18 maggio 2020

Lucia di Lammermoor (14) - "Spargi d'amaro pianto"

Scritto da Christian

La scena della pazzia prosegue con una serie di scambi e di dialoghi fra gli altri personaggi. In particolare giunge Enrico, di ritorno da Wolfcrag e già informato dei tragici eventi. Sta per scagliarsi contro Lucia, vorrebbe punirla, quando si avvede forse per la prima volta delle sue condizioni. Nel frattempo la fanciulla, nel suo delirio, continua a rivivere i dolorosi eventi della giornata precedente, con il coro e la musica di Donizetti a sottolineare ogni passaggio e a rendere anche noi spettatori partecipi di tale rievocazione.

La firma dell’atto di nozze è rammentata con una melodia discendente nel relativo minore che richiama quella della stipula nel Finale centrale, mentre l’immagine di Edgardo che calpesta l’anello è affidata a un passaggio in recitativo, così come il nome di Arturo. Scelte vicine alla messa in musica della visione del fantasma, volte a sottolineare l’angoscia provata da Lucia a causa della tangibile concretezza delle sue allucinazioni. Nel belcanto nulla è più vicino alla parola, e dunque alla realtà rappresentata, del recitativo.
(Federico Fornoni)
L'intera sequenza culmina (anche emotivamente) nella cabaletta conclusiva, "Spargi d'amaro pianto", con cui Lucia esce definitivamente di scena. Il brano era preceduto, nel libretto originario di Cammarano, da alcuni versi per Lucia che Donizetti aveva cominciato a porre in musica, per poi cambiare idea e cancellarli anche dalla partitura stampata:
Presso alla tomba io sono…
odi una prece ancor.
Deh! tanto almen t’arresta,
ch’io spiri a te d’appresso…
già dall’affanno oppresso
gelido langue il cor!
Un palpito gli resta…
è un palpito d’amor.
Lucia si sente dunque "presso alla tomba", sa che sta per morire, e rivolgendosi ancora all'amato Edgardo (che vede davanti a sé) gli chiede di piangere per lei ("Spargi d'amaro pianto / il mio terrestre velo, / mentre lassù nel cielo / io pregherò per te…"), nell'attesa di reincontrarsi tutti e due nell'aldilà. Al termine del suo canto, la ragazza cade a terra priva di sensi e viene portata via da Alisa e dalle altre dame. Non la rivedremo più: qualche ora più tardi, all'alba, ci sarà detto che è morta ("Ella in terra più non è"). Lucia muore (o si lascia morire) di crepacuore? Pare proprio così. Alcuni allestimenti mostrano in scena addirittura un suo suicidio, ma né il libretto nè il romanzo di Walter Scott – dove comunque la protagonista si spegneva non subito, ma qualche giorno più tardi – consentono di validare questa interpretazione.
Con la cabaletta ricompaiono le soluzioni già osservate nel cantabile. L’armonica a bicchieri torna protagonista, qui supportata dall’ottavino e dai flauti, mentre la voce della protagonista si districa fra acciaccature, note staccate, trilli, appoggiature, scale ascendenti e scale discendenti cromatiche e diatoniche. Il tutto appare ancor più coerente se si pensa che Lucia non solo sta delirando, ma è anche in procinto di morire. L’allontanamento dal mondo non è solo psichico ma anche fisico, o meglio, l’uno sta conducendo all’altro. Donizetti consegna alla storia un ritratto psicologico straordinariamente complesso, fatto di alienazione, di dolore, di scompensi, di incapacità, di allucinazioni, ricorrendo a tutto l’armamentario a sua disposizione – l’orchestrazione, la scrittura vocale, l’armonia, la forma, le ricorrenze tematiche –, dimostrandosi per l’ennesima volta superbo indagatore della psiche dei suoi personaggi.
(Federico Fornoni)
L'opera però non termina con l'uscita di scena della protagonista. Segue infatti un breve recitativo ("Si tragga altrove..."), spesso omesso, in cui congediamo Enrico e dove Raimondo accusa Normanno di essere la causa primaria di tutto. E poi c'è la scena finale riservata ad Edgardo, il cui suicidio (lui sì!) fa calare definitivamente il sipario. Nel tardo diciannovesimo secolo (più o meno nello stesso periodo in cui si comincia ad aggiungere la lunga cadenza accompagnata con il flauto a "Il dolce suono"), anche questa scena era tradizionalmente omessa (o magari riposizionata più indietro) e l'opera si concludeva con la scena della pazzia. Si trattava di un cosiddetto "vanity cut", ovvero di un taglio effettuato con lo scopo di offrire alla diva di turno l'onore della calata del sipario. Pare che il problema fosse già sorto durante le prove della prima rappresentazione. Dice William Ashbrook:
Questa disposizione delle scene provocò una certa tensione durante le prove perché Fanny Persiani, la prima Lucia, pensava, essendo lei la "prima donna", che la sua aria dovesse concludere l'opera; ma Donizetti e Duprez, il primo Edgardo, insistettero che la conclusione più appropriata dell'opera fosse la scena della tomba affidata al tenore e non la scena della pazzia.

Clicca qui per il testo di "S’avanza Enrico! - Non mi guardar sì fiero".

RAIMONDO
S’avanza Enrico!…

ENRICO (accorrendo)
Ditemi:
vera è l’atroce scena?

RAIMONDO
Vera, purtroppo!

ENRICO
Ah! perfida!…
(scagliandosi contro Lucia)
Ne avrai condegna pena…

RAIMONDO, ALISA, CORO
T’arresta… Oh ciel!…

RAIMONDO
Non vedi lo stato suo?

LUCIA (sempre delirando)
Che chiedi?…

ENRICO (fissando Lucia)
Oh qual pallor!

LUCIA
Me misera!…

RAIMONDO
Ha la ragion smarrita.

ENRICO
Gran Dio!…

RAIMONDO
Tremare, o barbaro,
tu dei per la sua vita.

LUCIA
Non mi guardar sì fiero…
Segnai quel foglio, è vero…
Nell’ira sua terribile
calpesta, oh Dio! l’anello!…
Mi maledice!… Ah! vittima
fui d’un crudel fratello,
ma ognor t’amai… lo giuro…
Chi mi nomasti? Arturo!
Ah! non fuggir… Ah! Perdon!
(s’inginocchia)
Ah! No, non fuggir, Edgardo!

GLI ALTRI
Qual notte di terror!

Clicca qui per il testo di "Spargi d'amaro pianto".

LUCIA
Spargi d'amaro pianto
il mio terrestre velo,
mentre lassù nel cielo
io pregherò per te…
Al giunger tuo soltanto
fia bello il ciel per me!
(cade svenuta fra le braccia delle dame che via la portano)

RAIMONDO, ALISA, CORO
Più raffrenare il pianto
possibile non è!

ENRICO
(Giorni d’amaro pianto
serba il rimorso a me!)

Clicca qui per il testo di "Si tragga altrove...".

ENRICO
Si tragga altrove… Alisa,
(a Raimondo)
uom del Signor, deh voi
la misera vegliate…
Io più me stesso
in me non trovo!…
(parte nella massima costernazione)

RAIMONDO
Delator! gioisci dell’opra tua.

NORMANNO
Che parli?

RAIMONDO
Sì, dell’incendio che divampa e strugge
questa casa infelice hai tu destata
la primiera scintilla.

NORMANNO
Io non credei…

RAIMONDO
Tu del versato sangue, empio, tu sei
la ria cagion!… Quel sangue
al ciel t’accusa, e già la man suprema
segna la tua sentenza… Or vanne, e trema.

(Egli segue Lucia; Normanno esce per l’opposto lato)




Mariella Devia (Lucia), Renato Bruson (Enrico), Carlo Colombara (Raimondo)
dir: Stefano Ranzani (1992)


Renata Scotto (Lucia), Mario Zanasi (Enrico), Plinio Clabassi (Raimondo)
dir: Bruno Bartoletti (1967)


Maria Callas (1953)


Maria Callas (1959)


Joan Sutherland (1959)

Beverly Sills (1970)