoi colori occulti!
Lui che modesto e vigile
all'egre soglie ascese,
e nuova febbre accese,
destandomi all'amor!
A quell'amor ch'è palpito
dell'universo intero,
misterioso, altero,
croce e delizia al cor.
Follie! Follie!
Delirio vano è questo!
Povera donna, sola, abbandonata
in questo popoloso deserto
che appellano Parigi.
Che spero or più?
Che far degg'io?
Gioire!
Di voluttà nei vortici perir!
Gioir!
Sempre libera degg'io
folleggiar di gioia in gioia,
vo' che scorra il viver mio
pei sentieri del piacer.
Nasca il giorno, o il giorno muoia,
sempre lieta ne' ritrovi,
a diletti sempre nuovi
dee volare il mio pensier.
ALFREDO
(sotto al balcone)
Amor ch'è palpito...
VIOLETTA
Oh!
ALFREDO
...dell'universo intero...
VIOLETTA
Oh! Amore!
ALFREDO
...misterioso, altero,
croce e delizia al cor.
VIOLETTA
Follie!
Gioir!
Sempre libera degg'io...
(ecc.)
Anna Moffo (da "Follie!")
Maria Callas | Renata Scotto |
Renata Tebaldi (da "Follie!") | Montserrat Caballé (da "Ah, fors'è lui") |
Joan Sutherland | Anna Netrebko |
Frequente anche l'uso che ne è stato fatto al cinema. Cito qui i due esempi più famosi. La memorabile sequenza de "I pugni in tasca" (1965), il film d'esordio di Marco Bellocchio:
E la pellicola australiana "Priscilla, la regina del deserto" (1994) di Stephan Elliott:

Lo spettacolare primo atto de "La traviata" si apre nella casa parigina della protagonista, la gaudente cortigiana Violetta Valèry, che attende gli ospiti per un grande ricevimento mondano per festeggiare la sua guarigione dopo una breve indisposizione (da notare, dunque, che il tema della malattia di Violetta viene introdotto sin dall'inizio, persino in questo primo atto di gioia e di feste). Fra gli invitati – che giungono con un leggero ritardo ("Dell'invito trascorsa è già l'ora") – c'è Flora Bervoix, la più cara amica di Violetta, con il suo amante, il Marchese d'Obigny; a loro si unisce Gastone, Visconte de Létorières, che ha condotto con sé un caro amico, il giovane Alfredo Germont. Gastone presenta Alfredo a Violetta, spiegandole che è un suo ammiratore segreto e che si è recato ogni giorno a chiedere notizie sul suo stato di salute: molto più di quanto non abbia fatto l'attuale "protettore" e amante ufficiale di Violetta, il Barone Douphol. La ragazza scherza e mostra di apprezzare le attenzioni e la galanteria di Alfredo, che invece infastidiscono non poco lo scostante barone. Questi, invitato ad aprire i brindisi con un canto, rifiuta. Gastone chiede allora di farlo ad Alfredo, che inizialmente si mostra riluttante. Ma poi, supplicato anche da Violetta, intona un inno alle gioie del vino e del piacere: "Libiamo ne' lieti calici". Durante il canto, c'è anche un rapido scambio di battute fra Alfredo e Violetta sulla supremazia dell'amore fra le delizie della vita. Da notare, poi, le parole di Violetta che richiamano il tema della fugacità, come al solito associato ai fiori: "Godiam, fugace e rapido / è il gaudio dell'amore; / è un fior che nasce e muore / né più si può goder".
L'opera si apre con "un toccante preludio che stabilisce un senso di tragedia imminente", e il cui struggente tema iniziale verrà ripreso al principio dell'atto conclusivo: ma presto la musica, all'inizio così sofferente, si scioglie nella melodia cantabile di "Amami, Alfredo", inno dell'amore appassionato e disinteressato di Violetta (la ragazza lo intonerà al termine della prima scena del secondo atto, quando avrà già deciso di farsi da parte su richiesta del vecchio Germont). Proseguendo, il brano si fa leggero e frivolo, come a evocare (attraverso i movimenti degli archi) le gioie della vita mondana: giusto in tempo per la festa che apre l'azione sul palco.
L'osservazione di Christian sulla prevalenza di nomi floreali in quest'opera mi ha attivato delle riflessioni che desidero ampliare perché, se ogni dettaglio può racchiudere un prezioso significato, i nomi hanno sicuramente un'indicazione privilegiata, portandoci al cuore dell'identità più segreta di ognuno. Gli artisti, anche se non se ne rendono conto razionalmente, lo intuiscono; e spesso la scelta si impone inconsciamente e quindi direttamente dallo spirito del profondo, che non sbaglia mai. Sappiamo quale importanza cruciale abbiano i nomi per i primitivi, tanto da tenerli a volte segreti proprio per non disperdere la loro identità o farsela rubare; spesso, come per gli Indiani d'America, ai bambini veniva dato un nome provvisorio perché il vero nome doveva essere rivelato più tardi, per mezzo di una visione nel momento dell'iniziazione. E così il guerriero più temerario e indomito diventava "Cavallo Pazzo", il capo più riflessivo e saggio "Toro Seduto", ecc...
Sulla caducità e lo struggimento per la bellezza e l'effimero che la visione dei fiori ci procura, hanno lavorato tutti i poeti e in particolare
Per quanto riguarda il rapporto con la sessualità, oltre a ricordare che effettivamente i fiori rappresentano la sessualità delle piante, che affidano alla loro bellezza e al profumo la possibilità di riprodursi attraverso lo spargimento del polline ad opera degli insetti così attirati, non si può non ricorrere a
Ricordo che Kama, il dio dell'amore nella mitologia indiana, ha sulla punta del suo arco proprio un fiore...
Violetta dunque ci commuove così tanto perché incarna, già col suo nome, la bellezza della nostra primavera che svanisce così presto, e inesorabilmente la nostra innocenza perduta, il piacere della sessualità e dell'amore così fugaci nel loro apparire e sparire... Ma non solo questo. Vedremo poi come il suo sacrificio si collochi e come porti a maturazione un passaggio evolutivo di consapevolezza.



