23 febbraio 2018

Rigoletto (10) - "Parmi veder le lagrime"

Scritto da Christian

Il secondo atto si svolge nelle sale del Palazzo Ducale di Mantova. Il Duca, dopo aver scoperto che Gilda è stata rapita (il libretto ci spiega come, colto da un "presagio interno", fosse tornato brevemente sui suoi passi fino alla casa di Rigoletto, solo per trovare "l'uscio schiuso" e "la magion deserta"), piomba in uno stato d'ansia e infelicità. Per la prima e unica volta, nello spazio di un'aria ("Parmi veder le lagrime"), il fatuo dongiovanni veste i panni del sincero innamorato, quasi "uno strappo alla vera natura del ruolo", finendo per assomigliare ai tenori amorosi di tante altre opere. Questa momentanea trasformazione è dovuta proprio all'influsso della purezza di Gilda, come lui stesso riconosce ("Colei sì pura, al cui modesto sguardo / quasi spinto a virtù talor mi credo!"): naturalmente, è quel "quasi" a fare la differenza, Se il brano ci appare come il più convenzionale dell'intera opera, non appena i cortigiani giungono a comunicargli di aver portato nel palazzo la supposta "amante" di Rigoletto e il Duca si rende conto che si tratta proprio della sua Gilda, la sua personalità ritorna quella di prima e non ha altro pensiero che approfittare dell'occasione che gli è stata fornita dai suoi scherani su un piatto d'argento. La nuova situazione gli consente di non dover nemmeno più proseguire nella finzione (ovvero farsi passare per il "povero studente" Gualdier Maldè): Gilda è già nelle sue stanze, a sua disposizione. La cabaletta che segue, a volte tagliata dalle rappresentazioni ("Possente amor mi chiama"), segna un ritorno al Duca che conoscevamo, subito pronto a soddisfare le proprie passioni in maniera del tutto egoista.

A causa dei divieti della censura, Verdi e Piave scelsero di omettere una scena alquanto esplicita che era invece presente nel dramma originale di Victor Hugo, quando Bianca (il personaggio che loro rinominarono in Gilda), trovandosi faccia a faccia con il re Francesco, si rifugia nella sua camera da letto, chiudendo la porta a chiave. Ma il re, ridendo, estrae di tasca una chiave, apre la porta ed entra nella stanza. Nell'opera non assistiamo invece all'incontro fra Gilda e il Duca, né a quello che segue.

Il taglio della scena con la chiave significava a questo punto un distacco sostanziale dalla tragedia di Hugo. “Converrà per noi trovare qualche cosa di meglio”, aveva detto Verdi, ma il meglio che assieme a Piave potè escogitare fu una scena assai convenzionale e una doppia aria. Nella tragedia il re partecipa di persona al rapimento di Blanche; nell’opera il ratto avviene all’insaputa del Duca e di qui la sua disperazione. Essa gli è stata tolta! Lei, l’unica persona al mondo che avrebbe potuto ispirargli un amore duraturo. L’andante (“Parmi veder le lacrime”) basato su due strofe di sei versi ciascuna invece delle solite quartine, è una bellissima pagine in cui lo schema belliniano (a1 a2 b a2 e coda) è trattato con ampiezza e flessuosità nuove. È inevitabile chiedersi perché un pezzo di così splendida poesia musicale sia stato concesso al Duca; non urta con tutto ciò che sappiamo del suo carattere? Niente affatto: psicologicamente è perfettamente adatto, purché pendiamo al Duca come a un essere umano e non a un mostro. Per il bambino ricco e viziato c’è sempre un balocco più bello nella vetrina del negozio e il pesce più grosso è sempre quello che ha preso il largo. Per il seduttore incallito, la donna desiderata invano a causa di un ostacolo è proprio quella con cui avrebbe potuto felicemente dividere il resto dei suoi giorni: non si tratta tanto di una sentimento insincero, quanto di un’autoillusione. È ancora Mozart che, in "Così fan tutte", dimostrò come i personaggi che ingannano se stessi richiedano un’espressione musicale altrettanto sentita e partecipe di quella attribuita alle figure nobili, pure e consapevoli. L’impegno sentimentale del Duca è abbastanza genuino, ma è passeggero. Nel momento in cui viene a sapere che Gilda è in trappola ecco che si trasforma da poeta in pavone. Dopo la sua cadenza finale, entrano gongolando i cortigiani a rievocare all’unisono l’avventura della notte precedente (“Scorrendo uniti remota via”). Una delle ragioni per cui le loro parole risultano più incomprensibili del solito è la natura della melodia, della vita ritmica affatto autonoma; perfetta però per denotare la giocondità crudele dei cortigiani, dei quali si potrebbe dire, come per le streghe del "Macbeth", che hanno un ruolo di primo piano nel cast. Il brano si conclude su una mezza cadenza alla dominante che serve ad introdurre la cabaletta del Duca (“Possente amor mi chiama”), spesso tagliata nelle rappresentazioni. Certo, come pezzo musicale non è granché, orchestrato in uno stile che si discosta poco dal Verdi giovane; inoltre una cabaletta “in parentesi” alla vecchia maniera, cantata proprio quando il personaggio dovrebbe uscir di scena. Tuttavia la sua omissione produce uno stridente anacoluto armonico, con la cadenza alla dominante di re maggiore lasciata irrisolta, e poi la cabaletta è necessaria per ristabilire l’equilibrio formale e psicologico della scena e per chiarire in termini musicali che tipo d’uomo sia davvero il Duca.
(Julian Budden)

Clicca qui per il testo di "Ella mi fu rapita!... Parmi veder le lagrime".

Salotto nel palazzo ducale. (Vi sono due porte laterali, una maggiore nel fondo che si chiude. Ai suoi lati pendono i ritratti, in tutta figura, a sinistra del Duca, a destra della sua sposa. V’ha un seggiolone presso una tavola coperta di velluto e altri mobili.)

DUCA (entrando, agitato)
Ella mi fu rapita!
E quando, o ciel?... Ne’ brevi
istanti, prima che il mio presagio interno
sull’orma corsa ancora mi spingesse!
Schiuso era l’uscio! E la magion deserta!
E dove ora sarà quell’angiol caro?
Colei che prima potè in questo core
destar la fiamma di costanti affetti?
Colei sì pura, al cui modesto sguardo
quasi spinto a virtù talor mi credo!
Ella mi fu rapita!
E chi l’ardiva?... Ma ne avrò vendetta.
Lo chiede il pianto della mia diletta.

Parmi veder le lagrime
scorrenti da quel ciglio,
quando fra il dubbio e l’ansia
del subito periglio,
dell’amor nostro memore
il suo Gualtier chiamò.
Ned ei potea soccorrerti,
cara fanciulla amata;
ei che vorria coll’anima
farti quaggiù beata;
ei che le sfere agli angeli
per te non invidiò.

Clicca qui per il testo di "Duca! Duca!... Scorrendo uniti remota via".

(Marullo, Ceprano, Borsa ed altri cortigiani entrano dal mezzo.)

BORSA, MARULLO, CEPRANO, CORO
Duca, Duca!

DUCA
Ebben?

BORSA, MARULLO, CEPRANO, CORO
L’amante
fu rapita a Rigoletto.

DUCA
Come? E d’onde?

BORSA, MARULLO, CEPRANO, CORO
Dal suo tetto.

DUCA
Ah! Ah! dite, come fu?

BORSA, MARULLO, CEPRANO, CORO
Scorrendo uniti remota via,
brev’ora dopo caduto il dì,
come previsto ben s’era in pria,
rara beltà ci si scoprì.
Era l’amante di Rigoletto,
che vista appena si dileguò.
Già di rapirla s’avea il progetto,
quando il buffone ver noi spuntò;
che di Ceprano noi la contessa
rapir volessimo, stolto, credè;
la scala, quindi, all’uopo messa,
bendato ei stesso ferma tenè.
La scala, quindi, ecc.
Salimmo, e rapidi la giovinetta
a noi riusciva quindi asportar.

DUCA (da sé)
Cielo!

BORSA, MARULLO, CEPRANO, CORO
Quand’ei s’accorse della vendetta
restò scornato ad imprecar.

DUCA (da sé)
È dessa, la mia diletta!
(forte)
Ma dove or trovasi la poveretta?

BORSA, MARULLO, CEPRANO, CORO
Fu da noi stessi addotta or qui.

DUCA (da sé)
Ah, tutto il ciel non mi rapì!

Clicca qui per il testo di "Possente amor mi chiama".

DUCA (alzandosi con gioia)
Possente amor mi chiama,
volar io deggio a lei;
il serto mio darei
per consolar quel cor.
Ah! sappia alfin chi l’ama,
conosca alfin chi sono,
apprenda ch’anco in trono
ha degli schiavi amor.
(esce frettoloso dal mezzo)

TUTTI
(Quale pensiero or l’agita,
come cangiò d’umor!)




Luciano Pavarotti (Duca di Mantova)
dir: Riccardo Chailly (1983)


Roberto Alagna (Duca di Mantova)
dir: Riccardo Muti (1994)


"Ella mi fu rapita!... Parmi veder le lagrime"
Mario del Monaco (1954)


"Ella mi fu rapita!... Parmi veder le lagrime"
Giuseppe di Stefano (1950)


"Ella mi fu rapita!... Parmi veder le lagrime"
Nicolai Gedda (1967)


"Ella mi fu rapita!... Parmi veder le lagrime"
Alfredo Kraus (1987)


"Possente amor mi chiama"
Mario del Monaco (1954)

"Possente amor mi chiama"
Alfredo Kraus (1963)