22 aprile 2016

La Bohème (13) - La barriera d'Enfer

Scritto da Christian



Il terzo quadro, che si svolge più di un mese dopo la fine del precedente (e dunque in pieno inverno: siamo a inizio febbraio), è intitolato "La barriera d'Enfer". Questa ("Il cancello dell'inferno"! ma l'etimologia non è certa) era una barriera doganale che faceva parte della cinta daziaria di Parigi, costruita ai tempi della rivoluzione francese. Era presidiata da doganieri che controllavano le merci che entravano in città e richiedevano, se necessario, il pagamento delle imposte. La barriera era situata nell'attuale Place Denfert-Rochereau e consisteva in due padiglioni in stile neoclassico, tuttora esistenti. Il libretto descrive con accuratezza lo scenario circostante: "Al di là della barriera, il boulevard esterno e, nell'estremo fondo, la strada d'Orléans che si perde lontana fra le alte case e la nebbia del febbraio, al di qua, a sinistra, un Cabaret ed il piccolo largo della barriera; a destra, il boulevard d'Enfer; a sinistra, quello di Saint-Jacques. A destra, pure, la imboccatura della via d'Enfer, che mette in pieno Quartiere Latino".

Come il secondo quadro, dunque, anche questo si svolge all'aperto, nelle strade della città e in mezzo alla gente (in contrasto, il primo e il quarto sono ambientati nell'intimità della soffitta dei nostri protagonisti). Ma l'atmosfera è completamente differente rispetto all'allegria e alla voglia di festeggiamenti che caratterizzava la scena nel Quartiere Latino: i due quadri conclusivi dell'opera, infatti, saranno una progressiva discesa nella malattia, nella nostalgia e nella tragedia. Qui si comincia in maniera ovattata, visto che siamo alle primissime luci dell'alba, sotto una fitta nevicata. La barriera è ancora chiusa, i doganieri sonnecchiano davanti a un braciere, e oltre la cancellata cominciano a presentarsi i primi lavoratori che devono entrare in città: innanzitutto gli spazzini, seguiti dalle contadine che vendono latticini e pollame. Nel frattempo, dalla vicina osteria giungono "ad intervalli, grida, cozzi di bicchieri, risate": sono gli ultimi nottambuli, che si scaldano all'interno del cabaret. E mentre la città comincia lentamente a risvegliarsi, in un intreccio musicale di voci, di cori e di suggestioni sonore, ecco che alla barriera fa la sua comparsa Mimì. Domanda di Marcello, che ha trovato lavoro (e alloggio) nell'osteria. Ma in realtà, come vedremo, è in cerca di Rodolfo, che quella stessa notte si è rifugiato dall'amico.

Mimì, alla disperata ricerca di Rodolfo, comparirà dopo che la musica ha descritto l’alba in un paesaggio invernale ai confini doganali di Parigi: un capolavoro di "tinta" sonora, dove l’orchestra viene impiegata per simulare la caduta dei fiocchi di neve. L’effetto è ottenuto mediante una frase discendente per gradi congiunti di flauti e arpa in staccato, che eseguono bicordi di quinte vuote parallele sopra a un analogo pedale vibratissimo dei violoncelli, cui si aggiungono poi gli altri archi. Lo stesso schema è poi mantenuto con cangianti disposizioni timbriche. All’interno del cabaret la voce di Musetta, che intona la melodia del valzer lento, rallegra gli ultimi nottambuli: i bicchieri tintinnano mentre già passano i lavoratori dell’alba. Nelle nebbie parigine le lattivendole e le paesane portano un pizzico di Toscana, mostrando «burro e cacio» e «polli ed ova» ai doganieri. L’esatta citazione del tema di Mimì, che accompagna l’entrata della ragazza, ci riporta al momento del suo ingresso nella soffitta e al suo temporaneo malore, là dove la musica aveva suggerito per la prima volta la sua fragilità fisica. Puccini tronca bruscamente il prosieguo conservandolo per il quadro successivo, quando la malattia si sarà definitivamente impadronita dell’eroina, ma intanto meno di cinque minuti di musica hanno definitivamente congedato ogni eco spensierata della felicità perduta.
(Michele Girardi)

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(All'alzarsi della tela la scena è immersa nella incertezza della luce della primissima alba. Seduti davanti ad un braciere stanno sonnecchiando i doganieri. Dal Cabaret, ad intervalli, grida, cozzi di bicchieri, risate. Un doganiere esce dal Cabaret con vino. Dietro la cancellata chiusa, battendo i piedi dal freddo e soffiandosi su le mani intirizzite, stanno alcuni spazzini.)

SPAZZINI
Ohè, là, le guardie!... Aprite!... Ohè, là!
Quelli di Gentilly!... Siam gli spazzini!...
(i doganieri rimangono immobili; gli spazzini picchiano colle loro scope e badili sulla cancellata, urlando e battendo i piedi)
Fiocca la neve... Ohè, là!... Qui s'agghiaccia!

UN DOGANIERE
(alzandosi assonnato e stirandosi le braccia)
Vengo!

(Va ad aprire, gli Spazzini entrano e si allontanano per la via d'Enfer. Il Doganiere richiude la cancellata.)

VOCI INTERNE
(dal Cabaret, accompagnano il canto battendo i bicchieri)
Chi nel ber trovò il piacer
nel suo bicchier,
ah! d'una bocca nell'ardor,
trovò l'amor!

MUSETTA
(dal Cabaret)
Ah! Se nel bicchiere sta il piacer,
in giovin bocca sta l'amor!

VOCI INTERNE
(dal Cabaret)
Trallerallè...
Eva e Noè!
(dànno in una risata clamorosa)

LATTIVENDOLE
(dall'interno)
Hopplà! Hopplà!

(Dal corpo di guardia esce il sergente dei doganieri, il quale ordina d'aprire la barriera.)

DOGANIERE
Son già le lattivendole!

(Tintinnio di campanelli e schioccare di fruste. Pel Boulevard esterno passano dei carri colle grandi lanterne di tela accese fra le ruote.)

CARRETTIERI
(dall'interno)
Hopplà!

LATTIVENDOLE
(vicinissime)
Hopplà!

(La nebbia dirada e comincia a far giorno.

LATTIVENDOLE
(entrando in scena a dorso di asinelli, ai doganieri, che controllano e lasciano passare)
Buon giorno!

CONTADINE
(entrando in scena con ceste a braccio, ai doganieri)
- Burro e cacio!
- Polli ed uova!
(pagano e i doganieri le lasciano passare; giunte al crocicchio)
- Voi da che parte andate?
- A San Michele!
- Ci troverem più tardi?
- A mezzodì!
(si allontanano per diverse strade)

(I doganieri ritirano le panche e il braciere. Mimì, dalla via d'Enfer, entra guardando attentamente intorno cercando di riconoscere i luoghi, ma giunta al primo platano la coglie un violento accesso di tosse: riavutasi e veduto il Sergente, gli si avvicina.)

MIMÌ
(al sergente)
Sa dirmi, scusi, qual'è l'osteria...
(non ricordando il nome)
dove un pittor lavora?

SERGENTE
(indicando il Cabaret)
Eccola.

MIMÌ
Grazie.

(Esce una fantesca dal Cabaret; Mimì le si avvicina.)

MIMÌ
O buona donna, mi fate il favore
di cercarmi il pittore
Marcello? Ho da parlargli. Ho tanta fretta.
Ditegli, piano, che Mimì lo aspetta.
(la fantesca rientra nel Cabaret)

SERGENTE
(ad uno che passa)
Ehi, quel panier!

DOGANIERE
(dopo aver visitato il paniere)
Vuoto!

SERGENTE
Passi!

(Dalla barriera entra altra gente, e chi da una parte, chi dall'altra tutti si allontanano. Le campane dell'ospizio Maria Teresa suonano mattutino. È giorno fatto, giorno d'inverno, triste e caliginoso. Dal Cabaret escono alcune coppie che rincasano.)




Renata Scotto (Mimì)
dir: James Levine (1977)


Maria Callas (Mimì)
dir: Antonino Votto

Renata Tebaldi (Mimì)
dir: Alberto Erede