Terminato il brindisi, la festa continua: da un altro salone si ode la musica delle danze. Tutti si trasferiscono di là, tranne Violetta che, colta da improvvisa debolezza e sull'orlo di uno svenimento, preferisce fermarsi un attimo a riposare. Mentre osserva allo specchio il proprio pallore, si rende conto che nella stanza è rimasto anche Alfredo, preoccupato, che la prega di avere maggior cura di sé: il suo stile di vita potrebbe costarle caro. Il giovane coglie l'occasione per dichiararle il proprio amore. Stupita, lei se ne prende gioco: come può amarla se la conosce appena? Ma Alfredo le spiega di essere ormai invaghito di lei già da un anno, da quando cioè l'ha vista per la prima volta ("Un dì felice, eterea"). Il tema musicale che accompagna le sue parole ("Di quell'amor ch'è palpito") ritornerà più volte nel resto dell'atto e in tutta l'opera. Violetta, pur toccata dai suoi sentimenti, insiste nel voler rifiutare il suo amore ma non la sua amicizia, e lo invita a tornare da lei il giorno dopo (quando il fiore – ancora fiori! – che lei gli dona sarà appassito). Alfredo se ne va felice, mentre gli altri ospiti fanno ritorno dal salone delle danze e si accomiatano cantando ("Si ridesta in sen l'aurora").
Dal testo del duetto si nota subito quanto Alfredo tenda a idealizzare il proprio sentimento e l'oggetto di questo, al punto da farne il centro di tutto l'universo e dimenticare ogni altra cosa, come vedremo anche nell'aria che apre il secondo atto ("De' miei bollenti spiriti"). Di contro, Violetta appare più pragmatica e realista (e sembra quasi prenderlo in giro, definendo il suo un "così eroico amor"). Anche quando in seguito cederà a sua volta alla forza dell'amore, manterrà sempre i piedi piantati per terra (si preoccuperà, per esempio, del denaro necessario a conservare il proprio tenore di vita, cosa che ad Alfredo – perso nella passione – non passerà nemmeno per la testa).
Clicca qui per il testo del brano.
ALFREDO
Un dì felice, eterea,
mi balenaste innante,
e da quel dì, tremante,
vissi d'ignoto amor.
Di quell'amor ch'è palpito
dell'universo intero,
misterioso, altero,
croce e delizia al cor.
VIOLETTA
Ah, se ciò è ver, fuggitemi,
solo amistade io v'offro:
amar non so, né soffro
un così eroico amor.
Io sono franca, ingenua;
altra cercar dovete;
non arduo troverete
dimenticarmi allor.
Frank Lopardo e Angela Gheorghiu
Luciano Pavarotti e Joan Sutherland | Giuseppe Di Stefano e Maria Callas |
Rolando Villazón e Anna Netrebko
Al cinema il brano è stato usato da Woody Allen (in "Match Point") e da Rainer Werner Fassbinder ne "Le lacrime amare di Petra Von Kant".
0 commenti:
Posta un commento