12 marzo 2017

Norma (5) - "Norma viene"

Scritto da Marisa

Ed ecco entrare in scena Norma, il personaggio centrale, quella che dà il nome all'intera opera, una delle figure femminili più memorabili e indimenticabili di tutto il repertorio lirico. La sua apparizione era già stata invocata all'inizio da parte del popolo tutto (“Sacro vischio a mietere / Norma verrà?"). Ed ora viene solennemente annunciata: “Norma viene: le cinge la chioma / la verbena ai misteri sacrata; / In sua man come luna falcata / l'aurea falce diffonde splendor".

Abbiamo già precisato che, anche nel mondo celtico dove pur le donne avevano un certo potere come “sacerdotesse”, la funzione sacerdotale massima era appannaggio dei veri Druidi, uomini di alto lignaggio e potere, gli unici addetti al taglio del sacro vischio. Ricordiamo che il vischio era la pianta sacra anche per i Vichinghi, e un suo ramo era stato utilizzato come freccia per uccidere il dio più amato, Balder, in un contesto di gelosia tra fratelli (l'ambiguo Loki!), adempiendo così a pieno il suo ruolo di simbolo di morte e rinascita. Ma questa è un'altra storia... L'attribuire a Norma, in questa opera, un tale ruolo è funzionale ad ingigantirne la portata e rendere più drammatica la vicenda.

Norma ci si presenta subito con tutte insegne del potere sacerdotale e ricorda ai suoi che lei non si lascia intimidire da nessuno perché nessuno può “dettar responsi alla veggente Norma”. Lei sola può leggere negli arcani misteri divini e interpretarne i voleri. Ma capiamo subito che sta abusando del suo potere e manipolando i suoi per non nuocere ai romani e tenere il più possibile l'amante vicino a sé, anche se lo sente ormai emotivamente lontano e sospetta di averne perso l'amore. È la donna innamorata che sta parlando e che utilizza la sacerdotessa per proteggere il proprio uomo! Alle pressanti richieste di Oroveso e dei guerrieri, risponde che per ora i segnali divini sono contrari ad una rivolta armata e che non bisogna sfidare la potenza di Roma, troppo più forte di loro. Ma c'è una profezia in tutto questo trattenere i suoi: ”Della superba Roma è scritto il nome. / Ella un giorno morrà, ma non per voi. / Morrà pei vizi suoi”. Col senno di poi, sappiamo quanto questa profezia sia esatta. Saranno sì i popoli barbarici (Goti, Unni, Vandali...) a far cadere una Roma ormai indebolita dai vizi e dalle effeminatezze, ma questo è troppo lontano per gli impazienti Galli che vorrebbero recuperare subito la libertà e hanno ancor vivo il ricordo del valore di Brenno.

Il problema che emerge però è questo: i responsi divini sono autentiche rivelazioni del destino che si prepara, conoscenze che l'uomo può in qualche modo utilizzare per assecondarlo o prevenirlo, o sono semplici stratagemmi che chi ha un certo potere utilizza per manipolare gli altri, sfruttando la buona fede e la credulità di chi è in una situazione di incertezza e debolezza? La questione è molto complessa. Qui vediamo Norma, come una spregiudicata “maga” dei nostri tempi, manipolare il volere divino per i suoi interessi personali. Ma ricordiamoci che questa è un'opera dell'ottocento, secolo ancora intriso di illuminismo, epoca in cui la fiducia nella razionalità umana e nelle possibilità di un progresso affidato solo alle sue conquiste sono in continua ascesa e la scienza inizia a fare progressi da gigante, anche se il tentativo di mettersi in contatto con il soprannaturale non è mai venuto meno, come dimostra il fiorire delle sedute spiritistiche con tanto di tavolini parlanti!

Per tutta l'antichità, comunque, in ogni tipo di cultura e religione la fiducia nei responsi divini era vivissima e quindi i tentativi di conoscerli e di interpretarli sono stati sempre molto praticati, dalla lettura del volo degli uccelli e delle viscere degli animali sacrificati per gli Etruschi e poi per i Romani, ai responsi sibillini delle sacerdotesse di Apollo a Delfi e a Cuma, o di Zeus a Dodona e Olimpia. Erodoto, come primo storico, ce ne dà ampia testimonianza, raccontando come praticamente non ci si accingeva a nessuna impresa di un certo rilievo senza aver prima consultato qualche oracolo. I sogni poi, come possiamo vedere già dalla Bibbia, hanno sempre avuto un significato profetico, come se un dio parlasse attraverso di essi. Il grande Jung ne darà finalmente un'inquadratura scientifica con la scoperta dell'inconscio collettivo, grande deposito di tutte le esperienze dell'umanità e radice di ogni possibile sviluppo, perché il futuro non può che essere il frutto dei semi depositati in passato, anche se a volte in chiave molto lontana dai nostri desideri e aspettative. Come prevedere quali degli innumerevoli semi si svilupperanno, e in che modo? Solo la storia ce lo dirà, ma intanto qualche sogno può suggerirlo... Nel post “Le carte”, a commento dell'episodio della Carmen, si può leggere qualche altra riflessione sul tentativo di conoscere il destino. Ma mentre a Carmen e alle sue compagne interessa solo il proprio futuro, qui è in gioco il futuro di tutto un popolo!

Clicca qui per il testo di "Norma viene".

(Druidi dal fondo, Sacerdotesse, Guerrieri, Bardi, Eubagi, Sacrificatori, e in mezzo a tutti, Oroveso.)

CORO
Norma viene: le cinge la chioma
La verbena ai misteri sacrata;
In sua man come luna falcata
L'aurea falce diffonde splendor.
Ella viene, e la stella di Roma
Sbigottita si copre d'un velo;
Irminsul corre i campi del cielo
Qual cometa foriera d'orror.

Clicca qui per il testo del recitativo "Sediziose voci".

(Entra Norma in mezzo alle sue ministre. Ha sciolto i capelli, la fronte circondata di una corona di verbena, ed armata la mano d'una falce d'oro. Si colloca sulla pietra druidica, e volge gli occhi d'intorno come ispirata. Tutti fanno silenzio.)

NORMA
Sediziose voci, voci di guerra
Avvi chi alzarsi attenta
Presso all'ara del Dio?
V'ha chi presume
Dettar responsi alla veggente Norma,
E di Roma affrettar il fato arcano?
Ei non dipende, no, non dipende
Da potere umano.

OROVESO
E fino a quando oppressi
Ne vorrai tu?
Contaminate assai
Non fur le patrie selve
E i templi aviti
Dall'aquile latine?
Omai di Brenno oziosa
Non può starsi la spada.

UOMINI
Si brandisca una volta!

NORMA
E infranta cada.
Infranta, sì, se alcun di voi snudarla
Anzi tempo pretende.
Ancor non sono della nostra vendetta
I dì maturi.
Delle sicambre scuri
Sono i pili romani ancor più forti.

OROVESO E UOMINI
E che t'annunzia il Dio?
Parla! Quai sorti?

NORMA
Io ne' volumi arcani leggo del cielo,
In pagine di morte
Della superba Roma è scritto il nome.
Ella un giorno morrà,
Ma non per voi.
Morrà pei vizi suoi,
Qual consunta morrà.
L'ora aspettate, l'ora fatal
Che compia il gran decreto.
Pace v'intimo…
E il sacro vischio io mieto.




"Norma viene"
dir: Lu Jia (2014)


"Norma viene"
dir: Tullio Serafin (1953)

"Sediziose voci"
Maria Callas (1952)

2 commenti:

Unknown ha detto...

Il fatto che Roma cadde per una presunta decadenza morale è frutto di una storiografia di stampo ottocentesco e romanticizzata, oggi totalmente superata; sappiamo bene che le cause furono diverse da quelle e molteplici, ed anzi che fino almeno alla fine del IV secolo non si verificò una decadenza univoca, ma si ebbero momenti di splendore e crisi. Quindi no, la profezia di Norma, per quanto artisticamente valida, è inesatta secondo una storiografia odierna.


Marisa ha detto...

Quello di Norma è un tentativo di allontanare per ora la vendetta del suo popolo dalla testa di Pollione. Finchè lo ama vuole proteggerlo a tutti i costi, anche abusando del suo potere profetico...
La vedremo infatti, appena un pò dopo, cambiare tono...
Certamente la storia è molto più complessa e meno "moralistica"