Torna ora in scena Don Alfonso, impegnato a preparare il terreno per l'apparizione di Guglielmo e Ferrando travestiti. Il filosofo manifesta, come suo solito, ironia e sarcasmo di fronte alla situazione e all'atteggiamento delle due dame ferraresi ("Che silenzio! Che aspetto di tristezza spirano queste stanze! Poverette! Non han già tutto il torto: bisogna consolarle"), ma in lui c'è anche un'ombra di preoccupazione. Nei suoi piani, finora, non ha preso in considerazione la cameriera Despina, di cui ben conosce l'astuzia ("Quella furba potrebbe riconoscerli; potrebbe rovesciarmi le macchine"). Decide allora di risolvere il problema facendosela alleata, mettendola "in parte a parte del secreto": vale a dire, promettendole una mancia se lo aiuterà a far sì che il tentativo di seduzione dei due misteriosi forestieri vada a buon fine (senza rivelarle, però, che si tratta dei due ufficiali travestiti).
Fra i due personaggi, lo vedremo, c'è una certa comunanza di intenti e di filosofie. Ma nonostante Don Alfonso si mostri affabile nei suoi confronti, chiamandola persino con un vezzeggiativo ("Despinetta"), e nonostante entrambi condividano la propensione a prendersi gioco delle esagerazioni delle due fanciulle (autrici di "pianti e deliri" per Alfonso, addirittura chiamate "quelle buffone" da Despina), fra i due cospiratori c'è – almeno inizialmente – un po' di diffidenza, dovuta senza dubbio anche alle differenze (di età, di sesso, di stato sociale) che li separano. Questo è evidente dal loro primo scambio di battute.
DON ALFONSOA parte l'insinuazione a sfondo sessuale ("fare del bene", anche in tedesco, nel Settecento era una formula usata per dire "ingravidare"), c'è da notare che Mozart modificò leggermente questo dialogo per renderlo più frizzante.
Despina mia, di te
Bisogno avrei.
DESPINA
Ed io niente di lei.
DON ALFONSO
Ti vo' fare del ben.
DESPINA
A una fanciulla
Un vecchio come lei non può far nulla.
Le idee di critica sociale presenti in forma larvata nel libretto non sono sfuggite a Mozart, che al contrario ha tentato di dar loro risalto. All'epoca di «Così fan tutte» a Mozart si erano aperti gli occhi sul mondo, avvertiva ingiustizie che prima non rilevava, il suo modo di guardare alle cose era di un bel po' più amaro. Qui solo Despina appartiene a uno strato sociale inferiore. È meno coinvolta quindi nel continuum musicale. Rispetto al flusso malizioso eppur sempre elegiaco della musica non si pone in un contrasto ribelle – al contrario i suoi pezzi solistici risultano più convenzionali di quelli degli altri personaggi – e tuttavia Mozart si è dedicato a lei in un altro modo, l'ha dotata di una sua personale comicità, non è tanto una burlona quanto una briccona raffinata. Dalle divergenze tra libretto e partitura risulta che Mozart si è occupato con particolare gusto delle sue battute. Alla frase di Don Alfonso «Ti vo fare del ben», Despina rispondeva con Da Ponte «Non n'ho bisogno, un uomo come lei non può far nulla». Mozart ha modificato la risposta mettendola anche in rima: «A una fanciulla / un vecchio come lei non può far nulla».Don Alfonso rabbonisce Despina elargendole una moneta d'oro ("uno zecchinetto") e promettendole inoltre "una mancia di venti scudi" a impresa riuscita. La cameriera accetta subito la proposta ("È l'oro il mio giulebbe", dice. Il giulebbe era uno sciroppo dolcissimo di frutta e fiori; per estensione, il termine indica una cosa molto gradita). Ricordiamo che la scommessa con Guglielmo e Ferrando è di cento zecchini. Non so a quanti scudi corrispondesse uno zecchino (è difficile stabilirlo, anche perché a quei tempi circolavano differenti tipi di monete a seconda della zecca di origine). Da alcune tabelle che ho trovato in rete, risalenti però a inizio Ottocento, sembra che uno zecchino valesse il doppio di uno scudo. Quindi Alfonso sta riservando alla cameriera circa il 10% del valore della scommessa: direi che è abbastanza onesto.(Wolfgang Hildesheimer)
Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.
DON ALFONSO
Che silenzio! Che aspetto di tristezza
Spirano queste stanze! Poverette!
Non han già tutto il torto:
Bisogna consolarle; infin che vanno
I due creduli sposi,
Com'io loro commisi,
A mascherarsi,
Pensiam cosa può farsi.
Temo un po' per Despina; quella furba
Potrebbe riconoscerli; potrebbe
Rovesciarmi le macchine. Vedremo
Se mai farà bisogno
Un regaletto a tempo; un zecchinetto
Per una cameriera è un gran scongiuro.
Ma per esser sicuro, si potria
Metterla in parte a parte del secreto.
Eccellente è il progetto;
La sua camera è questa.
(batte)
Despinetta!
DESPINA
Chi batte?
DON ALFONSO
Oh!
DESPINA
Ih!
(esce dalla sua stanza)
DON ALFONSO
Despina mia, di te
Bisogno avrei.
DESPINA
Ed io niente di lei.
DON ALFONSO
Ti vo' fare del ben.
DESPINA
A una fanciulla
Un vecchio come lei non può far nulla.
DON ALFONSO
(mostrandole una moneta d'oro)
Parla piano ed osserva.
DESPINA
Me la dona?
DON ALFONSO
Sì, se meco sei buona.
DESPINA
E che vorrebbe?
È l'oro il mio giulebbe.
DON ALFONSO
Ed oro avrai,
Ma ci vuol fedeltà.
DESPINA
Non c'è altro? Son qua.
DON ALFONSO
Prendi ed ascolta.
Sai che le tue padrone
Han perduto gli amanti.
DESPINA
Lo so.
DON ALFONSO
Tutti i lor pianti,
Tutti i deliri loro ancor tu sai.
DESPINA
So tutto.
DON ALFONSO
Or ben: se mai
Per consolarle un poco
E trar, come diciam,
Chiodo, per chiodo,
Tu ritrovassi il modo
Da metter in lor grazia
Due soggetti di garbo
Che vorrieno provar, già mi capisci,
C'è una mancia per te
Di venti scudi,
Se li fai riuscir.
DESPINA
Non mi dispiace
Questa proposizione.
Ma con quelle buffone ... basta, udite:
Son giovani? Son belli? E, sopra tutto,
Hanno una buona borsa
I vostri concorrenti?
DON ALFONSO
Han tutto quello
Che piacer può alle donne di giudizio.
Li vuoi veder?
DESPINA
E dove son?
DON ALFONSO
Son lì;
Li posso far entrar?
DESPINA
Direi di sì.
Al dialogo fra Don Alfonso e Despina segue un grande sestetto, il primo momento dell'opera in cui tutti i sei personaggi si trovano in scena contemporaneamente, talmente lungo e articolato da parere quasi un finale d'atto. Il filosofo fa entrare i due "soggetti di garbo" che dovranno tentare di sedurre Fiordiligi e Dorabella, presentandoli a Despina (anche per verificare che i loro travestimenti siano efficaci: "Se costei non ci ravvisa, non c'è più nessun timor"). Guglielmo e Ferrando si presentano acconciati all'orientale, con tanto di mustacchi e di turbanti. È un travestimento che evidentemente funziona, anche se è volutamente ridicolo e teatrale (gli abiti esotici erano quasi un cliché della commedia e dell'opera buffa del Settecento e del primo Ottocento, si pensi nuovamente a Goldoni – per esempio a "La famiglia dell'antiquario" – ma anche al successivo "La pietra del paragone" di Rossini) e provoca nella cameriera (e di certo anche negli spettatori) stupore misto a risa. Era naturalmente necessario "esagerare" con il trucco per fare in modo che le loro dame non li riconoscessero, ma sembra quasi che i due ufficiali abbiano fatto apposta ad addobbarsi in maniera talmente goffa, inverosimile e sopra le righe per apparire poco "appetibili" alle loro promesse spose, come se in fondo al cuore, nonostante le tante spacconate, avessero un briciolo di timore di poter perdere la scommessa ("Hanno un muso fuor dell'uso, vero antidoto d'amor", li rassicura Despina). Certo, il fatto che le due sorelle non li sappiano riconoscere, come suggerisce Daniel Heartz, "potrebbe significare anche che nessuna di loro ha mai realmente osservato da vicino il proprio fidanzato (forse dovendo accontentarsi di un ritratto?)".
In base alla foggia del loro abbigliamento, la cameriera si domanda se i due stranieri siano "turchi" o "vallacchi" (la Vallacchia è una regione della Romania). Soltanto verso la conclusione dell'opera, il libretto ci confermerà che si tratta invece di albanesi (e in effetti a quel tempo l'Albania, come anche la Romania, si trovava da secoli sotto il dominio turco). Perché Da Ponte non chiarisce la questione prima? È possibile che un brano in cui i due si presentavano come "nobili albanesi" fosse stato previsto a questo punto, durante il sestetto o magari subito dopo, e che per esigenze musicali Mozart si sia trovato costretto ad eliminarlo. Ne rimane però una traccia nel finale del secondo atto, quando Ferrando, tornato nei propri abiti e rivolgendosi a Fiordiligi, farà il verso a sé stesso ("A voi s'inchina, bella damina, il cavaliere dell'Albania"), probabilmente riecheggiando la melodia della sezione espunta.
Quando Fiordiligi e Dorabella irrompono nella stanza, intimano subito a Despina di cacciare i due stranieri sconosciuti. Questi non perdono tempo a gettarsi ai piedi delle due dame e a iniziare il loro "corteggiamento", che con queste modalità improvvisate è ovviamente destinato a fallire. Despina e Don Alfonso hanno ben poco da preoccuparsi della reazione delle ragazze ("Mi dà un poco di sospetto quella rabbia e quel furor"): che cosa si aspettavano?
Clicca qui per il testo di "Alla bella Despinetta".
(Don Alfonso fa entrar gli amanti, che son travestiti.)DON ALFONSO
Alla bella Despinetta
Vi presento, amici miei;
Non dipende che da lei
Consolar il vostro cor.
FERRANDO E GUGLIELMOuil
(con tenerezza affettata)
Per la man, che lieto io bacio,
Per quei rai di grazia pieni,
Fa che volga a me sereni
I begli occhi il mio tesor.
DESPINA
(ridendo, da sè)
Che sembianze! Che vestiti!
Che figure! Che mustacchi!
Io non so se son Valacchi
O se Turchi son costor.
DON ALFONSO
(piano, a Despina)
Che ti par di quell'aspetto?
DESPINA
Per parlarvi schietto schietto,
Hanno un muso fuor dell'uso,
Vero antidoto d'amor.
FERRANDO, GUGLIELMO E DON ALFONSO
(sottovoce)
Or la cosa è appien decisa;
Se costei non ci ravvisa,
Non c'è più nessun timor.
FIORDILIGI E DORABELLA
(di dentro)
Ehi, Despina! Olà, Despina!
DESPINA
Le padrone!
DON ALFONSO
(a Despina)
Ecco l'istante!
Fa con arte; io qui m'ascondo.
(Si ritira.)
FIORDILIGI E DORABELLA
(escono dalla loro stanza)
Ragazzaccia tracotante,
Che fai lì con simil gente?
Falli uscire immantinente,
O ti fo pentir con lor.
DESPINA, FERRANDO E GUGLIELMO
(Tutti tre s'inginocchiano.)
Ah, madame, perdonate!
Al bel piè languir mirate
Due meschin, di vostro merto
Spasimanti adorator.
FIORDILIGI E DORABELLA
Giusti numi! Cosa sento?
Dell'enorme tradimento,
Chi fu mai l'indegno autor?
DESPINA, FERRANDO E GUGLIELMO
Deh, calmate quello sdegno!
FIORDILIGI E DORABELLA
Ah, che più non ho ritegno!
Tutta piena ho l'alma in petto
Di dispetto e di terror!
DESPINA E DON ALFONSO
(da sè)
Mi dà un poco di sospetto
Quella rabbia e quel furor.
FERRANDO E GUGLIELMO
(da sè)
Qual diletto è a questo petto
Quella rabbia e quel furor!
FIORDILIGI E DORABELLA
(da sè)
Ah, perdon, mio bel diletto;
Innocente è questo cor.
Clicca qui per il testo del recitativo che segue.
DON ALFONSO
(dalla porta)
Che sussurro! Che strepito!
Che scompiglio è mai questo! Siete pazze,
Care le mie ragazze?
Volete sollevar il vicinato?
Cos'avete? Ch'è nato?
DORABELLA
(con furore)
Oh ciel! Mirate:
Uomini in casa nostra.
DON ALFONSO
(senza guardarli)
Che male c'è?
FIORDILIGI
(con fuoco)
Che male? In questo giorno?
Dopo il caso funesto?
DON ALFONSO
Stelle! Sogno, o son desto!
Amici miei, miei dolcissimi amici!
Voi qui? Come? Perchè? Quando?
In qual modo?
Numi! Quanto ne godo!
(piano a Ferrando e Guglielmo)
Secondatemi.
FERRANDO
Amico Don Alfonso!
GUGLIELMO
Amico caro!
(Si abbracciano con trasporto.)
DON ALFONSO
Oh bella improvvisata!
DESPINA
Li conoscete voi?
DON ALFONSO
Se li conosco?
Questi sono i più dolci amici
Ch'io mi abbia in questo mondo
E vostri ancor saranno.
FIORDILIGI
E in casa mia che fanno?
GUGLIELMO
Ai vostri piedi
Due rei, due delinquenti, ecco, Madame!
Amor...
DORABELLA
Numi, che sento!
(Le donne si ritirano, essi le inseguono.)
FERRANDO
Amor, il nume
Sì possente per voi, qui ci conduce.
GUGLIELMO
Vista appena la luce
Di vostre fulgidissime pupille,...
FERRANDO
...che alle vive faville,...
GUGLIELMO
...farfalette amorose agonizzanti,...
FERRANDO
...vi voliamo davanti...
GUGLIELMO
...ed ai lati ed a retro...
FERRANDO E GUGLIELMO
...per implorar pietade in flebil metro.
FIORDILIGI
Stelle! Che ardir!
DORABELLA
Sorella, che facciamo?
Claudio Desderi (Don Alfonso), Adelina Scarabelli (Despina), Josef Kundlak (Ferrando),
Alessandro Corbelli (Guglielmo), Daniela Dessì (Fiordiligi), Delores Ziegler (Dorabella)
dir: Riccardo Muti (1989)
Paolo Montarsolo (Don Alfonso), Teresa Stratas (Despina), Luis Lima (Ferrando),
Ferruccio Furlanetto (Guglielmo), Edita Gruberova (Fiordiligi), Delores Ziegler (Dorabella)
dir: Nikolaus Harnoncourt (1988)
Nicolas Rivenq (Don Alfonso), Ainhoa Garmendia (Despina), Topi Lehtipuu (Ferrando),
Luca Pisaroni (Guglielmo), Miah Persson (Fiordiligi), Anke Vondung (Dorabella)
dir: Iván Fischer (2006)
Walter Berry (Don Alfonso), Olivera Miljaković (Despina), Luigi Alva (Ferrando),
Hermann Prey (Guglielmo), Gundula Janowitz (Fiordiligi), Christa Ludwig (Dorabella)
dir: Karl Böhm (1970)
Claudio Nicolai, Eirian James, Rainer Trost, Rodney Gilfry, Amanda Roocroft, Rosa Mannion, dir: John Eliot Gardiner (1992) | Roman Trekel, Daniela Bruera, Werner Güra, Hanno Müller-Brachmann, Dorothea Röschmann, Katharina Kammerloher, dir: Daniel Barenboim (2002) |
Nel recitativo seguente, dopo che Don Alfonso – che simula di arrivare solo in questo momento – finge di conoscere i due misteriosi visitatori ("Questi sono i più dolci amici ch'io mi abbia in questo mondo", dunque amici anche più cari di Guglielmo e Ferrando!) e tenta di ingraziarli presso le due sorelle, naturalmente senza rivelarne i nomi (anche in questo caso, sarà solo nel finale del secondo atto che verremo a conoscenza del fatto che i due si chiamano... Tizio e Sempronio!), gli albanesi si lanciano nel secondo tentativo di seduzione. È un recitativo accompagnato ("Amor...") di grande trasporto, che in un crescendo di frasi fintamente poetiche e romantiche, sfiora la parodia in maniera talmente evidente ("Farfalette amorose agonizzanti...", "Vi voliamo davanti...", "Ed ai lati ed a retro...") da lasciarci stupiti del fatto che nessuno, sulla scena (sorelle comprese!), scoppi in una sonora risata. Al contrario, segue subito una delle arie più imperiose e drammatiche dell'opera, il celebre "Come scoglio" di Fiordiligi.
La consapevolezza del gioco, in Da Ponte e in Mozart, è lucidissima. Già nel libretto, per esempio, la cerimonia del finto corteggiamento da parte di Ferrando e di Guglielmo segue schemi lessicali nei quali è agevole riconoscere burlevoli echi della polemica antibarocca (e antimelodrammatica) già propria di certa Arcadia di primo Settecento. Tali «smorfie del secolo passato», come le definirà significativamente Don Alfonso, costituiscono uno dei momenti della parodia stilistica che caratterizza la lunga commedia della finzione amorosa.(Francesco Degrada)
Claudio Desderi (Don Alfonso), Josef Kundlak (Ferrando), Alessandro Corbelli (Guglielmo),
Daniela Dessì (Fiordiligi), Delores Ziegler (Dorabella), Adelina Scarabelli (Despina)
dir: Riccardo Muti (1989)
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