Mettendo al centro in assoluto Don Giovanni, tutti gli altri personaggi dell'opera ruotano intorno a lui e contribuiscono a definirlo, esaltandolo o denigrandolo. Tutto il loro agire e pensare si muove in riferimento all'“eroe” del dramma, ma vedremo anche come escono trasformati da tale incontro.
Don Giovanni è il vero sole intorno a cui ruotano i personaggi-pianeti, che, pur nella diversa posizione e natura, sono comunque legati indissolubilmente alla forza più vitale e potente del centro e ne subiscono l'influenza trasformatrice.
Verificheremo questa struttura man mano che ci occuperemo dei vari personaggi.
Altro aspetto fondamentale è che ognuno entra in scena portando già dalle prime battute tutta la propria indole, come se Mozart non volesse perdere tempo in presentazioni progressive, ma in sintonia con l'irruenza e rapidità d'azione del protagonista, lo individua e definisce già nella primissima istantanea.
Leporello è il primo che incontriamo e immediatamente si dichiara per quello che è: il servo, lo spettatore complice cui tocca il ruolo di "coprispalle" (“Vuol star dentro con la bella / ed io a far da sentinella...”) mentre vorrebbe essere anche lui un "gentiluomo". Già da queste prime battute il suo ruolo è definito, con tutte le potenziali dinamiche di invidia e di dipendenza. Ma non è delineato solo il suo profilo, perché come "guardiano" precede e introduce con la stessa concisione anche il padrone, preparandoci alla sua drammatica ed irruenta comparsa; in modo che, non appena Don Giovanni entra in scena, praticamente conosciamo già il suo stile di vita, e questo con le stesse pochissime battute, perché per Don Giovanni l'immediatezza dell'azione è tutto.
La funzione di Leporello è sostanzialmente quella di dar risalto al padrone, una specie di torcia continuamente accesa su di lui, e mantiene questa posizione anche quando sembra contraddirlo o dissociarsi perché ritorna – dopo pochissima e breve resistenza – ai suoi ordini, persino sollevato dal fatto che, avendolo criticato, può subito far la pace con proprio guadagno economico e salvandosi la coscienza per aver posto qualche remora a tanta dissolutezza.
In questo ruolo di "ammiratore" delle imprese cui è costretto ad assistere, dà il meglio di sé nella stesura del catalogo, che aggiorna continuamente con la precisione del contabile ma anche con una capacità di osservazione e di sintesi psicologica straordinarie.
È proprio da questo catalogo che apprendiamo l'arte di Don Giovanni di apprezzare tutte le donne, distillando, come nettare prezioso, la qualità principale, la vera quintessenza di ognuna, che la rende amabile nel momento dell'incontro (“Nella bionda egli ha l'usanza di lodar la gentilezza; nella bruna, la costanza; nella bianca la dolcezza...”).
Non si può non ammirare, insieme ad un Leporello così orgoglioso per le gesta del suo signore, l'escalation della passerella in cui ogni tipo di donna viene esaltato al meglio fino al vertice in cui “la giovin principiante” assume il primato assoluto della passione per lo squisito piacere dell'iniziazione erotica. L'interessante saggio-romanzo “Diario del seduttore” di Kierkegaard parte proprio dalla frase “sua passion predominante è la giovin principiante” e ne dipana tutte le implicazioni.
Sicuramente Leporello, un po' sulla falsariga di altri partner, compagni subalterni e complementari dei protagonisti, tipo Sancho Panza rispetto a Don Chisciotte, rappresenta l'uomo qualunque, quello che di fronte all'uomo eccezionale, sia nel bene che nel male, ne è suggestionato, un po' lo invidia e un po' si identifica cercando di brillare di riflesso.
È la coscienza popolare che, pur strizzando l'occhio al vizio, ne teme gli eccessi e soprattutto le conseguenze. Così lo vediamo, a più riprese, cercar di fermare gli stravizi del padrone in nome di una norma comune e di un comune buon senso, e lo vediamo terrorizzato di fronte al soprannaturale, non per una vera fede, ma semplicemente per un sano e istintivo senso del pericolo di fronte a qualcosa che non può capire e che avverte di un ordine diverso dal quotidiano corso degli eventi, nei cui confini si muove con disinvoltura.
Alla fine cerca persino di salvarlo fornendogli delle ridicole scuse e non riuscendo, nella sua adattabile conformità alla vita, a concepire l'impossibilità di Don Giovanni a sottrarsi al proprio archetipo e al proprio destino.
L'esperienza di un incontro con Don Giovanni non è mai senza conseguenze e Leporello, che è stato tanto tempo con lui, non può rimanere come prima. Ne esce più maturo e consapevole dei propri limiti (va a cercare un nuovo padrone meno pericoloso), e soprattutto non può proclamarsi “innocente” (“l'innocenza mi rubò”) – ma quale adulto lo è? – riconoscendo che la complicità con Don Giovanni ha slatentizzato aspetti della personalità che comunque gli appartengono.
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