24 maggio 2016

La Bohème (21) - L'ultimo desiderio

Scritto da Christian

I giochi e gli scherzi dei quattro amici sono ancora in pieno corso quando, all'improvviso, la porta della soffitta si spalanca e compare Musetta, che annuncia il ritorno di Mimì, le cui condizioni di salute sono peggiorate. Poco prima Marcello aveva riferito a Rodolfo di averla vista "in carrozza / vestita come una regina". E invece, come spiega Musetta, la ragazza, ormai "in fin di vita", ha scelto di propria volontà di abbandonare gli agi offertile dal Viscontino Paolo pur di venire a morire nelle braccia di Rodolfo. Come già ricordato, Puccini aveva pensato di cominciare il quadro conclusivo con Mimì già nella soffitta, a letto malata. Fu il librettista Illica a convincere Puccini a cambiare idea, in modo da dar maggiore significato al ritorno della ragazza. Il suo apparire sulla scena è accompagnato dal tema di "Mi chiamano Mimì", drammaticamente trasfigurato nella melodia e nell'accompagnamento per trasmettere l'idea che la malattia ha ormai compromesso il suo fisico. Scrive Girardi: "Il Leitmotiv svela dunque come l’unico vero evento dell’opera sia il progressivo imporsi della tisi sul fisico della protagonista, mentre le altre melodie a lei associate tornano nella stessa forma perché Mimì, nella costellazione dei personaggi, incarna simbolicamente il tempo della giovinezza e dell’amore, e come tale può solo passare, dunque morire".

Tutti si radunano attorno a lei e la aiutano a stendersi sul letto. Mentre Rodolfo la abbraccia, lei finge di star meglio, ma agli altri la situazione è ben chiara (Schaunard sussurra tristemente a Colline, in disparte: "Fra mezz'ora è morta!"). In casa non v'è nulla, nè vino né caffè ("Ah! miseria!", esclama Marcello con sconforto, maledicendo quella stessa povertà di cui fino a poco prima lui e gli altri si prendevano gioco). Mimì esprime un ultimo desiderio ("Ho tanto freddo!... / Se avessi un manicotto!"), e gli amici si danno da fare come possono per rendere i suoi ultimi istanti più confortevoli. A cominciare da Musetta, che si priva dei suoi orecchini, affidandoli a Marcello perché li venda per comprare un cordiale e chiamare un dottore, mentre lei penserà al manicotto. L'episodio contribuisce a riavvicinare definitivamente Marcello e Musetta (favoriti dall'intercessione della stessa Mimì, che dice a Marcello: "Date retta: è assai buona Musetta").

Tutte le emozioni che la fine di un essere amato può procurare sono sistemate secondo una scaletta che porta infallibilmente alla commozione il pubblico d’ogni dove e d’ogni età. Tanta efficace universalità non è dovuta al solo potere evocativo della musica, ma anche alla sapiente strategia formale che governa la partitura: il ritorno nei momenti più opportuni dei temi che descrivono il carattere e le emozioni di Mimì ce l’hanno resa familiare e indimenticabile al tempo stesso. Inoltre la musica, riepilogando il già trascorso, va incontro al tempo assoluto, raccogliendo ogni sfumatura semantica del testo e ricostituendo una nuova entità, la memoria collettiva, sulla base dell’ordine in cui i temi vengono riproposti. Mentre Mimì viene adagiata sul letto scorre la musica del primo incontro con Rodolfo nel momento del malore («Là. Da bere»), poi la seconda sezione della sua prima aria (ancora «Mi piaccion quelle cose») a commento del racconto di Musetta («Dove stia?»), che si scioglie, con esito lancinante, nel tema d’amore («Ancor sento la vita qui»). Puccini non tralascia un dettaglio: a commento della frase «Ho un po’ di tosse» una cadenza plagale ci riporta al momento del quadro terzo in cui Mimì confessa a Marcello che Rodolfo è fuggito da casa. E prosegue con precisione implacabile dopo che la protagonista ha portato il suo messaggio di riconciliazione a Marcello e Musetta, citando il complimento che Rodolfo le aveva rivolto mentre s’aggiravano tra la folla del Quartiere latino. Il filo di sentimentalità che cuce la cuffietta alla lusinga dell’amante esalta in quel tocco l’amaro sapore del rimpianto per la perduta bellezza di Mimì ed emana, con effetto straziante, un segnale sottilissimo, quasi indirizzato all’inconscio di chi ascolta: il rimpianto della sua bellezza bruna.
(Michele Girardi)
A proposito del manicotto che Mimì chiede come ultimo desiderio (anche se possiamo ben dire che il realtà il suo ultimo desiderio è quello di poter morire nella soffitta, fra le braccia dell'amato Rodolfo), ecco un interessante passo da una lettera di Puccini al librettista Luigi Illica, scritta mentre stava completando la composizione dell'opera e ancora pensava a mettere a punto alcuni particolari:
Ti ricordi che osservammo che Mimì, se fosse fuggita dal viscontino, non avrebbe avuto quel desiderio così vivo del manicotto, e che l’episodio del manicotto – così com’è attualmente – era una zeppa?! Tu proponesti di dirle, o cioè di far dire a Musetta, che era fuggita dall’ospedale. La cosa fu accolta da me e da te con grande entusiasmo perché così ci si trovava un po’ più nel vero circa la fine di Mimì. Così Mimì avrebbe dovuto presentarsi in abito dimesso e non chic come è adesso. [...] Tengo molto, anzi assolutamente voglio (lasciamelo dire) questa modificazione [...] all’ultim’atto, dove bisogna andar per le corte e venire all’arrivo della Mimì. L’episodio dei bohemi riuniti è solo messo per contrasto, perché volendo si poteva far venire Mimì subito appena alzato il sipario infischiandosene del rigodone, dell’aringa, di Demostene che il diavolo se lo porti.
(Giacomo Puccini, settembre 1895)

Clicca qui per il testo.

(Si spalanca l'uscio ed entra Musetta in grande agitazione.)

MARCELLO
(scorgendola)
Musetta!

MUSETTA
(ansimante)
C'è Mimì...
(tutti con viva ansietà la attorniano)
C'è Mimì che mi segue e che sta male.

RODOLFO
Ov'è?

MUSETTA
Nel far le scale
più non si resse.

(Si vede, per l'uscio aperto, Mimì seduta sul più alto gradino della scala.)

RODOLFO
Ah!
(si precipita verso Mimì; Marcello accorre anche lui)

SCHAUNARD
(a Colline)
Noi accostiam
quel lettuccio.
(ambedue portano innanzi il letto)

RODOLFO
(coll'aiuto di Marcello porta Mimì fino al letto)
Là.
(agli amici, piano)
Da bere.

(Musetta accorre col bicchiere dell'acqua e ne dà un sorso a Mimì.)

MIMÌ
(con grande passione)
Rodolfo!

RODOLFO
(adagia Mimì sul letto)
Zitta, riposa.

MIMÌ
(abbraccia Rodolfo)
O mio Rodolfo!
Mi vuoi qui con te?

RODOLFO
Ah! mia Mimì,
sempre, sempre!
(persuade Mimì a sdraiarsi sul letto e stende su di lei la coperta, poi con grandi cure le accomoda il guanciale sotto la testa)

MUSETTA
(trae in disparte gli altri, e dice loro sottovoce:)
Intesi dire che Mimì, fuggita
dal Viscontino, era in fin di vita.
Dove stia? Cerca, cerca... la veggo
passar per via
trascinandosi a stento.
Mi dice: «Più non reggo...
Muoio! lo sento...
(agitandosi, senz'accorgersene alza la voce)
Voglio morir con lui! Forse m'aspetta...
M'accompagni, Musetta?...»

MARCELLO
(fa cenno di parlar piano e Musetta si porta a maggior distanza da Mimì)
Sst.

MIMÌ
Mi sento assai meglio...
lascia ch'io guardi intorno.
(con dolce sorriso)
Ah, come si sta bene qui!
Si rinasce, ancor sento la vita qui...
(alzandosi un poco e riabbracciando Rodolfo)
No! tu non mi lasci più!

RODOLFO
Benedetta bocca,
tu ancor mi parli!

MUSETTA
(da parte agli altri tre)
Che ci avete in casa?

MARCELLO
Nulla!

MUSETTA
Non caffè? Non vino?

MARCELLO
(con grande sconforto)
Nulla! Ah! miseria!

SCHAUNARD
(osservata cautamente Mimì, tristemente a Colline, traendolo in disparte)
Fra mezz'ora è morta!

MIMÌ
Ho tanto freddo!...
Se avessi un manicotto! Queste mie mani
riscaldare non si potranno mai?
(tossisce)

RODOLFO
(prende nelle sue le mani di Mimì riscaldandogliele)
Qui nelle mie! Taci!
Il parlar ti stanca.

MIMÌ
Ho un po' di tosse!
Ci sono avvezza.
(vedendo gli amici di Rodolfo, li chiama per nome: essi accorrono premurosi presso di lei)
Buon giorno, Marcello,
Schaunard, Colline... buon giorno.
(sorridendo)
Tutti qui, tutti qui
sorridenti a Mimì.

RODOLFO
Non parlar, non parlar.

MIMÌ
Parlo piano,
non temere, Marcello,
(facendogli cenno di appressarsi)
date retta: è assai buona Musetta.

MARCELLO
Lo so, lo so.
(porge la mano a Musetta)

(Schaunard e Colline si allontanano tristemente: Schaunard siede al tavolo, col viso fra le mani; Colline rimane pensieroso.)

MUSETTA
(conduce Marcello lontano da Mimì, si leva gli orecchini e glieli porge dicendogli sottovoce:)
A te, vendi, riporta
qualche cordial, manda un dottore!...

RODOLFO
Riposa.

MIMÌ
Tu non mi lasci?

RODOLFO
No! No!

(Mimì a poco a poco si assopisce, Rodolfo prende una scranna e siede presso al letto. Marcello fa per partire, Musetta lo arresta e lo conduce più lontano da Mimì.)

MUSETTA
Ascolta!
Forse è l'ultima volta
che ha espresso un desiderio, poveretta!
Pel manicotto io vo. Con te verrò.

MARCELLO
(commosso)
Sei buona, o mia Musetta.

(Musetta e Marcello partono frettolosi.)




Luciano Pavarotti (Rodolfo), Renata Scotto (Mimì), Maralin Niska (Musetta),
Ingvar Wixell (Marcello), Paul Plishka (Colline), Allan Monk (Schaunard)
dir: James Levine (1977)


Giuseppe di Stefano, Maria Callas,
Anna Moffo, Rolando Panerai

Roberto Alagna, Angela Gheorghiu,
Inger Dam-Jensen, Bo Skovhus