10 gennaio 2014

Don Giovanni (17) - Donna Anna, l'ambivalenza

Scritto da Marisa

Il primo ad accorgersi, o per lo meno ad esplicitare l'ambiguità dei sentimenti di Donna Anna, è stato il grande Puškin, che nel microdramma “Il convitato di pietra” rimaneggia la vicenda rendendola inequivocabile. Del resto è stato lo stesso Puškin a sdoganare nel suo “Mozart e Salieri” la versione dell'avvelenamento di Mozart da parte del compositore rivale, cosa sicuramente non vera a livello storico ma di grande pregnanza e valore a livello immaginale e psicologico, perché ha colto tutto il lato terribile e distruttivo dell'invidia e il dramma di chi vive la genialità, che è sempre uno stato di grazia e un dono assoluto, come una terribile ingiustizia rispetto alla fatica e ai sacrifici di una vita spesa unicamente per raggiungere una meta impossibile al comune talento.

Puškin colloca l'incontro tra Don Giovanni e Donna Anna nel cimitero in cui lui si è nascosto dopo essere tornato furtivamente a Madrid (da dove era stato bandito) e dove è sepolto Don Alvaro, il marito ucciso da Don Giovanni stesso (sembra del tutto casualmente o comunque non per la moglie, perché lui non la conosceva ancora). Lei vi si reca completamente vestita a lutto, tanto che il libertino chiede al frate che l'accompagna chi sia la donna velata e se sia bella, concependo immediatamente il disegno di sedurla, dapprima vestito da frate per poterla avvicinare e subito dopo presentandosi come Don Diego. Soltanto quando lei, ormai innamorata, gli accorda l'invito a casa sua, si rivela col suo vero nome e, pur dopo un violento conflitto nell'animo di Donna Anna che aveva promesso odio eterno all'uccisore del marito, riesce ad ottenerne ancora l'amore, grazie all'irresistibile e collaudatissima arte. La punizione arriva ugualmente dalla statua che in questo caso è quella di Don Alvaro, il marito ucciso e sbeffeggiato, invitata sacrilegamente a cena nella casa stessa della moglie.

Mi viene in mente, ma non so quanto Puškin ne fosse consapevole, che questa variante ancora più cinica riecheggia il comportamento di Riccardo III nella scena in cui lo scellerato principe seduce la cognata Anna (l'omonimia è sconcertante!) proprio davanti al cadavere del marito, il Principe di Galles, da lui stesso ammazzato... Ma Riccardo è dentro un'altra costellazione archetipica: la passione per il potere (Saturno che divora i suoi figli per restare il sovrano assoluto) e tutto il resto, compreso il corteggiamento serrato a Lady Anna, è finzione per raggiungere lo scopo, tanto che lo vedremo presto ripudiarla per sposare la nipote Elisabetta quando questo matrimonio si rivela più utile al consolidamento del potere, mentre Don Giovanni è sempre mosso dall'urgenza erotica e, in questo caso, la situazione è così intrigante da aumentare l'eccitazione della conquista, anche se momentanea.

Nell'opera di Mozart il conflitto nell'anima di Donna Anna è molto più nascosto e mai esplicitato, ma lo si può rintracciare in ogni apparizione, in ogni sua aria. Già all'inizio la vediamo in piena contraddizione: è appena stata oggetto di presunta violenza e si aggrappa disperatamente proprio al “violentatore” impedendogli di fuggire. “Non sperar, se non mi uccidi, ch'io ti lasci fuggir mai” sono le prime concitate parole che sentiamo da lei, e questo, se da un lato possono indicare la rabbia e il desiderio di assicurare alla giustizia il malfattore, dall'altra indicano il desiderio di trattenerlo comunque presso di sé. Tale ambivalenza, che serpeggia per tutto il resto dell'opera, rende tragica la figura di donna Anna e le conferisce un notevole spessore psicologico. Quando accoratamente piange la morte del padre, in tanta disperata tenerezza, non sentiamo contemporaneamente il dolore per un amante perso per sempre? E che dire della freddezza con cui tratta Don Ottavio, tanto che al suo primo apparire non lo riconosce nemmeno (“Tu sei...! Perdon... Mio bene...”), come se fosse ancora tutta occupata dalla violenta emozione procuratale dal recente assalto di un maschile completamente diverso da quello di un fidanzato così rispettoso...?

Nel famoso recitativo in cui, sollecitata, racconta tutto l'episodio della presunta violenza a Don Ottavio – strano che fino ad allora l'abbia taciuto come un segreto del cuore – confessa che in un primo tempo aveva scambiato l'intruso per il fidanzato stesso (possiamo pensare quindi che sia stato accolto amorevolmente) e solo a causa dell'impetuosa pressione, così diversa dal suo abituale comportamento, si rende conto non trattarsi di lui; da questo segue una lotta corpo a corpo da cui sembra uscirne vincitrice, nel senso che l'uomo scappa, ma viene inseguito... Ora una lotta corpo a corpo con Don Giovanni, il rappresentante più autentico del coinvolgimento erotico-dionisiaco, lascia sicuramente nelle più profonde ed intime fibre del corpo femminile un segno che difficilmente può essere annullato in breve tempo; ed infatti ancora alla fine del dramma vediamo Donna Anna chiedere un anno di tempo, con la plausibile scusa del lutto paterno, prima di concedersi a Don Ottavio, che da sempre l'adora.

Il conflitto che lacera l'animo di Donna Anna è quello tra il sentimento nobile, nutrito da una lunga “affinità elettiva” coltivata con Don Ottavio, e il coinvolgimento erotico-sessuale, che Don Giovanni le ha fatto conoscere in modo del tutto inatteso, anche brutale, ma che ha indubbiamente fatto riecheggiare una corda vitale, per quanto rimossa, anzi proprio perché rimossa più pronta ad esplodere e sentita come colpevole ed inconfessabile. Conosciamo conflitti leggendari tra passione-sentimento e affetto e dovere coniugale. Pensiamo a Tristano e Isotta, a Lancillotto e Ginevra per esempio. In questi casi, che hanno segnato la storia occidentale dell'amore nelle sue forme più romantiche e sublimi, il conflitto, pur riguardando un amore colpevole, viene nobilitato dall'alto sentire degli amanti e giustificato dalla dicotomia “passione”-”matrimonio” rappresentata archetipicamente da Afrodite e Hera: l'una signora degli impulsi amorosi e l'altra custode del sacro legame del matrimonio, aspetti diversi che solo lo sviluppo culturale dal medioevo in poi ha cercato di unificare e far combaciare.

Per Donna Anna la situazione è diversa perché Don Ottavio non è – o per lo meno non è ancora – suo marito e tra i due fino al momento del fatidico avvenimento c'è sì sentimento, ma sembra che manchi la passione che invece è presente in Tristano e Isotta e nella coppia Lancillotto-Ginevra, e Donna Anna se ne accorge soltanto dopo la brutale intrusione dello sconosciuto. Don Giovanni, come è nel suo archetipo che Rilke ha sottolineato, ha quindi in questo caso la precisa funzione di risvegliare, anche se bruscamente, la femminilità assopita e portare la donna ad una nuova – anche se dolorosa – consapevolezza di se stessa e del suo centro vitale.

5 commenti:

macroci ha detto...

Possibile che non venga in mente che donn'Anna assiste alla morte del padre dall'interno della villa? Solo dopo va in cerca di don Ottavio. Quando arriva sul posto finge di non aver già visto tutto ed il suo comportamento è vomitevole. C'è bisogno di ricordare il barbaro giuramento in quel momento? Il personaggio è solo spregevole!


Marisa ha detto...

Abissi dell'animo femminile!!!


macroci ha detto...

Marisa, la "signorina" Anna era terrorizzata che il padre potesse sorprenderla a letto con un uomo. Per questo avevano messo Leporello a far da sentinella. Non c'era altro motivo, in quanto la casa era piena di "servi e gente". Quando sente la fatidica parola "addio", lo confesserà poi lei stessa, incomincia a starnazzare come un'oca. Ti ricorda qualche altro personaggio dell'opera? Come da copione, accorre il padre, che equivoca quel che succede. Non spetterebbe a lei metter pace tra i due uomini, considerando anche il fatto che il padre è in pericolo? (Pace, pace, vita mia!) Ma lei invece fugge in casa! Può darsi che il cielo, un giorno, avrà pietà di lei. Ma Dio (forse)perdona, io NO!


Marisa ha detto...

"Pace, pace, vita mia" appartiene infatti non a Donna Anna, ma a Zerlina che, se hai la pazienza di leggere i miei post dedicati a lei, mi sembra effettivamente il personaggio femminile più maturo e che utilizza quella saggezza popolana che, secondo tutta la visione di Mozart (vedi Despina in "Così fan tutte" e lo stesso Figaro) spicca sempre a dispetto della isterica prosopopea dei nobili...


macroci ha detto...

Vedi, Marisa, Zerlina è davvero eroica. Lei rinuncia all'amore per salvare la vita al marito. Anche in questo caso abbiamo un finto stupro. Come è attuale quest'opera! Il problema è che si fa guidare dalla pietà e anche dal dubbio: "Mi può burlare ancor". Ma don Giovanni per il suo "gioiello" era disposto a viver solo con lei in un casinetto cedendo tutto a Masetto! Valeva la pena sacrificarsi per una persona così senza cuore ed egoista? Per uno che andava a trucidare don Giovanni accompagnato da altre persone ed armato con moschetto e pistola, insomma da un fifone? Se lui avesse provocato il cavaliere durante una scenata di gelosia, sfidandolo a duello e ne fosse uscito morto, l'unica cosa che si poteva dire sarebbe stata: "L'ha voluto, suo danno!" Peccato, piaceva tanto anche a me la Zerlina!