Lasciati Donna Anna e Don Ottavio ai loro propositi di vendetta, torniamo a seguire Don Giovanni e Leporello, ancora in strada al sorgere del sole ("Alba chiara", recita il libretto). Il servitore prova ancora una volta a rinfacciare al padrone il suo comportamento "da briccone" (dopo essersi prima cautelato di potergli dire tutto "liberamente": ma Don Giovanni dimostra per l'ennesima volta di infischiarsene dei giuramenti!). Messa dunque a tacere l'impertinenza del suo servo, il nobile rivela di aver già dimenticato l'episodio di Donna Anna – anche se l'uccisione l'ha comunque segnato: non a caso intima a Leporello di non farvi più accenno ("Purché non parli del Commendatore") – e di essere pronto a pianificare una nuova conquista ("Sappi ch'io sono innamorato d'una bella dama"... Sta parlando di Donna Ximena, personaggio che era presente nell'opera di Bertati e Gazzaniga cui Da Ponte si ispira, ma che il librettista veneto ha poi deciso di eliminare dal proprio testo). Ma ecco che l'arrivo, sulla strada, di un'altra donna lo distrae nuovamente, gli fa dimenticare quella di cui stava parlando per occuparsi della nuova venuta. I due si nascondono al bordo della strada e la osservano passare, infiltrandosi con invertenti a mo' di commento ("pertichini") nell'aria da lei cantata.
Si tratta di Donna Elvira, dama di Burgos (città nel nord della Spagna), che si presenta in scena gridando tutta la sua rabbia e il suo desiderio di vendetta per essere stata abbandonata (proprio da Don Giovanni, scopriremo poi). La dama è infatti una delle precedenti conquiste del libertino, una delle poche – prima o poi doveva succedere! – che non si è rassegnata a essere stata lasciata ma è decisa a ritrovare il suo seduttore: per punirlo (stando alle sue parole), per costringerlo a pentirsi delle sue malefatte, ma anche per riprenderselo, visto che il fuoco della passione in lei non si è ancora spento. Personaggio estremamente combattuto, inizialmente in preda alla rabbia e all'ira dell'amante tradita, e poi alla speranza di riconquistare il suo amore (speranza che la porterà, nel secondo atto, a farsi abbindolare fin troppo facilmente da Don Giovanni), è un carattere fondamentalmente tragico, anche se protagonista – specie in coppia con Leporello – di diversi momenti comici, o per l'appunto tragicomici. Sergio Sablich commenta come già nella commedia di Molière, precedente all'opera di Mozart, "Elvira, la sposa tradita e tuttavia di lui perdutamente innamorata, assurga a contraltare di statura morale [di Don Giovanni], inaugurando la galleria di figure femminili non solo oggetti di concupiscenza fisica ma anche portatrici di un messaggio umano, alternativo alla drastica contrapposizione tra sfera terrena e ultraterrena".
Già in quest'aria d'esordio, è irresistibile il contrasto fra la furia selvaggia delle sue parole ("Vo' farne orrendo scempio / gli vo' cavar il cor") e la tenerezza che esse suscitano in Don Giovanni ("Poverina!"), ignaro di essere proprio lui l'oggetto di quella rabbia. A completare il quadretto c'è il sarcasmo di Leporello (a Don Giovanni che si propone "Cerchiam di consolare il suo tormento", il servo commenta fra sé – o rivolto al pubblico – "Così ne consolò mille e ottocento", arrotondando peraltro per difetto).
Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.
DON GIOVANNI
Orsù, spìcciati presto... Cosa vuoi?
LEPORELLO
L'affar di cui si tratta è importante.
DON GIOVANNI
Lo credo.
LEPORELLO
È importantissimo.
DON GIOVANNI
Meglio ancora: finiscila.
LEPORELLO
Giurate di non andare in collera.
DON GIOVANNI
Lo giuro sul mio onore:
purché non parli del Commendatore.
LEPORELLO
Siam soli?
DON GIOVANNI
Lo vedo.
LEPORELLO
Nessun ci sente?
DON GIOVANNI
Via!
LEPORELLO
Vi posso dire tutto liberamente...?
DON GIOVANNI
Sì!
LEPORELLO
Dunque, quand'è così:
(all'orecchio, ma ad alta voce)
caro signor padrone,
la vita che menate è da briccone!
DON GIOVANNI
Temerario! In tal guisa...
LEPORELLO
E il giuramento?
DON GIOVANNI
Non so di giuramento... Taci... o ch'io...
LEPORELLO
Non parlo più, non fiato, o padron mio.
DON GIOVANNI
Così saremo amici.
Or odi un poco:
sai tu perché son qui?
LEPORELLO
Non ne so nulla.
Ma, essendo l'alba chiara, non sarebbe
qualche nuova conquista?
Io lo devo sapere per porla in lista.
DON GIOVANNI
Va là che sei il grand'uom!
Sappi ch'io sono innamorato d'una bella dama;
e son certo che m'ama.
La vidi, le parlai; meco al casino questa notte verrà...
Zitto: mi pare sentir odor di femmina.
LEPORELLO
Cospetto!
Che odorato perfetto!
DON GIOVANNI
All'aria mi par bella.
LEPORELLO
E che occhio, dico!
DON GIOVANNI
Ritiriamoci un poco,
e scopriamo terren.
LEPORELLO
(Già prese foco.)
Clicca qui per il testo del brano.
DONNA ELVIRA
Ah! Chi mi dice mai
quel barbaro dov'è,
che per mio scorno amai,
che mi mancò di fé?
Ah! Se ritrovo l'empio,
e a me non torna ancor,
vo' farne orrendo scempio,
gli vo' cavar il cor.
DON GIOVANNI
(sottovoce a Leporello)
Udisti? Qualche bella
dal vago abbandonata.
Poverina!
Cerchiam di consolare il suo tormento.
LEPORELLO
(Così ne consolò mille e ottocento.)
DON GIOVANNI
Signorina!
Clicca qui per il testo del recitativo che segue il brano.
DONNA ELVIRA
Chi è là?
DON GIOVANNI
Stelle! Che vedo!
LEPORELLO
Oh, bella! Donn'Elvira!
DONNA ELVIRA
Don Giovanni!...
Sei qui, mostro, fellon, nido d'inganni...
LEPORELLO
(Che titoli cruscanti!
Manco male che lo conosce bene.)
DON GIOVANNI
Via, cara Donn'Elvira,
calmate quella collera... sentite...
lasciatemi parlar...
DONNA ELVIRA
Cosa puoi dire, dopo azion sì nera?
In casa mia entri furtivamente.
A forza d'arte, di giuramenti e di lusinghe,
arrivi a sedurre il cor mio:
m'innamori, o crudele,
mi dichiari tua sposa.
E poi, mancando della terra e del cielo al santo dritto,
con enorme delitto
dopo tre dì da Burgos t'allontani,
m'abbandoni, mi fuggi, e lasci in preda
al rimorso ed al pianto,
per pena forse che t'amai cotanto.
LEPORELLO
(Pare un libro stampato.)
DON GIOVANNI
Oh, in quanto a questo
ebbi le mie ragioni.
(a Leporello)
È vero?
LEPORELLO
È vero.
(ironicamente)
E che ragioni forti!
DONNA ELVIRA
E quali sono,
se non la tua perfidia,
la leggerezza tua? Ma il giusto cielo
volle ch'io ti trovassi
per far le sue, le mie vendette.
DON GIOVANNI
Eh, via, siate più ragionevole...
(Mi pone a cimento, costei.)
Se non credete al labbro mio,
credete a questo galantuomo.
(indicando Leporello)
LEPORELLO
(Salvo il vero.)
DON GIOVANNI
(a Leporello)
Via, dille un poco...
LEPORELLO
(sottovoce a Don Giovanni)
E cosa devo dirle?
DON GIOVANNI
(ad alta voce)
Sì, sì dille pur tutto.
(partendo senza esser visto)
DONNA ELVIRA
(a Leporello)
Ebben, fa' presto.
LEPORELLO
Madama... veramente... in questo mondo
conciossiacosaquandofosseché
il quadro non è tondo...
DONNA ELVIRA
Sciagurato!
Così del mio dolor gioco ti prendi?
(verso Don Giovanni che non crede partito)
Ah, voi...
(non vedendolo)
Stelle! L'iniquo fuggì, misera me!...
Dove? In qual parte...?
LEPORELLO
Eh! lasciate che vada. Egli non merta
che di lui ci pensiate.
DONNA ELVIRA
Il scellerato m'ingannò, mi tradì...
LEPORELLO
Eh! consolatevi.
Non siete voi, non foste e non sarete
né la prima né l'ultima.
Guardate:
questo non picciol libro
è tutto pieno dei nomi di sue belle.
Ogni villa, ogni borgo, ogni paese
è testimon di sue donnesche imprese.
A fronte della composta nobiltà di Donna Anna e Don Ottavio, Donna Elvira incarna l’inestinguibile fuoco dei sentimenti. È disposta a ogni umiliazione pur di ritrovare quegli attimi di passione che Don Giovanni le ha distrattamente concesso: la sua onnipresenza nell’opera, la sua funzione di scalmanata guastafeste, porta in scena il vero amore a reclamare i suoi diritti contro il libertinaggio. A lei è affidato il compito ingrato dell’estremo tentativo, ed è suo l’urlo che segna il precipitare degli eventi. Donna Elvira, rappresentando i diritti delle duemilasessantacinque (salvo errori di registrazione da parte del ragionier Leporello) sedotte e abbandonate da Don Giovanni, difende l’amore fedele e monogamo della donna contro l’incontenibile appetito carnale dell’uomo: è Mozart stesso, tuttavia, a mettere in dubbio l’antico assioma, o luogo comune, quando in "Così fan tutte" dimostrerà come in ogni aspirante moglie si celi un’aspirante adultera, di cui Zerlina sembra essere una prefigurazione.(Alberto Batisti)
Ferita dalle esperienze della vita è invece Donna Elvira, che non sa darsi pace del tradimento di Don Giovanni e vaga senza identità tra amore, volontà di vendetta, gelosia, desiderio di riscatto, illusione, supplica, da ultimo rassegnandosi, dopo l'ennesimo insulto, a disperare della sua conversione e della sua salvezza. Anch'ella [come Donna Anna e Don Ottavio] proviene dai piedistalli dell'opera seria, ma con un linguaggio reso dalle sue stesse esperienze più sfaccettato, più acuminato, più incisivo nell'espressione di accenti capaci di guardare in faccia la sfinge e di reggere coraggiosamente al fallimento.(Sergio Sablich)
Kiri Te Kanawa (Donna Elvira),
Thomas Allen (Don Giovanni), Stafford Dean (Leporello), dir: Colin Davis
Cecilia Bartoli (Donna Elvira),
Rodney Gilfry (Don Giovanni), László Polgár (Leporello), dir: Nikolaus Harnoncourt
Lisa della Casa, Cesare Siepi, Otto Edelmann, dir: Wilhelm Furtwängler | Elisabeth Schwarzkopf, Eberhard Wächter, Giuseppe Taddei, dir: Carlo Maria Giulini |
Julia Varady, Samuel Ramey, Ferruccio Furlanetto, dir: Herbert von Karajan | Barbara Frittoli, Erwin Schrott, Natale de Carolis, dir: Zubin Mehta |
Pilar Lorengar, Gabriel Bacquier, Donald Gramm, dir: Richard Bonynge | Joyce DiDonato, Ildebrando D'Arcangelo, Luca Pisaroni, dir: Yannick Nézet-Séguin |
Terminata l'aria, la scena prosegue senza soluzione di continuità con il recitativo fra Elvira, Don Giovanni e Leporello che conduce fino alla celeberrima aria del catalogo. Passato il primo attimo di stupore (peraltro reciproco) nel ritrovarsi faccia a faccia con l'uomo che stava cercando, Elvira si scaglia contro di lui, vomitandogli addosso tutto il rancore e la rabbia che ha covato dopo essere stata abbandonata. Attraverso il commento di Leporello "Pare un libro stampato", Da Ponte riconosce ironicamente come la lunga esposizione dei fatti da parte di Donna Elvira sia il classico "spiegone" rivolto agli spettatori (i tre personaggi conoscono già bene gli eventi): un infodump (o "inforigurgito", come lo chiamerebbe Gamberetta). È uno spiegone necessario, però, per chiarire in pochi secondi i retroscena di Elvira.
Nonostante le sue parole irate e i suoi propositi di vendetta, la donna dimostra da subito di essere subito pronta a ricadere negli inganni di Don Giovanni, come dimostra il fatto che si lascia facilmente convincere ad ascoltare le "spiegazioni" di Leporello riguardo alle ragioni per cui è stata abbandonata. Mentre il libertino ne approfitta per svignarsela alla chetichella, il povero servitore cerca di improvvisare un discorso basato sul nulla ("Madama... veramente... in questo mondo / conciossiacosaquandofosseché / il quadro non è tondo...": quasi un antesignano della "supercazzola" di "Amici miei"). E di fronte alla povera Elvira, che scopre di essere stata nuovamente ingannata, ha quasi un moto di compassione. Ecco perché cerca di convincerla che, in fondo, non vale la pena di andare dietro al suo padrone: e le rivela, quantificandola in maniera comica e crudele insieme, la reale entità del suo "correr dietro le donne".
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