20 marzo 2018

Rigoletto (16) - La tempesta

Scritto da Christian

Rigoletto ordina alla figlia di tornare a casa, di vestirsi da uomo (per maggior sicurezza) e di partire a cavallo per Verona, dove lui la raggiungerà l'indomani a vendetta compiuta. Dopodiché prende gli ultimi accordi con Sparafucile ("Venti scudi hai tu detto? Eccone dieci, e dopo l’opra il resto"), confermandogli che vuole il Duca morto e spiegandogli che tornerà a mezzanotte per gettare il cadavere nel fiume. Non si capisce bene perché non rimanga ad assistere all'omicidio, se non per necessità drammaturgiche. Alla richiesta di Sparafucile di conoscere il nome della sua vittima (ricordiamo che il brigante è straniero, borgognone, e dunque è plausibile che non riconosca il volto del Duca), il gobbo risponde: "Egli è Delitto, Punizion son io". A parte Dostoevskij, impossibile non pensare a Sylvester Stallone che nel film "Cobra" diceva ai criminali: "Tu sei il male, io sono la cura"!.

Nel frattempo il Duca continua a intrattenersi con Maddalena, bevendo e ridendo: nel loro dialogo, ogni tanto, si può udire un richiamo musicale al quartetto precedente, "Bella figlia dell'amore". Ma sta per avvicinarsi una tempesta: si odono già i primi tuoni e l'inizio della pioggia. La rappresentazione di un temporale in musica è un classico luogo comune dell'opera italiana (si pensi in particolare agli esempi rossiniani ne "Il barbiere di Siviglia" o ne "La cenerentola"), ma qui Verdi non lo utilizza come elemento separatore bensì lo ingloba sullo sfondo di una scena che comprende recitativi e terzetti. Julian Budden commenta: "Diversamente dalla maggior parte dei temporali musicali, questo non è organizzato in modo continuo fino alla massima esplosione, ma è concepito in modo da sembrare sempre presente". Musicalmente le forze della natura sono tratteggiate in modo esemplare, dai primi brontolii in lontananza fino al ricorrere di tre elementi a più riprese: i lampi, i tuoni e il vento (reso, quest'ultimo, con le voci del coro dietro la scena). Visto il brutto tempo, il Duca conferma la sua intenzione di pernottare nella locanda (Sparafucile gli cede il suo letto), rifiutando l'invito di Maddalena a partire. La ragazza, infatti, lo ha preso in simpatia e vorrebbe risparmiargli la sorte funesta che il fratello ha in serbo per lui. Vediamo dunque il Duca spostarsi nel granaio, adagiarsi sul letto e addormentarsi canticchiando "La donna è mobile", la cui ripresa ci conferma come si tratti di una canzone sempre nei suoi pensieri.

Rimasta sola con Sparafucile, Maddalena comincia a esternare le sue perplessità: il giovane sconosciuto è "amabile invero", vale molto più di venti scudi... La prostituta che nel quartetto precedente scherzava sull'amore con un certo cinismo ha finito anche lei per innamorarsi. E alla fine chiede esplicitamente al fratello di risparmiare la vita al Duca: "Somiglia un Apollo quel giovane, io l’amo, ei m’ama... riposi... né più l’uccidiamo". E visto che Sparafucile è preoccupato soprattutto di intascare la ricompensa, Maddalena arriva persino a proporgli di uccidere Rigoletto quando tornerà con i restanti dieci scudi. Ma l'assassino dimostra di avere, nonostante tutto, una sua "deontologia professionale": "Un ladro son forse? Son forse un bandito? Qual altro cliente da me fu tradito? Mi paga quest’uomo, fedele m’avrà". Ma alla fine, dopo altre insistenze da parte della sorella, si offre di uccidere al posto del Duca la prima persona che giungerà alla locanda entro mezzanotte ("Se pria ch’abbia il mezzo la notte toccato / alcuno qui giunga, per esso morrà"). Certo, realisticamente la cosa ha poco senso: Rigoletto lo ha pagato per eliminare un uomo ben preciso, e non uno a caso. Ma un volta chiuso nel sacco e buttato nel fiume, pensa il brigante, un cadavere vale un altro: inoltre il buffone lascerà immediatamente la città, e dunque potrebbe non venire mai a conoscenza della verità (ricordiamo ancora una volta che Sparafucile ignora che la vittima designata sia il Duca, cioè un personaggio la cui scomparsa o meno è destinata a fare rumore).

Nel frattempo, all'esterno della locanda, è ricomparsa Gilda: vestita in abiti maschili, come le aveva chiesto il padre, non è però partita per Verona ma ha sentito il bisogno di tornare in questo luogo fatidico, come guidata dal destino o, meglio ancora, dall'amore ("Amor mi trascina...", dice in effetti). Assiste così al dialogo fra i due fratelli e apprende finalmente qual è il piano di vendetta del padre, nonché la sorte che attende l'amato Duca. Nell'udire i tentativi di Maddalena di salvargli la vita ("Oh, buona figliuola!", commenta: un po' fuori luogo, visto che poco prima la donna aveva proposto di uccidere a tradimento Rigoletto!), si stupisce anche lei di come una donna di questo tipo pianga per lui. E prende la risoluzione più terribile: quella di sacrificare la propria vita per salvare l'amato.

Che! piange tal donna! né a lui darò aita!
Ah, s’egli al mio amore divenne rubello,
io vo’ per la sua gettar la mia vita.
Come all'esterno la tempesta aumenta di intensità, così cresce il contrasto nell'animo dei tre personaggi. Anche il rintocco delle campane (naturalmente in Do), che annunciano l'approssimarsi della mezzanotte, concorre all'atmosfera musicale. Il percorso drammaturgico del personaggio di Gilda raggiunge qui il suo culmine.
Quella bimba ingenua sino al limite del credibile, dopo aver conosciuto l’amore in modo diverso da come l’immaginava, diviene traumaticamente, prima nella confessione dell’oltraggio subito (il rapimento e la rottura dell’illusione nell’incontro col Duca a palazzo, e chissà che altro ancora: «Tutte le feste al tempio»), poi nel quartetto "Bella figlia dell'amore" e infine nella «Scena, terzetto e tempesta», una donna matura e consapevole, assoluta dominatrice della scena.
(Michele Girardi)
La decisione è presa: Gilda bussa alla porta dell'osteria, fingendosi un mendicante, e va volontariamente incontro alla morte, nella consapevolezza di salvare così la vita di un uomo che pure non la ama. L'amore di Gilda, invece, è talmente grande che prima di compiere il gesto fatale non ha soltanto un pensiero per il padre ma persino per i suoi due carnefici ("Oh ciel, per quegl’empi ti chieggo perdono!"). Subito dopo che la ragazza è ferita a morte, la tempesta sembra cominciare a placarsi.
L’altro luogo dell’opera in cui un evento che si svolge all’esterno è posto in relazione col quadro visivo e con il dramma è la tempesta del terz’atto, citata anche come tale nell’indice dei pezzi (n. 13 «Scena, Terzetto e Tempesta»). E pensiamo anche alla portata metaforica di tale evento, visto che noi partecipiamo dell’azione in modo speciale, poiché vediamo contemporaneamente l’osteria da fuori e da dentro. Qui Verdi impiegò, ed è un unicum nel suo teatro, il coro maschile in funzione connotativa: lo schema della mimesi dell’atmosferico prevede il lampo, seguito dal tuono (cui da voce il rullo dalla gran cassa interna) e dal coro maschile, che vocalizza a bocca chiusa sopra un movimento cromatico di terze parallele, il cui ambito d’estensione, ampliato da una terza minore a una quinta diminuita, accompagna le varie fasi d’intensità del fenomeno. L’effetto ha mire realistiche, ma viene prodotto con mezzi onomatopeici – in termini riduttivi l’intervento del coro potrebbe essere definito come la mimesi del vento – rispecchiando fedelmente la celebre massima del maestro per cui era meglio «inventare il vero» piuttosto che imitarlo pedissequamente. Questo ‘vero’ ricreato è il clima ideale per un omicidio, poiché accresce a dismisura la tensione e interagisce con i personaggi: Sparafucile, da bravo professionista, intravede i vantaggi per il proprio lavoro («La tempesta è vicina!.. / Più scura fia la notte»), mentre Gilda torna sui suoi passi con l’animo scosso da oscuri presagi («Qual notte d’orror»). Maddalena, che per salvare il giovane di cui s’è invaghita ha convinto il fratello a uccidere il primo viandante che busserà alla porta, viene còlta da una comprensibile ansia («È buia la notte, il ciel troppo irato, / Nessuno a quest’ora da qui passerà»), dal canto suo il Duca rimane totalmente indifferente all’osservazione di Sparafucile («E pioverà tra poco – Tanto meglio / Io qui mi tratterrò »). Ma la tempesta ha l’effetto più forte su Rigoletto, al suo rientro in scena per riscuotere il sacco che ha commissionato: «Qual notte di mistero! Una tempesta in cielo!... In terra un omicidio!... Oh come invero qui grande mi sento!». Il fulminante parallellismo fra cielo e terra, fallace presupposto della sua grandezza, gli si rovescerà addosso poco dopo con tutta la forza di un’ironia che più tragica non potrebbe essere.
(Michele Girardi)
Clicca qui per il testo di "M’odi! Ritorna a casa".

RIGOLETTO (a Gilda)
M’odi! Ritorna a casa.
Oro prendi, un destriero,
una veste viril che t’apprestai,
e per Verona parti.
Sarovvi io pur doman.

GILDA
Or venite...

RIGOLETTO
Impossibil.

GILDA
Tremo.

RIGOLETTO
Va.

(Il Duca e Maddalena stanno sempre fra loro parlando, ridendo, bevendo. Partita Gilda, Rigoletto va dietro la casa, e ritorna parlando con Sparafucile e contandogli delle monete.)

RIGOLETTO
Venti scudi hai tu detto? Eccone dieci,
e dopo l’opra il resto.
Ei qui rimane?

SPARAFUCILE
Sì.

RIGOLETTO
Alla mezzanotte ritornerò.

SPARAFUCILE
Non cale;
a gettarlo nel fiume basto io solo.

RIGOLETTO
No, no; il vo’ far io stesso.

SPARAFUCILE
Sia... Il suo nome?

RIGOLETTO
Vuoi sapere anche il mio?
Egli è Delitto, Punizion son io.
(Parte; il cielo si oscura e tuona.)

SPARAFUCILE
La tempesta è vicina!
Più scura fia la notte.

DUCA
Maddalena?
(per prenderla)

MADDALENA (sfuggendogli)
Aspettate... Mio fratello viene.

DUCA
Che importa?

MADDALENA
Tuona!

SPARAFUCILE (entrando)
E pioverà tra poco.

DUCA
Tanto meglio.
Tu dormirai in scuderia...
All’inferno... Ove vorrai.

SPARAFUCILE
Oh, grazie.

MADDALENA (piano al Duca)
Ah no!... Partite.

DUCA (a Maddalena)
Con tal tempo?

SPARAFUCILE (piano a Maddalena)
Son venti scudi d’oro.
(al Duca)
Ben felice d’offrirvi la mia stanza.
Se a voi piace tosto a vederla andiamo.
(prende un lume e s’avvia per la scala)

DUCA
Ebben, sono con te... Presto, vediamo.
(Dice una parola all’orecchio di Maddalena e segue Sparafucile.)

MADDALENA
Povero giovin!... Grazioso tanto!
Dio! qual notte è questa!

DUCA
(giunto al granaio, vedendone il balcone senza imposte)
Si dorme all’aria aperta? Bene, bene.
Buona notte.

SPARAFUCILE
Signor, vi guardi Iddio.

DUCA
Breve sonno dormiam; stanco son io.
(Depone il cappello, la spada e si stende sul letto. Maddalena frattanto siede presso la tavola. Sparafucile beve dalla bottiglia lasciata dal Duca. Rimangono ambedue taciturni per qualche istante, e preoccupati da gravi pensieri.)
La donna è mobile,
qual piuma al vento,
muta d’accento
e di pensiero...
muta d’accento
e di pen...
la donna... è mobil... ecc.
(s’addormenta)

Clicca qui per il testo di "È amabile invero cotal giovinotto".

MADDALENA
È amabile invero
cotal giovinotto.

SPARAFUCILE
Oh sì... Venti scudi
ne dà di prodotto.

MADDALENA
Sol venti!... Son pochi!
valeva di più.

SPARAFUCILE
La spada, s’ei dorme,
va, portami giù.

(Maddalena sale al granaio e contempla il dormente, poi ripara alla meglio il balcone e scende portando con sé la spada. Nel frattempo Gilda comparisce nel fondo della via in costume virile, con stivali e speroni, e lentamente si avanza verso l’osteria, mentre Sparafucile continua a bere. Spessi lampi e tuoni.)

GILDA (da sé)
Ah, più non ragiono!
Amor mi trascina...
Mio padre, perdono!
(tuono)
Qual notte d’orrore!
Gran Dio, che accadrà?

MADDALENA
(posata la spada del Duca sulla tavola)
Fratello?

GILDA (osservando per la fessura)
Chi parla?

SPARAFUCILE (frugando in un credenzone)
Al diavol ten va!

MADDALENA
Somiglia un Apollo,
quel giovane, io l’amo,
ei m’ama... Riposi...
né più l’uccidiamo.

GILDA (ascoltando)
Oh cielo!

SPARAFUCILE (gettandole un sacco)
Rattoppa quel sacco!

MADDALENA
Perché?

SPARAFUCILE
Entr’esso il tuo Apollo, sgozzato da me,
gettar dovrò al fiume.

GILDA
L’inferno qui vedo!

MADDALENA
Eppure il denaro salvarti scommetto
serbandolo in vita.

SPARAFUCILE
Difficile il credo.

MADDALENA
M’ascolta... Anzi facil ti svelo un progetto.
De’ scudi già dieci dal gobbo ne avesti;
venire cogli altri più tardi il vedrai...
Uccidilo, e venti...

GILDA
Che sento!

MADDALENA
...allor ne avrai...

GILDA
Mio padre!

MADDALENA
...così tutto il prezzo goder si potrà.

SPARAFUCILE
Uccider quel gobbo! Che diavol dicesti!
Un ladro son forse? Son forse un bandito?
Qual altro cliente da me fu tradito?
Mi paga quest’uomo, fedele m’avrà.

MADDALENA
Ah, grazia per esso!

SPARAFUCILE
È d’uopo ch’ei muoia.

MADDALENA
Fuggire il fo adesso.
(Va per salire.)

GILDA
Oh, buona figliuola!

SPARAFUCILE (trattenendola)
Gli scudi perdiamo.

MADDALENA
È ver!

SPARAFUCILE
Lascia fare.

MADDALENA
Salvarlo dobbiamo.

SPARAFUCILE
Se pria ch’abbia il mezzo la notte toccato
alcuno qui giunga, per esso morrà.

MADDALENA
È buia la notte, il ciel troppo irato,
nessuno a quest’ora da qui passerà.

GILDA
Oh, qual tentazione! morir per l’ingrato?
Morire!... E mio padre!... Oh cielo, pietà!

MADDALENA
È buia la notte, ecc.

SPARAFUCILE
Se pria ch’abbia, ecc.

GILDA
Oh cielo, pietà, ecc.

(Battono le undici e mezzo.)

SPARAFUCILE
Ancor c’è mezz’ora.

MADDALENA (piangendo)
Attendi, fratello...

GILDA
Che! piange tal donna! né a lui darò aita!
Ah, s’egli al mio amore divenne rubello,
io vo’ per la sua gettar la mia vita.
(Picchia alla porta.)

MADDALENA
Si picchia?

SPARAFUCILE
Fu il vento.
(Gilda torna a bussare.)

MADDALENA
Si picchia, ti dico.

SPARAFUCILE
È strano!... Chi è?

GILDA
Pietà d’un mendico;
asil per la notte a lui concedete.

MADDALENA
Fia lunga tal notte!

SPARAFUCILE
Alquanto attendete.
(Va a cercare nel credenzone.)

MADDALENA
Su, spicciati, presto, fa l’opra compita:
anelo una vita con altra salvar.

SPARAFUCILE
Ebbene, son pronto; quell’uscio dischiudi,
più ch’altro gli scudi mi preme salvar.

GILDA (da sé)
Ah! presso alla morte, sì giovine sono!
Oh ciel, per quegl’empi ti chieggo perdono!
Perdona tu, o padre, a quest’infelice!
Sia l’uomo felice ch’or vado a salvar.

MADDALENA
Spicciati, presto, ecc.

SPARAFUCILE
Bene, son pronto, ecc.

MADDALENA
Spicciati!

SPARAFUCILE
Apri!

MADDALENA
Entrate!

GILDA (da sé)
Dio! Loro perdonate!

MADDALENA, SPARAFUCILE
Entrate!

(Sparafucile va a postarsi con un pugnale dietro alla porta; Maddalena apre e poi corre a chiudere la grande arcata di fronte, mentre entra Gilda, dietro a cui Sparafucile chiude la porta, e tutto resta sepolto nel silenzio e nel buio.)




Ingvar Wixell (Rigoletto), Edita Gruberova (Gilda),
Ferruccio Furlanetto (Sparafucile), Victoria Vergara (Maddalena), Luciano Pavarotti (Duca)
dir: Riccardo Chailly (1983)


Renato Bruson (Rigoletto), Andrea Rost (Gilda),
Dimitri Kavrakos (Sparafucile), Mariana Pentcheva (Maddalena), Roberto Alagna (Duca)
dir: Riccardo Muti (1994)


Vladimir Stoyanov (Rigoletto), Rachele Gilmore (Gilda),
Kim Dae-young (Sparafucile), Kim Jung-mi (Maddalena), Chung Ho-yoon (Duca)
dir: Chung Chi-yong (2019)


"È amabile invero"
Maria Callas (Gilda), Nicola Zaccaria (Sparafucile), Adriana Lazzarini (Maddalena) (1955)

"È amabile invero"
Elena Mosuc (Gilda), Lászlo Polgár (Sparafucile), Katharina Peetz (Maddalena) (2006)



Quando nel 1858 il "Rigoletto" fu dato in francese al Théâtre de la Monnaie di Bruxelles, l'interprete del personaggio di Maddalena (evidentemente insoddisfatta di figurare soltanto nel quartetto e nel terzetto durante la tempesta) chiese di avere un'aria tutta per sé. Léon Escudier, l'editore francese di Verdi, adattò allora una romanza del compositore di Busseto, "Il poveretto" (risalente al 1847, su parole di Manfredo Maggioni), trasformandola nel brano “Prends pitié de sa jeunesse” in cui la sorella di Sparafucile implora il fratello di risparmiare la vita del Duca. Tale brano solistico è riportato ancora oggi in numerosi libretti francesi. Il musicologo Julian Budden osserva: "È impensabile che Escudier potesse pubblicare questa cosiddetta “Romanza dal Rigoletto” senza l’autorizzazione di Verdi. Sembra che si abbia a che fare con uno di quei curiosi casi in cui il compositore, una volta certo della circolazione duratura di una delle sue opere, si mostrò sorprendentemente disposto a passare sopra l’integrità del suo testo, purché non si trattasse di pirateria editoriale".

Clicca qui per il testo di "Prends pitié de sa jeunesse".

MADDALENA
Prends pitié de sa jeunesse;
il vient libre et sans secours.
O mon frère, il m’intéresse;
n’attentez pas à ses jours.

Le sommeil clot sa paupière
calme, heureux, sans crainte il dort:
cede enfin à ma prière…
ou je vais sauver son sort.

Une soeur, ou bien sa mère
doit l’attendre en ce moment;
songe à sa douleur amère,
à ses larmes, son tourment.

Vois, je pleure et je t’implore…
sois sensible et sans rigoeur.
Ah, par grâce, laisse encore
vivre, hélas! un si beau coeur.
Ah, grâce! Pitié!
MADDALENA
Abbi pietà della sua giovinezza;
è venuto qui senza alcun soccorso.
Fratello, egli mi interessa;
non attentare ai suoi giorni.

Il sonno chiude le sue palpebre;
calmo, felice, dorme senza paura:
cedi infine alla mia preghiera…
o io lo salverò dalla sua sorte.

Una sorella, o forse sua madre
deve aspettarlo ora;
pensa al suo dolore amaro,
alle sue lacrime, al suo tormento.

Guarda, io piango e t’imploro…
sii sensibile e senza rigore.
Ah, per pietà, lascia ancora
vivere, ahimé, un cuore così nobile.
Ah, grazia! Pietà!


"Prends pitié de sa jeunesse"
(Manuela Custer)

"Il poveretto"
(Giuseppe di Stefano)