La sfida di Turandot agli uomini avviene sul piano intellettuale, attraverso quel logos che tradizionalmente costituisce il terreno privilegiato del maschile, mentre dalla tradizione alla donna è riconosciuto come terreno dominante il sentimento: l'eros.
Una donna che osa umiliare l'uomo con il pensiero! Siamo persino oltre il femminismo, e solo una principessa (un essere superiore per rango) può permetterselo. Per vendicarsi dell'uomo scende sul suo stesso terreno e lo sconfigge. Ma sappiamo anche che Turandot è in realtà una donna profondamente ferita e il suo eros è congelato.
Il tema degli enigmi non è nuovo nei miti; basti pensare a Edipo, che incontra sul suo cammino la Sfinge. Aver risolto l'enigma assicura a Edipo la mano della regina e il trono di Tebe, con tutto quel che segue...
Edipo ha preso l'enigma proposto dalla Sfinge alla lettera, riducendolo a un "indovinello" e non capendo la natura del problema che aveva di fronte: la ricerca della sua vera identità e lo svelamento del mistero della propria nascita. Leggiamo cosa dice James Hillman a proposito:
Edipo ha avuto una prima opportunità di mettere in pratica l'orecchio psicologico con la Sfinge, e invece l'ascolta come se il suo fosse un indovinello, come se gli ponesse un quesito. L'ascolta con l'orecchio eroico. “Io le chiusi la bocca” (Storr, v. 397). “Risolsi l'indovinello con la mia sola intelligenza” (Grene, v. 398). In questo passo Edipo amplifica la sua posizione eroica parlando di sé stesso in prima persona come ha fatto raramente sino a quel momento nel testo. Chiudere la bocca alla Sfinge, che è un altro modo di tappare le proprie orecchie, è il gesto ricco di senso per il quale il Coro lo loda negli ultimi versi della tragedia: “Guardate questo Edipo / che conosceva gli enigmi famosi ed era il più valente tra gli uomini” (vv. 1524-1525). Per l'uomo più valente, un enigma diviene un problema da risolvere, da sgominare. Inoltre un ainigma, come osserva Marie Delcourt, si riferisce a “tutto ciò che ha un doppio senso: simboli, oracoli, detti sapienzali pitagorici...” Un enigma è come un mantra o un koan o una gnome eraclitea da portare con sé e da cui imparare, la Sfinge come emblema su una pietra dura, messa su una colonna per essere riverita, non gettata in fondo a un dirupo.Vedremo che Calaf non farà lo stesso errore di Edipo, quello cioè di pensare di aver ormai risolto tutto e godersi il frutto della presunta vittoria.(James Hillman, "Variazioni su Edipo", ed. Cortina, 1992, pp. 103-104)
Il paragone di Turandot con la Sfinge non è casuale, perché, al di là della bellezza, anche in Turandot, impenetrabile e dura come giada, implacabile e fredda come spada, si annida una specie di essere mostruoso, complesso e sovraordinato, ben più importante e potente di una semplice donna. Essa è, rispetto al mito dell'eroe, drago e principessa allo stesso tempo: colei che pone il quesito mortale e il premio stesso della soluzione.
Anche i temi che gli enigmi pongono sono ovviamente importanti, perché nelle fiabe, come nei sogni, niente è casuale e conviene prestare attenzione anche ai dettagli. Mentre la Sfinge presenta a Edipo un unico enigma centrato sull'uomo, Turandot ne esige la soluzione di tre, in un crescendo mirabile: le soluzioni sono la speranza, il sangue e, come ultimo, il suo stesso nome. Come si vede, non sono problemi casuali e riguardano soprattutto lei stessa più che lo sfidante, perché quella congelata senza speranza, ferma in un atteggiamento che impedisce al sangue di scorrere più veloce con le emozioni, ma soprattutto estraniata dal principio fondante del femminile e quindi estranea a sé stessa e ridotta al solo nome "di rango" e perciò formale, è proprio lei. È come se Turandot avesse posto al principe l'enigma di sé stessa, quella ricerca che lei non può compiere perché vittima di risentimenti ormai pietrificati dalle difese.
Semplificando al massimo, la Sfinge chiede a Edipo: "Chi sei?", mentre Turandot chiede: "Chi sono?". È sempre in gioco, in fondo in fondo, l'enigma della propria identità più autentica.
Clicca qui per il testo di "Straniero, ascolta".
TURANDOTStraniero, ascolta:
"Nella cupa notte vola un fantasma iridescente.
Sale e spiega l'ale sulla nera infinita umanità.
Tutto il mondo l'invoca e tutto il mondo l'implora.
Ma il fantasma sparisce coll'aurora
per rinascere nel cuore.
Ed ogni notte nasce ed ogni giorno muore!"
CALAF
Sì! Rinasce! Rinasce e in esultanza
mi porta via con sé, Turandot: la Speranza!
I SAPIENTI
La Speranza! La Speranza! La Speranza!
TURANDOT
Sì, la speranza che delude sempre!
"Guizza al pari di fiamma, e non è fiamma.
È talvolta delirio. È febbre d'impeto e ardore!
L'inerzia lo tramuta in un languore.
Se ti perdi o trapassi, si raffredda.
Se sogni la conquista, avvampa, avvampa!
Ha una voce che trepido tu ascolti,
e del tramonto il vivido baglior!"
L'IMPERATORE
Non perderti, straniero!
LA FOLLA
È per la vita! Parla!
Non perderti, straniero! Parla!
LIÙ
È per l'amore!
CALAF
Sì, Principessa! Avvampa e insieme langue,
se tu mi guardi, nelle vene: il Sangue!
I SAPIENTI
Il Sangue! Il Sangue! Il Sangue!
LA FOLLA
Coraggio, scioglitore degli enigmi!
TURANDOT
Percuotete quei vili!
"Gelo che ti dà foco e dal tuo foco più gelo prende!
Candida ed oscura! Se libero ti vuol ti fa più servo.
Se per servo t'accetta, ti fa Re!"
Su, straniero, ti sbianca la paura!
E ti senti perduto!
Su, straniero, il gelo che dà foco, che cos'è?
CALAF
La mia vittoria ormai t'ha data a me!
Il mio fuoco ti sgela: Turandot!
I SAPIENTI
Turandot! Turandot! Turandot!
LA FOLLA
Turandot! Turandot!
Gloria, gloria, o vincitore!
Ti sorrida la vita! Ti sorrida l'amor!
Diecimila anni al nostro Imperatore!
Luce, Re di tutto il mondo!
B. Nilsson, F. Corelli | M. Caballé, L. Pavarotti |
M. Callas, E. Fernandi | M. Dragoni, G. Tieppo |
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