 Leporello l'aveva citato in precedenza ("Io lo devo saper / per porla in lista"), Don Giovanni ci farà riferimento più tardi ("Ah, la mia lista / doman mattina / d'una decina / devi aumentar"): ecco il celeberrimo "catalogo" delle conquiste del nobile libertino, che il suo fido servo deve mantenere costantemente aggiornato, a testimonianza perenne della "collezione" di fanciulle (tutte per una notte sola, ovviamente) del suo padrone.
Leporello l'aveva citato in precedenza ("Io lo devo saper / per porla in lista"), Don Giovanni ci farà riferimento più tardi ("Ah, la mia lista / doman mattina / d'una decina / devi aumentar"): ecco il celeberrimo "catalogo" delle conquiste del nobile libertino, che il suo fido servo deve mantenere costantemente aggiornato, a testimonianza perenne della "collezione" di fanciulle (tutte per una notte sola, ovviamente) del suo padrone.
Forse il momento più celebre dell'intera opera (diciamo che se la gioca con il duetto "Là ci darem la mano"), il brano oggi comunemente noto come "aria del catalogo" non è certo unico nel suo genere: arie costruite sulla recitazione di liste ed elenchi di oggetti o delle qualità più svariate erano frequenti nelle opere buffe dell'epoca, e particolarmente apprezzate dal pubblico per i loro effetti comici. Fra l'altro, un'aria simile (con la stessa funzione narrativa) era presente anche nel "Don Giovanni" di Bertati e Gazzaniga, dove il servo Pasquariello recitava: 
Dell'Italia, ed AlemagnaCome si vede, le similarità sono notevoli. Ma rispetto a quel testo il libretto mozartiano va oltre, specificando con maggior precisione il numero di conquiste in ogni paese: 640 in Italia, 231 in Germania ("Lamagna" o Alemagna), 100 in Francia, 91 in Turchia, e 1003 (finora) in Spagna, per un totale di 2065 (altro che "così ne consolò mille e ottocento", come detto poco prima: una stima che appunto era per difetto). Leporello si dimostra certamente più preciso di Pasquariello nel tenere i conti (e se ne vanta: "Un catalogo egli è che ho fatt'io"); e Da Ponte migliora non poco lo spunto di Bertati, scendendo più nel dettaglio dei vari "tipi" preferiti dal suo padrone, che rivela un'autentica abilità nell'individuare e lodare il punto di forza di ciascuna preda, bella e brutta che sia. Come ci si attenderebbe da un vero seduttore, d'altronde, che sa far sentire speciale ogni donna che incontra (e da questo dipendono i suoi successi).
ve ne ho scritte cento, e tante.
Della Francia, e della Spagna
ve ne sono non so quante:
fra madame, cittadine,
artigiane, contadine,
cameriere, cuoche, e sguattere;
perché basta che sian femmine
per doverle amoreggiar. [...]
L'idea del servo che tiene un catalogo aggiornato delle conquiste del suo padrone (un vero e proprio "curriculum vitae"!), comunque, precede sia Bertati che Da Ponte ed era presente in più versioni della storia di Don Giovanni, soprattutto in quelle appartenenti alla tradizione della commedia dell'arte. La prima apparizione dell'elenco, sia pur in nuce, risale probabilmente a "Il convitato di pietra" di Giacinto Andrea Cicognini. Per chi volesse approfondire l'argomento delle liste nell'opera buffa, suggerisco la lettura di due testi di Daniela Goldin ("Aspetti della librettistica italiana fra il 1770 e il 1830" e "In margine al catalogo di Leporello", pubblicati su "La vera Fenice", Torino 1985) ma anche del recente saggio di Umberto Eco, "Vertigine della lista" (2010), tutto incentrato sulla mania del catalogare. Aggiungo inoltre che proprio Bertati era particolarmente esperto in questo genere di numeri, come ha ricordato anche Daniele quando si è occupato di un paio di arie da "Il matrimonio segreto".
Ma torniamo a noi: qual è la funzione dell'aria del catalogo all'interno dell'opera di Mozart? Apparentemente si tratta solo di una parentesi comica; ma in quest'opera, l'anima buffa è sempre e indissolubilmente legata al dramma e alla tragedia. In questo caso di tratta della tragedia di Elvira, che viene a sapere nel modo più crudele la reale entità dell'inganno di cui è stata vittima. I suoi bellicosi intenti di vendetta ne vengono rafforzati: d'ora in poi non si tratterà più di vendicare soltanto sé stessa, ma "tutte le donne"; e non solo coloro i cui nomi sono già sul libro di Leporello ma anche quelle che rischiano ancora di cadere in preda al fascino del libertino. Per tutto il resto del primo atto, infatti, la vedremo impegnata a sventare i nuovi tentativi di seduzione di Don Giovanni (nei confronti di Zerlina, per esempio) e a cercare di smascherarlo quando tenta di ammantarsi di rispettabilità (di fronte a Donna Anna e Don Ottavio). Anche questo brano, dunque, non è puramente fine a sé stesso ma mette in moto enormi dinamiche che serviranno a portare avanti la storia: altro che semplice parentesi!
L'aria di Leporello "Madamina, il catalogo è questo" è senza dubbio una pagina comica, che contrasta singolarmente, già nell'epiteto iniziale riservato alla interlocutrice, con la situazione di estrema drammaticità in cui si trova Donna Elvira, abbandonata e disperata. Il sadismo con cui Leporello espone la lista delle donne conquistate dal padrone (duemila e sessantacinque, se la lista è esatta), di ognuna fornendo le caratteristiche, non distrugge però ma anzi accentua questa drammaticità, ammantandola di una crudele ironia di tipo appunto buffo e tragico insieme.(Sergio Sablich)
Søren Kierkegaard tratta di quest'aria nella sezione "Gli stadi erotici immediati, ovvero il musicale-erotico" all'interno di "Aut-Aut". Egli congettura che il numero 1003, il numero di conquiste spagnole di don Giovanni, possa essere il rimasuglio della leggenda originale di don Giovanni; inoltre nella stranezza e nell'arbitrarietà del numero si può intravedere la non completezza di una lista che aspetta ancora di essere riempita. Kierkegaard ritiene che quest'aria sintetizzi il vero significato dell'opera: condensando in ampi gruppi un numero indeterminato di donne, mostra l'universalità di don Giovanni come simbolo di vita estetica e sensuale. Tra l'altro, Kierkegaard pone in epigrafe al Diario del seduttore due versi tratti da tale aria: "Sua passion predominante/È la giovin principiante".In conclusione, e a margine, ricordo che anche nella precedente collaborazione fra Da Ponte e Mozart, "Le nozze di Figaro", era presente una sequenza di numeri. In quel caso l'opera si apriva addirittura con essa, vale a dire con Figaro che snocciolava il suo "5... 10... 20... 30... 36... 43" davanti all'amata Susanna. In entrambi i casi, i numerologi appassionati di melodramma si sono scatenati in mille interpretazioni.
Alcuni commentatori ritengono che diverse tecniche nel testo e nella musica sono funzionali a dare un messaggio di universalità, qualcosa di estraneo alla mera umoristica catalogazione delle donne. Luigi Dallapiccola sottolinea che il verso "Cento in Francia, in Turchia novantuna" rompe il ritmo degli ottonari illuminando così l'intera aria. Secondo Massimo Mila ("Lettura del Don Giovanni di Mozart", Torino, Einaudi, 1988), questa gag degna della commedia dell'arte, che era accompagnata dal gesto di srotolare il catalogo verso il pubblico, diede il via all'interpretazione romantica della figura di don Giovanni. Secondo i romantici, infatti, l'ossessione espressa nel catalogo simboleggia la tensione verso l'Assoluto.(da Wikipedia)
Clicca qui per il testo del brano.
LEPORELLOMadamina, il catalogo è questo
delle belle che amò il padron mio;
un catalogo egli è che ho fatt'io:
osservate, leggete con me.
In Italia seicento e quaranta,
in Lamagna duecento e trentuna,
cento in Francia, in Turchia novantuna,
ma in Ispagna son già mille e tre.
V'ha fra queste contadine,
cameriere, cittadine,
v'han contesse, baronesse,
marchesane, principesse,
e v'han donne d'ogni grado,
d'ogni forma, d'ogni età.
Nella bionda egli ha l'usanza
di lodar la gentilezza;
nella bruna, la costanza;
nella bianca, la dolcezza.
Vuol d'inverno la grassotta,
vuol d'estate la magrotta;
è la grande maestosa,
la piccina è ognor vezzosa.
Delle vecchie fa conquista
pe 'l piacer di porle in lista:
ma passion predominante
è la giovin principiante.
Non si picca se sia ricca,
se sia brutta, se sia bella:
purché porti la gonnella,
voi sapete quel che fa.
Clicca qui per il testo del recitativo che segue il brano.
DONNA ELVIRA
In questa forma, dunque,
mi tradì il scellerato? È questo il premio
che quel barbaro rende all'amor mio?
Ah, vendicar vogl'io
l'ingannato mio cor: pria ch'ei mi fugga...
si ricorra... si vada... Io sento in petto
sol vendetta parlar, rabbia e dispetto.
Ferruccio Furlanetto
Luca Pisaroni
Ildebrando D'Arcangelo
| Sesto Bruscantini | Giuseppe Taddei | 
| Samuel Ramey | Claudio Desderi | 
Bryn Terfel

 
 Si tratta di Donna Elvira, dama di Burgos (città nel nord della Spagna), che si presenta in scena gridando tutta la sua rabbia e il suo desiderio di vendetta per essere stata abbandonata (proprio da Don Giovanni, scopriremo poi). La dama è infatti una delle precedenti conquiste del libertino, una delle poche – prima o poi doveva succedere! – che non si è rassegnata a essere stata lasciata ma è decisa a ritrovare il suo seduttore: per punirlo (stando alle sue parole), per costringerlo a pentirsi delle sue malefatte, ma anche per riprenderselo, visto che il fuoco della passione in lei non si è ancora spento. Personaggio estremamente combattuto, inizialmente in preda alla rabbia e all'ira dell'amante tradita, e poi alla speranza di riconquistare il suo amore (speranza che la porterà, nel secondo atto, a farsi abbindolare fin troppo facilmente da Don Giovanni), è un carattere fondamentalmente tragico, anche se protagonista – specie in coppia con Leporello – di diversi momenti comici, o per l'appunto tragicomici. Sergio Sablich commenta come già nella commedia di Molière, precedente all'opera di Mozart, "Elvira, la sposa tradita e tuttavia di lui perdutamente innamorata, assurga a contraltare di statura morale [di Don Giovanni], inaugurando la galleria di figure femminili non solo oggetti di concupiscenza fisica ma anche portatrici di un messaggio umano, alternativo alla drastica contrapposizione tra sfera terrena e ultraterrena".
Si tratta di Donna Elvira, dama di Burgos (città nel nord della Spagna), che si presenta in scena gridando tutta la sua rabbia e il suo desiderio di vendetta per essere stata abbandonata (proprio da Don Giovanni, scopriremo poi). La dama è infatti una delle precedenti conquiste del libertino, una delle poche – prima o poi doveva succedere! – che non si è rassegnata a essere stata lasciata ma è decisa a ritrovare il suo seduttore: per punirlo (stando alle sue parole), per costringerlo a pentirsi delle sue malefatte, ma anche per riprenderselo, visto che il fuoco della passione in lei non si è ancora spento. Personaggio estremamente combattuto, inizialmente in preda alla rabbia e all'ira dell'amante tradita, e poi alla speranza di riconquistare il suo amore (speranza che la porterà, nel secondo atto, a farsi abbindolare fin troppo facilmente da Don Giovanni), è un carattere fondamentalmente tragico, anche se protagonista – specie in coppia con Leporello – di diversi momenti comici, o per l'appunto tragicomici. Sergio Sablich commenta come già nella commedia di Molière, precedente all'opera di Mozart, "Elvira, la sposa tradita e tuttavia di lui perdutamente innamorata, assurga a contraltare di statura morale [di Don Giovanni], inaugurando la galleria di figure femminili non solo oggetti di concupiscenza fisica ma anche portatrici di un messaggio umano, alternativo alla drastica contrapposizione tra sfera terrena e ultraterrena". Donna Anna, che era rientrata in casa nel momento in cui il Commendatore era sceso in strada per affrontare l'intruso, fa ora ritorno in compagnia del suo promesso sposo, Don Ottavio (le cui prime parole, "Tutto il mio sangue / verserò, se bisogna!", sono paradigmatiche del personaggio, sempre pronto a dichiarazioni altisonanti che preannunciano azioni che non verranno mai eseguite), e di numerosi servi che recano lumi. Alla vista del corpo del padre, riverso per terra in una pozza di sangue, Donna Anna è scossa da un impeto di emozioni e di passioni – esposte in un "recitativo drammatico", accompagnato cioè dall'orchestra anziché dal solo basso continuo – che la portano dapprima a lamentare la morte del genitore, poi a svenire per un breve momento, e infine a risorgere colma d'ira e di sete di vendetta.
Donna Anna, che era rientrata in casa nel momento in cui il Commendatore era sceso in strada per affrontare l'intruso, fa ora ritorno in compagnia del suo promesso sposo, Don Ottavio (le cui prime parole, "Tutto il mio sangue / verserò, se bisogna!", sono paradigmatiche del personaggio, sempre pronto a dichiarazioni altisonanti che preannunciano azioni che non verranno mai eseguite), e di numerosi servi che recano lumi. Alla vista del corpo del padre, riverso per terra in una pozza di sangue, Donna Anna è scossa da un impeto di emozioni e di passioni – esposte in un "recitativo drammatico", accompagnato cioè dall'orchestra anziché dal solo basso continuo – che la portano dapprima a lamentare la morte del genitore, poi a svenire per un breve momento, e infine a risorgere colma d'ira e di sete di vendetta. Siamo in piena notte, in una città spagnola (tradizionalmente la vicenda è ambientata a
Siamo in piena notte, in una città spagnola (tradizionalmente la vicenda è ambientata a  Per affrontare la figura di Don Giovanni, senza cadere in un facile moralismo di condanna o in un'acritica esaltazione dell'anarchica libertà di un personaggio al di sopra della legge, bisogna riconoscere in lui l'uomo posseduto da un'immagine archetipica e quindi aver ben presente il concetto di “archetipo”, non nel modo confuso e vago in cui di solito viene utilizzato, ma nel senso che il suo formulatore,
Per affrontare la figura di Don Giovanni, senza cadere in un facile moralismo di condanna o in un'acritica esaltazione dell'anarchica libertà di un personaggio al di sopra della legge, bisogna riconoscere in lui l'uomo posseduto da un'immagine archetipica e quindi aver ben presente il concetto di “archetipo”, non nel modo confuso e vago in cui di solito viene utilizzato, ma nel senso che il suo formulatore,  Ma qual è finalmente lo specifico di Don Giovanni, la qualità che lo rende unico e nello stesso tempo un “tipo”, cioè il rappresentante di un aspetto collettivo e perciò così emozionante per tutti tanto da assurgere a incarnazione di un archetipo?
Ma qual è finalmente lo specifico di Don Giovanni, la qualità che lo rende unico e nello stesso tempo un “tipo”, cioè il rappresentante di un aspetto collettivo e perciò così emozionante per tutti tanto da assurgere a incarnazione di un archetipo? Egli, in realtà, fa da specchio e rivela alla donna quell'aspetto e sfaccettatura del suo fascino che nessun uomo aveva saputo cogliere e che nemmeno lei stessa conosceva, perché la quintessenza del fascino si può rivelare solo attraverso gli occhi innamorati di un altro, in un particolare stato di grazia e in consonanza con il desiderio occulto di essere riconosciuti ed amati come “unici al mondo”.
Egli, in realtà, fa da specchio e rivela alla donna quell'aspetto e sfaccettatura del suo fascino che nessun uomo aveva saputo cogliere e che nemmeno lei stessa conosceva, perché la quintessenza del fascino si può rivelare solo attraverso gli occhi innamorati di un altro, in un particolare stato di grazia e in consonanza con il desiderio occulto di essere riconosciuti ed amati come “unici al mondo”. Riporto “L'elezione di Don Giovanni”:
Riporto “L'elezione di Don Giovanni”:



