8 giugno 2017

Così fan tutte (8) - "Di scrivermi ogni giorno"

Scritto da Christian

Il "lungo addio" delle due coppie prosegue con quelli che non pochi critici hanno definito "le due perle dell'opera", almeno dal punto di vista musicale: due pezzi d'insieme "staticamente lirici" che sanciscono il commiato dei soldati dalle loro dame. Stiamo parlando del quintetto "Di scrivermi ogni giorno" e del successivo terzettino "Soave sia il vento". Qui davvero siamo di fronte a un intreccio di sentimenti contrastanti – la straziante angoscia delle due ragazze, che cantano quasi piangendo; l'accondiscendenza dei due uomini, che pur recitando non riescono a sottrarsi dal partecipare al loro dolore; e il tono sarcastico di Don Alfonso, che trattiene a malapena le risate – che la musica eleva però su un piedistallo come se non si trattasse affatto di una burla: il brano non è infatti buffo bensì sincero e commovente, quasi che Mozart avesse voluto dichiarare, tutto sommato, di stare (a differenza di Da Ponte) dalla parte delle amanti ingannate, di non volerle prendere in giro ma di comprenderne i sentimenti.

Nel quintetto in fa maggiore "Di scrivermi ogni giorno", sotteso da un ininterrotto ostinato degli archi in figure di sedicesimi, il ductus del canto dei due uomini che fingono afflizione non si differenzia da quello delle due afflitte dame, e persino l'«a parte» di Don Alfonso "Io crepo se non rido", pur in contrasto contrappuntistico, non ha effetto di parodia. Intervalli come le settime dei due ufficiali vengono per lo più usati da Mozart per genuini turbamenti emotivi dei suoi personaggi. Eppure in questo numero – rappresentativo anche per altri – si manifesta l'elemento del gioco, come ad esempio nel passaggio in cui le due donne, in staccato su note di un quarto, raccomandano di scrivere ogni giorno. Chi prende in giro, qui, e chi è preso in giro? Sono gli uomini a prendersi gioco delle donne, i personaggi di noi o noi dei personaggi?
(Wolfgang Hildesheimer)
"Così fan tutte", non c'è dubbio, è una commedia, con forti tratti buffi, persino di farsa, e tocchi di "mezzo carattere" sentimentale. Ma seguiamone una sequenza fondamentale [...], ossia la scena quinta e sesta [...]. C'è caso che Da Ponte intendesse il quintetto in senso tutto buffo, alti sentimenti proclamati in tutta insincerità col cinico commento di Don Alfonso – "Io crepo, se non rido!" – pronto a sgonfiarli subito, e che forse neanche lo avesse pensato come un pezzo concertato. Ma qui accade il primo miracolo – non c'è altra parola – di questa miracolosa opera. Un inizio stentato in scrittura ritmica canonica con le parole pronunciate in sillabe staccate – un tratto realistico quasi: la parola si frantuma sotto il peso dell'emozione, spezzata dai singhiozzi: "Di-scri-ver-mi..." – e questa minima idea motivica gira su se stessa immobilizzando il tempo per un istante su un morbido cuscino di viole, poi è Fiordiligi, sulle parole "Sii costante a me sol" a lanciare una immensa melodia dolorosissima, di intensità quasi religiosa, sino alle parole "Mi si divide il cor, bell'idol mio", dove ogni parametro, metrica, ritmo, armonia, strumentazione, perfettamente integrati creano una perfetta, e straziante figura musicale di quella lacerazione del cuore. È un intenso momento di verità musicale, e persino Don Alfonso ne pare commosso, poiché su quel vertice di emozione tace, per riprendere il suo borbottio irridente solo nelle ultime quattro battute. La situazione – il punto di scena, avrebbe detto Verdi – è totalmente falsa, gli uomini fingono i loro sentimenti, le donne agiscono sentimenti che hanno ricevuto per cultura, eppure i quattro, sotto il freddo occhio esterno di Don Alfonso, da quei sentimenti finti o indotti, o forse proprio dalla musica, vengono travolti sino a un attimo di verità. Ci sarebbe un terzo occhio che osserva e orecchio che ode, quello dello spettatore, a cui la drammaturgia di Da Ponte affida il ruolo di vero ironista nell'azione, ma anche costui è annichilito da quella paradisiaca e dolorosa bellezza che sospende in lui ogni giudizio e lo pone in una situazione di conflitto emotivo, verità e falsità si mescolano fino a dividergli il core, non c'è più ironia, non c'è più distacco, tutto si solleva in uno spazio di irresolvibile ambiguità. Nello spettatore attento e di cor gentile la reazione è spesso la sorpresa di trovarsi gli occhi, proprio malgrado, inondati di lacrime.
(Luca Fontana)
Terminato il quintetto, c'è finalmente la partenza dei due soldati, la cui uscita di scena è accompagnata da una ripresa del precedente coro, "Bella vita militar!", che stavolta va sfumando man mano che la barca si allontana. Sul palcoscenico, a mirarla mentre sparisce all'orizzonte, restano Fiordiligi e Dorabella in compagnia di Don Alfonso.

Clicca qui per il testo di "Di scrivermi ogni giorno".

FIORDILIGI
(piangendo)
Di scrivermi ogni giorno
Giurami, vita mia!

DORABELLA
(piangendo)
Due volte ancora tu scrivimi, se puoi.

GUGLIELMO
Non dubitar, mio bene!

FERRANDO
Sii certa, o cara!

DON ALFONSO
(da sè)
Io crepo se non rido!

FIORDILIGI
Sii costante a me sol!

DORABELLA
Serbati fido!

FIORDILIGI, DORABELLA, FERRANDO E GUGLIELMO
Addio!
Mi si divide il cor, bell'idol mio!
Addio! Addio! Addio!

(Mentre si ripete il coro, Ferrando e Guglielmo entrano nella barca che poi s'allontana. I soldati partono, seguiti dagli uomini e dalle donne.)




Miah Persson (Fiordiligi), Anke Vondung (Dorabella), Luca Pisaroni (Guglielmo),
Topi Lehtipuu (Ferrando), Nicolas Rivenq (Don Alfonso)
dir: Iván Fischer (2006)


Daniela Dessì (Fiordiligi), Delores Ziegler (Dorabella), Alessandro Corbelli (Guglielmo),
Josef Kundlak (Ferrando), Claudio Desderi (Don Alfonso)
dir: Riccardo Muti (1989)


Elisabeth Schwarzkopf, Christa Ludwig, Giuseppe Taddei, Alfredo Kraus, Walter Berry
dir: Karl Böhm (1963)

Dorothea Röschmann, Katharina Kammerloher, Hanno Müller-Brachmann, Werner Güra, Roman Trekel, dir: Daniel Barenboim (2002)

Si può ben immaginare che il pittore di scena [della "prima" del 1790] abbia contribuito in modo determinante all'effetto illusionistico d'insieme, ma purtroppo nulla che possa dare un'idea dell'apparato visivo di "Così fan tutte" è stato conservato. Tuttavia un'illustrazione tratta da un'edizione veneziana delle opere di Goldoni ci offre un quadro abbastanza suggestivo dello stile in voga in Italia attorno al 1790 nel campo dell'abbigliamento come dell'arredamento da giardino; vi si possono riconoscere anche i tipici "sedili erbosi" richiesti dagli scenografi del tempo. La scena ricorda molto da vicino quella in cui Don Alfonso, nel primo atto di "Così fan tutte", commenta in tono sardonico il congedo degli amanti.
(Daniel Heartz)