10 novembre 2012

La Cenerentola (9) - "Signor, una parola"

Scritto da Christian

Quartetto – e poi quintetto – di notevole ricchezza musicale: usciti di casa i cortigiani, il “principe” e le sorellastre, Angelina chiede al patrigno il permesso di recarsi alla festa, ma Don Magnifico rifiuta sdegnosamente (la sequenza degli improperi va in crescendo, passando dal complimento ironico – “la bella Venere” – all'insulto vero e proprio). Ramiro, che sperava di rivedere la ragazza, è rimasto da parte a osservare ed è presto raggiunto da Dandini, tornato sui suoi passi per vedere che cosa sta trattenendo il suo padrone (il valletto usa un'espressione, “Cos'è? Qui fa la statua?”, che ripeterà più tardi nel finale del primo atto, “Ma non facciam le statue”, nel senso di “non rimaniam qui immobili”: si ricordi il “Guarda Don Bartolo / sembra una statua” di Figaro).

Nel momento in cui Don Magnifico dalle parole sta per passare ai fatti (alzando cioè minacciosamente il bastone per colpire Cenerentola), ecco che Ramiro e Dandini intervengono. Naturalmente il barone non avrebbe avuto problemi a bastonare la figliastra se a frapporsi fra loro fosse stato soltanto lo “scudiero” Ramiro, ma di fronte al “principe” non può far altro che giustificarsi, alternando comicamente epiteteti ingiuriosi (rivolti ad Angelina) ed ossequiosi (a Dandini). La povera Cenerentola cerca timidamente di far sentire la propria voce, ma è zittita dal patrigno. A questo punto, il quartetto diventa un quintetto con il rientro di Alidoro, che nel frattempo ha smesso i cenci da mendicante e tornato momentaneamente nei panni del filosofo e del sapiente di corte.

Alidoro reca con sé il “codice delle zitelle” – grandiosa invenzione, comicamente rossiniana – ovvero il registro delle donne da maritare che mostra ai presenti nel tentativo di mettere in difficoltà Don Magnifico e costringerlo ad autorizzare la partecipazione di Cenerentola alla festa. Secondo il codice, infatti, nella casa risiederebbe una terza figlia. Il barone prova innanzitutto a negare (“Che terza figlia mi va figliando?”) ma poi, costretto dall'evidenza, cambia strategia e afferma che la terza figlia è morta. Come già detto, il suo scopo non è tanto impedire che Angelina vada alla festa (non la ritiene infatti una possibile rivale per Clorinda e Tisbe) quanto evitare che si scopra che si è impadronito del suo patrimonio.

A questo proposito, è interessante una nota di Giovanni Christen a proposito della battuta “Guardate qui” di Alidoro:

Nella prima stesura del libretto la battuta è detta da Don Magnifico, fra le minacce a Cenerentola. Ma cosa sta mostrando? Egli afferma che la figliastra è morta. Forse è la prima scusa che ha saputo trovare, forse freudianamente è ciò che si augura. Ma non si può escludere abbia addirittura dichiarato ufficialmente il decesso della figliastra per poterne disporre del capitale, e la battuta sembra significare l'esibizione di un certificato di morte. Infatti gli altri, pur non convinti, ora sembrano doversi arrendere all'evidenza. Rossini comunque nel mettere in musica ha passato la battuta ad Alidoro, che quindi richiama l'attenzione di Don Magnifico al proprio registro.
(Non è l'unico caso in cui il compositore, musicando il libretto, ha cambiato l'attribuzione di qualche frase. Un altro esempio, assai meno significativo, è il “Eh! niente niente”, all'inizio del secondo atto, che da Clorinda è passato a Tisbe.)

Il lungo numero musicale si sviluppa con un ulteriore quintetto, “Nel volto estatico”, in cui tutti i presenti, guardandosi vicendevolmente, indagano i rispettivi pensieri. Di fronte all'ira di Don Magnifico nei confronti della serva, anche Dandini, Ramiro ed Alidoro si rendono conto di non poter far nulla per costringerlo a cambiare opinione, e lasciano la casa. Cenerentola rimane così sola. Nella fiaba (e nel cartone animato di Walt Disney) questo sarebbe il momento giusto per l'ingresso in scena della fata... ma nell'opera di Rossini, come già ricordato, le cose vanno diversamente.

Clicca qui per il testo del brano.

CENERENTOLA
Signor, una parola:
in casa di quel Principe
un'ora, un'ora sola
portatemi a ballar.

DON MAGNIFICO
Ih! Ih! La bella Venere!
Vezzosa! Pomposetta!
Sguaiata! Cova-cenere!
Lasciami, deggio andar.

DANDINI
(tornando indietro, ed osservando Ramiro immobile)
Cos'è? Qui fa la statua?

RAMIRO
(sottovoce a Dandini)
Silenzio, ed osserviamo.

DANDINI
Ma andiamo o non andiamo?

RAMIRO
Mi sento lacerar.

CENERENTOLA
Ma una mezz'ora... un quarto...

DON MAGNIFICO
(alzando minaccioso il bastone)
Ma lasciami o ti stritolo.

RAMIRO E DANDINI
(accorrendo a trattenerlo)
Fermate!

DON MAGNIFICO
(sorpreso, curvandosi rispettoso a Dandini)
Serenissima!
(ora a Dandini ora a Cenerentola)
Ma vattene! – Altezzissima!
Servaccia ignorantissima!

RAMIRO E DANDINI
Serva?

CENERENTOLA
Cioè...

DON MAGNIFICO
(mettendole una mano sulla bocca e interrompendola)
Vilissima,
d'un'estrazion bassissima,
Vuol far la sufficiente,
la cara, l'avvenente,
e non è buona a niente.
(minacciando e trascinando)
Va' in camera, va' in camera
la polvere a spazzar.

DANDINI
(opponendosi con autorità)
Ma caro Don Magnifico,
via, non la strapazzar.

RAMIRO
(fra sé, con sdegno represso)
Or ora la mia collera
non posso più frenar.

CENERENTOLA
(con tuono d'ingenuità)
Signori, persuadetelo;
portatemi a ballar.
Ah! Sempre fra la cenere,
sempre dovrò restar?

(Nel momento che Don Magnifico staccasi da Cenerentola ed è tratto via da Dandini, entra Alidoro con taccuino aperto.)

ALIDORO
Qui nel mio codice
delle zitelle
con Don Magnifico
stan tre sorelle.
(a Don Magnifico con autorità)
Or che va il Principe
la sposa a scegliere,
la terza figlia
io vi domando.

DON MAGNIFICO
(confuso ed alterato)
Che terza figlia
mi va figliando?

ALIDORO
Terza sorella...

DON MAGNIFICO
(atterrito)
Ella... morì.

ALIDORO
Eppur nel codice
non v'è così.

CENERENTOLA
(Ah! Di me parlano.)
(ponendosi in mezzo con ingenuità)
No, non morì.

DON MAGNIFICO
Sta' zitta lì.

ALIDORO
Guardate qui!

DON MAGNIFICO
(balzando Cenerentola in un cantone)
Se tu respiri,
ti scanno qui.

RAMIRO, DANDINI E ALIDORO
Ella morì?

DON MAGNIFICO
Altezza, morì.

(Momento di silenzio.)

TUTTI
(guardandosi scambievolmente)
Nel volto estatico
di questo e quello
si legge il vortice
del lor cervello,
che ondeggia e dubita
e incerto sta.

DON MAGNIFICO
Se tu più mormori
solo una sillaba
un cimiterio
qui si farà.

CENERENTOLA
Deh soccorretemi,
deh non lasciatemi.
Ah! Di me, misera
che mai sarà?

RAMIRO
Via, consolatevi.
Signor, lasciatela.
(Già la mia furia
crescendo va.)

ALIDORO
Via, meno strepito,
fate silenzio,
o qualche scandalo
qui nascerà.

DANDINI
Io sono un Principe
o sono un cavolo?
Vi mando al diavolo:
venite qua.

(Dandini esce, tutti lo seguono. Cenerentola corre in camera.)




Frederica Von Stade (Cenerentola), Paolo Montarsolo (Don Magnifico), Francisco Araiza (Ramiro),
Claudio Desderi (Dandini), Paul Plishka (Alidoro), direttore: Claudio Abbado


Sonia Ganassi (Cenerentola), Alfonso Antoniozzi (Don Magnifico), Antonino Siragusa (Ramiro),
Marco Vinco (Dandini), Simon Orfila (Alidoro), direttore: Renato Palumbo


Elina Garanča (Cenerentola), Alessandro Corbelli (Don Magnifico), Lawrence Brownlee (Ramiro),
Simone Alberghini (Dandini), John Relyea (Alidoro), direttore: Maurizio Benini