8 marzo 2012

L'Orfeo (10) - Atto V

Scritto da Christian


Quinto atto (direttore: René Jacobs – Orfeo: Simon Keenlyside)


Siamo di nuovo all'aperto, come ci suggerisce il ritornello che avevamo già ascoltato nel prologo e associato poi al mondo "pastorale". Tornato alla luce del sole, Orfeo si strugge dal dolore per aver perso di nuovo – e questa volta per sempre – la sua sposa, in un lungo recitativo ("Questi i campi di Tracia"), accompagnato solo dal chitarrone e dall'organo e interrotto di tanto in tanto dall'Eco che, ripetendo le parole che lui stesso pronuncia, cerca inutilmente di consolarlo. Il cantore giunge addirittura al punto di gridare il proprio disprezzo per tutte le altre donne, che secondo lui sfigurano se paragonate alla perduta Euridice. Giunge infine Apollo, dio del sole e padre dello stesso Orfeo ("Perché a lo sdegno ed al dolor in preda / così ti doni, o figlio?"), che lo trasporta con sé in cielo, dove potrà "vagheggiare le sembianze belle" di Euridice nel sole e nelle stelle. L'opera si conclude con un nuovo coro dei pastori ("Vanne Orfeo, felice appieno"), che poi ballano al suono di una vivace moresca.

Qualche nota su questo finale: la prima rappresentazione del 1607 terminava con l'arrivo delle Baccanti, le seguaci di Dioniso, che – avendo udito gli improperi di Orfeo contro le donne – minacciavano di ucciderlo e di smembrarlo, come nel mito originale. L'attuale versione con Apollo fu invece inserita nella partitura pubblicata da Monteverdi a Venezia nel 1609. Secondo alcuni musicologi il finale concepito per l'opera sarebbe stato quest'ultimo sin dall'inizio, ma in occasione della prima rappresentazione gli autori furono costretti a cambiarlo perché la sala di Mantova dove l'opera era stata allestita (l'appartamento della duchessa Gonzaga) era troppo piccola per contenere il macchinario teatrale necessario a sollevare il carro di Apollo. Venne così studiato, in sostituzione, un finale alternativo. Da notare, peraltro, che durante il Rinascimento e il Barocco era molto raro che le rivisitazioni della favola di Orfeo terminassero con la scena delle Baccanti, che evidentemente non incontrava il gusto dell'epoca: la già citata "Euridice" di Jacopo Peri, al cui libretto la versione di Monteverdi si è rifatta non poco, aveva addirittura un lieto fine in cui Orfeo riusciva a riportare Euridice alla luce del sole (anche perché era stata composta in occasione di un matrimonio, e dunque un finale tragico era particolarmente sconsigliato!).

Cito dal "Dizionario dell'Opera" (Baldini Castoldi Dalai):
Anziché con la discesa di Apollo e la ‘beatificazione’ di Orfeo, il testo letterario stampato in concomitanza con la ‘prima’ faceva terminare l’opera con un’irruzione delle baccanti, che si abbandonavano a celebrazioni dionisiache prima di volgersi all’inseguimento di Orfeo, per punirlo con la morte delle sue affermazioni misogine. La disparità di queste due conclusioni (finale dionisiaco del libretto, finale apollineo della partitura) potrebbe imputarsi all’angustia della sala in cui la prima rappresentazione avvenne, e all’impossibilità di impiegarvi dispositivi di macchine sceniche complesse. Essa potrebbe però riflettere anche una duplice soluzione prospettata per due diverse udienze: quella dionisiaca, più sofisticata dal punto di vista culturale, pensata per la ‘prima’ davanti ai soli accademici; quella apollinea, più spettacolare e moraleggiante in senso cristiano (e musicalmente non immune da sospetti di facilismo), pensata a tambur battente come rimpiazzo per la replica una settimana dopo davanti a un pubblico meno selezionato.

Clicca qui per il testo del quinto atto.

Ritornello

ORFEO
Questi i campi di Tracia, e quest'è il loco
dove passommi il core
per l'amara novella il mio dolore.
Poiché non ho più speme
di ricovrar pregando,
piangendo e sospirando
il perduto mio bene,
che poss'io più se non volgermi a voi,
selve soavi, un tempo
conforto a' miei martir, mentr'al ciel piacque
per farvi per pietà meco languire
al mio languire?
Voi vi doleste, o monti, e lagrimaste,
voi, sassi, al dispartir del nostro sole,
ed io con voi lagrimerò mai sempre,
e mai sempre dorròmmi, ahi doglia, ahi pianto!

ECO
Hai pianto!

ORFEO
Cortese Eco amorosa,
che sconsolata sei
e consolar mi vuoi ne' dolor miei,
benché queste mie luci
sien già per lagrimar fatte due fonti,
in così grave mia fera sventura
non ho pianto però tanto che basti.

ECO
Basti!

ORFEO
Se gli occhi d'Argo avessi,
e spandessero tutti un mar di pianto,
non fora il duol conforme a tanti guai.

ECO
Ahi!

ORFEO
S'hai del mio mal pietade io ti ringrazio
di tua benignitade.
Ma mentr'io mi querelo,
deh, perché mi rispondi
sol con gli ultimi accenti?
Rendimi tutti integri i miei lamenti.

Ma tu, anima mia, se mai ritorna
la tua fredd'ombra a queste amiche piagge,
prendi da me queste tue lodi estreme,
ch'or a te sacro la mia cetra e 'l canto,
come a te già sopra l'altar del core
lo spirto acceso in sacrifizio offersi.
Tu bella fusti e saggia, in te ripose
tutte le grazie sue cortese il cielo,
mentre ad ogni altra de' suoi don fu scarso.
D'ogni lingua ogni lode a te conviensi,
ch'albergasti in bel corpo alma più bella,
fastosa men quanto d'onor più degna.
Or l'altre donne son superbe e perfide
ver chi le adora, dispietate instabili,
prive di senno e d'ogni pensier nobile,
onde a ragion opra di lor non lodasi;
quinci non fia giamai che per vil femmina
Amor con aureo stral il cor trafiggami.

Sinfonia

APOLLO
Perché a lo sdegno ed al dolor in preda
così ti doni, o figlio?
Non è, non è consiglio
di generoso petto
servir al proprio affetto.
Quinci biasmo e periglio
già sovrastar ti veggio,
onde muovo dal ciel per darti aita;
or tu m'ascolta e n'avrai lode e vita.

ORFEO
Padre cortese, al maggior uopo arrivi,
ch'a disperato fine con estremo dolore
m'avean condotto già sdegno ed amore.
Eccomi dunque attento a tue ragioni,
celeste padre: or ciò che vuoi m'imponi.

APOLLO
Troppo, troppo gioisti di tua lieta ventura;
or troppo piagni tua sorte acerba e dura.
Ancor non sai
come nulla quaggiù diletta e dura?
Dunque se goder brami immortal vita
vientene meco al ciel, ch'a sé t'invita.

ORFEO
Sì non vedrò più mai
de l'amata Euridice i dolci rai?

APOLLO
Nel sole e ne le stelle
vagheggerai le sue sembianze belle.

ORFEO
Ben di cotanto padre
sarei non degno figlio
se non seguissi il tuo fedel consiglio.

APOLLO E ORFEO
Saliam cantando al cielo,
dove ha virtù verace
degno premio di sé, diletto e pace.

Ritornello

CORO DI PASTORI
Vanne, Orfeo, felice appieno
a goder celeste onore,
là ove ben non mai vien meno,
là ove mai non fu dolore,
mentr'altari, incensi e voti
noi t'offriam lieti e devoti.

Così va chi non s'arretra
al chiamar di nume eterno,
così grazia in ciel impetra
chi quaggiù provò l'inferno,
e chi semina fra doglie
d'ogni grazia il frutto coglie.

Ritornello

Moresca


direttore: Jordi Savall – Orfeo: Furio Zanasi


direttore: Nikolaus Harnoncourt – Orfeo: Philippe Huttenlocher



"Questi i campi di Tracia" (Eric Tappy)

"Perché a lo sdegno" (Luca Dordolo)


Del finale originale sopravvive il testo di Striggio (perché in occasione della prima rappresentazione venne distribuito una sorta di "programma", contenente il libretto completo, per permettere ai nobili spettatori di seguire al meglio l'opera) ma non la musica di Monteverdi (di cui però rimane forse traccia nella "selvaggia" e inebriante moresca finale). Nel primo video qui sotto, riferito a un allestimento in cui si è voluto recuperare il finale con le Baccanti, si ricorre dunque solo alla recitazione degli attori e si fa a meno della musica. L'ultima clip, invece, è una "chicca" che vi offro per concludere la trattazione musicale dell'opera: un frammento di "Orpheus", la rivisitazione – in tedesco – dell'opera di Monteverdi fatta da Carl Orff (quello dei "Carmina Burana"), che nel 1925 la mise in scena a Mannheim utilizzando strumenti del seicento. Orff fu uno dei primi compositori a riaccendere l'interesse del pubblico verso i musicisti del sedicesimo e diciassettesimo secolo e di Monteverdi in particolare, di cui ha recuperato e adattato molti lavori.

Clicca qui per il testo del finale originale.

ORFEO
Ma ecco stuol nemico
di donne amiche a l'ubriaco nume:
sottrar mi voglio a l'odiosa vista,
che fuggon gli occhi ciò che l'alma aborre.

Sinfonia

CORO DI BACCANTI
Evoè, padre Lieo,
Bassareo,
te chiamiam con chiari accenti.
Evoè, liete e ridenti
te lodiam padre Leneo,
or ch'abbiam colmo il core
del tuo divin furore.

BACCANTE
Fuggito è pur da questa destra ultrice
l'empio nostro avversario, il trace Orfeo,
disprezzator de' nostri pregi alteri.

UN'ALTRA BACCANTE
Non fuggirà, ché grave
suol esser più quanto più tarda scende
sovra nocente capo ira celeste.

DUE BACCANTI
Cantiam di Bacco in tanto, e in vari modi
sua deità si benedica e lodi.

CORO DI BACCANTI
Evoè, padre Lieo,
Bassareo,
te chiamiam con chiari accenti.
Evoè, liete e ridenti
te lodiam padre Leneo,
or ch'abbiam colmo il core
del tuo divin furore.

BACCANTE
Tu pria trovasti la felice pianta
onde nasce il licore
che sgombra ogni dolore,
ed a gli egri mortali
del sonno è padre e dolce oblio de i mali.

CORO DI BACCANTI
Evoè, padre Lieo,
Bassareo,
te chiamiam con chiari accenti.
Evoè, liete e ridenti
te lodiam padre Leneo,
or ch'abbiam colmo il core
del tuo divin furore.

BACCANTE
Te domator del lucido oriente
vide di spoglie alteramente adorno
sopr'aureo carro il portator del giorno.

UN'ALTRA BACCANTE
Tu, qual leon possente,
con forte destra e con invitto core
spargesti e abbattesti
le gigantee falangi, ed al furore
de lor braccia ferreo fren ponesti
allor che l'empia guerra
mosse co' suoi gran figli al ciel la terra.

CORO DI BACCANTI
Evoè, padre Lieo,
Bassareo,
te chiamiam con chiari accenti.
Evoè, liete e ridenti
te lodiam padre Leneo,
or ch'abbiam colmo il core
del tuo divin furore.

BACCANTE
Senza te l'alma dèa che Cipro onora
fredda e insipida fora,
o d'ogni uman piacer gran condimento
e d'ogni afflitto cor dolce contento.

CORO DI BACCANTI
Evoè, padre Lieo,
Bassareo,
te chiamiam con chiari accenti.
Evoè, liete e ridenti
te lodiam padre Leneo,
or ch'abbiam colmo il core
del tuo divin furore.


Nota: "Evoè" era un'esclamazione di giubilo che si faceva anticamente in onore di Dioniso/Bacco (da cui deriva l'appellativo di Evio), mentre Lieo ("liberatore"), Bassareo ("vendemmiatore") e Leneo (da lenòs, il torchio con cui si spremeva l'uva, da cui prendono il nome anche le festività Lenee) sono altri dei numerosi epiteti attribuiti al dio.


finale con le Baccanti
(dir: Sergio Vartolo)

Hermann Prey
da "Orpheus"(di Carl Orff)