Qui ha inizio la parte più originale della storia, una variante rispetto al tema classico dell'eroe, almeno in occidente (in oriente e in altre culture ci sono alternative ben radicate, ma questo è un argomento che ci porterebbe troppo lontano, anche se mi sta molto a cuore e spero di occuparmene per esteso in altra sede), dove alla vittoria segue sempre l'appropriazione e l'utilizzo del bottino, anche sotto forma di principessa, senza mai chiedere se lei è d'accordo (si dà per scontato).
Turandot non vuole accettare la sconfitta ("No, no, non sarò tua! Non voglio, non voglio!") e di fronte a tanta resistenza il principe sconosciuto dichiara che non la vuole con la forza, ma "tutta ardente d'amor", anche se persino l'imperatore sarebbe disposto, per mantenere il sacro giuramento, a costringere la figlia all'unione forzata.
Egli rilancia la sfida, ancora una volta a proprio rischio: si pone volontariamente alla mercè di Turandot, dandole nuovamente la possibilità di ucciderlo se prima dell'alba lei riuscirà a conoscere il suo nome.
È in atto un gioco di specchi molto importante: è stato svelato il nome della principessa, ora deve essere riconosciuto il nome di lui, del principe ancora “ignoto”, affinché la reciprocità inizi a funzionare, le tenebre possano cedere il passo alla luce, il gelo al calore.
Ricordiamo che all'inizio dell'opera, quando c'è l'incontro col padre, ci viene detto che Timur è il re spodestato dei Tartari, quindi Calaf ne è il principe ereditario. Ma da Turandot stessa sappiamo che proprio il re dei Tartari si era reso colpevole del misfatto ai danni della dolce Lou-Ling. E ora che sia il principe dei Tartari colui che deve riparare l'orrore suscitato dal suo antenato appare ancora più significativo. Se la vendetta viene da lontano, anche la riparazione arriva attraverso la lunga trafila generazionale, di padre in figlio, secondo i tempi biblici e archetipici...
Quello che era stato preso con la violenza deve essere riconquistato con l'amore! È un principio che sembra ovvio, ma che è assolutamente nuovo per la mentalità eroica basata su conquista, guerra, vittoria, bottino. Che l'amore sia più forte della legge è stato annunciato già da Cristo duemila anni fa (Vangelo = buona novella), ma la coscienza occidentale, pur avendolo accettato formalmente, non l'ha mai veramente fatto suo e capito fino in fondo, rimanendo arroccata sui “diritti” dei vincitori e quindi dei più forti e dei prevaricatori.
In oriente l'insegnamento buddista ha allenato le coscienze, anche attraverso le pratiche yogiche, al non attaccamento e alla quiete dei desideri e dell'anima, e con Gandhi c'è stato l'unico vero tentativo politico di applicazione della “non violenza”, ma il pensiero dominante che noi conosciamo rimane ancorato alla mentalità eroica della lotta che sfocia nell'annullamento dell'avversario (gli "stati canaglia"!).
Perciò l'atteggiamento di Calaf è assolutamente inedito! Egli cerca di vincere “ponendosi sotto”, alla mercè dell'altro. Non è passivo né rinunciatario, tanto meno depresso o vittimista; è anzi pieno di quella speranza che era la soluzione del primo quesito, il suo sangue è caldo e generoso come vuole il secondo e non rinuncia a colei per la quale sta sfidando la morte, che è il premio stesso dell'ultimo enigma.
Forse possiamo trovare un tentativo simile di sottoporsi al femminile per redimerlo nel principe Myskin di Dostoevskij (l'antieroe per eccellenza...), e sicuramente il fascino del personaggio russo sta nell'assoluto candore e nella smisurata pietà e compassione; atteggiamenti peraltro ben diversi dalla calda passione di Calaf e dal suo spirito attivo (egli rimane un eroe, anche se trova una soluzione diversa dagli eroi classici).
Che il comportamento di Calaf sia centrato sull'eros, mentre quello di Turandot è centrato sul logos, sembra rovesciare i luoghi comuni che vogliono la donna regina dell'eros e l'uomo dominatore del logos. Ma Jung ci ha insegnato come queste categorie siano relative quando si riferiscano a uomini e donne particolari, mentre hanno una validità “archetipica”, cioè modi di alludere a forme strutturanti di principi: il maschile e il femminile come aspetti di differenziazione della coscienza universale, così come il giorno e la notte fanno parte di un'unica entità temporale differenziata attraverso gli opposti.
La controparte femminile nell'uomo è chiamata da Jung “Anima” ed è una funzione essenzialmente di relazione, che regola e determina la qualità del mondo emotivo e relazionale dell'uomo con il proprio mondo interiore e con il fuori, soprattutto con la donna. Va da sé che quelli che hanno una funzione animica più differenziata e meglio allenata sono gli uomini più aperti al sentimento e all'eros. In questo senso Calaf è sicuramente un uomo la cui Anima è molto sviluppata e lo può guidare con sicurezza là dove un altro esiterebbe.Clicca qui per il testo di "Figlio del Cielo!".
TURANDOT
Figlio del Cielo! Padre augusto!
No! Non gettar tua figlia
nelle braccia dello straniero!
L'IMPERATORE
È sacro il giuramento!
TURANDOT
No, non dire! Tua figlia è sacra!
Non puoi donarmi a lui,
a lui come una schiava.
Ah, no! Tua figlia è sacra!
Non puoi donarmi a lui
come una schiava morente di vergogna!
Non guardarmi così!
Tu che irridi al mio orgoglio,
non guardarmi così!
Non sarò tua! No, non sarò tua!
Non voglio, non voglio!
L'IMPERATORE
È sacro il giuramento!
LA FOLLA
È sacro il giuramento!
Ha vinto, Principessa!
Offrì per te la vita!
TURANDOT
Mai nessun m'avrà!
LA FOLLA
Sia premio al suo ardimento!
TURANDOT
Mi vuoi nelle tue braccia a forza,
riluttante, fremente?
LA FOLLA
È sacro, è sacro,
è sacro il giuramento, è sacro!
CALAF
No, no, Principessa altera!
Ti voglio tutta ardente d'amor!
LA FOLLA
Coraggioso! Audace!
Coraggioso! O forte!
CALAF
Tre enigmi m'hai proposto,
e tre ne sciolsi.
Uno soltanto a te ne proporrò:
Il mio nome non sai. Dimmi il mio nome.
Dimmi il mio nome prima dell'alba,
e all'alba morirò...
L'IMPERATORE
Il cielo voglia che col primo sole
mio figliolo tu sia!
LA FOLLA
Ai tuoi piedi ci prostriam,
Luce, Re di tutto il mondo!
Per la tua saggezza, per la tua bontà
ci doniamo a te, lieti in umiltà,
a te salga il nostro amor!
Diecimila anni al nostro Imperatore!
A te, erede di Hien-Wang noi gridiam:
Diecimila anni al nostro Imperatore!
Alte, alte le bandiere!
Gloria a te! Gloria a te!
Eva Marton, Placido Domingo |
J. Sutherland, L. Pavarotti | M. Caballé, J. Carreras |
1 commenti:
Da notare che proprio in questa scena ("Il mio nome non sai. Dimmi il mio nome...") si può sentire in anteprima il tema musicale che verrà poi sviluppato da Puccini all'inizio del terzo atto nell'aria più celebre dell'opera, "Nessun dorma".
Posta un commento