Per il primo allestimento dell'opera, nel gennaio del 1790, la parte di Guglielmo era stata affidata a Francesco Benucci, un cantante che Mozart, la corte imperiale e il pubblico viennese tenevano in grande considerazione. Primo buffo veterano, nonché pilastro insostituibile della troupe, a lui si doveva in parte il successo delle precedenti "Nozze di Figaro" (era stato infatti il primo interprete di Figaro), tanto che il compositore lo aveva poi voluto anche come Leporello in occasione della riproposta del "Don Giovanni" a Vienna. Era naturale che Da Ponte e Mozart volessero sfruttarne al massimo la popolarità e le doti vocali e istrioniche (accompagnate però da una grande naturalezza e da una capacità di autocontrollò anche sul piano mimico-gestuale), e che lo immaginassero come la vera star dello spettacolo. Questo, però, li portò a strafare e a commettere un grave errore di valutazione. Con l'intenzione di regalargli un'aria brillante che potesse reggere il confronto con il celebre "Non più andrai, farfallone amoroso", i due autori prepararono infatti per lui un'aria simile e assai elaborata, "Rivolgete a lui lo sguardo" (K. 584), che avrebbe dovuto propiziare l'ennesimo trionfo del cantante.
Quasi subito, però, divenne chiaro come l'inserimento di questo brano, lungo cinque o sei minuti, avrebbe compromesso l'equilibrio e la struttura del primo atto dell'opera, sia dal punto di vista drammaturgico (interrompendo l'azione proprio sul più bello, per di più giungendo subito dopo il "Come scoglio" di Fiordiligi) sia da quello musicale (la tonalità di Re maggiore, associata all'impiego di trompe e timpani, anticipa l'imminente finale dell'atto: "una curiosa anomalia, visto che nella prassi operistica mozartiana il finale si distingue dai numeri precedenti tanto per tonalità che per orchestrazione", spiega Daniel Heartz). A malincuore, Mozart si ritrovò costretto ad eliminarlo e a sostituirlo con un brano più breve e semplice, "Non siate ritrosi". Forse per compensazione, il compositore arricchì l'aria riservata a Benucci nel secondo atto, "Donne mie, la fate a tanti", aggiungendovi nuovo materiale musicale e naturalmente le trombe e i timpani. La decisione venne presa evidentemente quasi subito, visto che nel dicembre del 1789, quando mancava ancora di un mese alla prima, Mozart già registrava separatamente "Rivolgete a lui lo sguardo" nel proprio catalogo personale con l'annotazione "Eine arie welche in die oper Così fan tutte bestimmt war für Benucci" ("Un'aria che nell'opera Così fan tutte era in origine concepita per Benucci").
Narrativamente il brano eliminato svolgeva lo stesso compito di "Non siate ritrosi", rappresentando cioè il tentativo da parte di Guglielmo di conquistare le due dame (e in particolare Dorabella) esibendo goffamente le proprie doti. Il testo di Da Ponte, un vero "catalogo di assurdità", è colmo di riferimenti letterari, storici, mitologici e geografici, e spazia in allegria da un contesto all'altro. Si citano gli amori di Orlando (dal Boiardo) e Medoro (dall'Ariosto) e località geografiche vicine e remote ("da Vienna al Canadà"); i due cicisbei paragonano la loro ricchezza a quella di Creso, la bellezza a quella di Narciso, la prestanza a quella di Marco Antonio, la forza a quella di un Ciclope, la cultura a quella di Esopo, e l'abilità della danza a quella di un tale Pichne (che immagino fosse un celebre ballerino dell'epoca). Viene scomodata persino la natura, con il riferimento al canto dell'usignolo. E infine, nei versi culminanti del brano, c'è un accenno malizioso ("E qualch'altro capitale / abbiam poi che alcun non sa") che avrebbe dovuto "permettere a Benucci di suggerire con un semplice gesto (o forse con un'occhiata compiaciuta) il punto esatto in cui era celato quel suo «capitale»" (Heartz).
Clicca qui per il testo di "Rivolgete a lui lo sguardo".
GUGLIELMO
Rivolgete a lui lo sguardo
e vedrete come sta:
tutto dice, io gelo... io ardo...
idol mio, pietà, pietà.
E voi, cara, un sol momento
il bel ciglio a me volgete,
e nel mio ritroverete
quel che il labbro dir non sa.
Un Orlando innamorato
non è niente in mio confronto,
un Medoro il sen piagato
verso lui per nulla io conto:
son di foco i miei sospiri
son di bronzo i suoi desiri,
se si parla poi di merto
certo io sono, ed egli è certo,
che gli uguali non si trovano
da Vienna al Canadà.
Siam due Cresi per ricchezza,
due Narcisi per bellezza
in amor i Marcantoni
verso noi sarian buffoni.
Siam più forti d'un Ciclopo,
letterati al par di Esopo.
Se balliamo un Pichne cede
sì gentil e snello è il piede,
Se cantiam col trillo solo
facciam torto all'usignuolo;
e qualch'altro capitale
abbiam poi che alcun non sa.
Bella, bella, tengon sodo:
Se ne vanno ed io ne godo!
Eroine di costanza,
specchi son di fedeltà!
Ferruccio Furlanetto | Hermann Prey |
Thomas Hampson | Fernando Corena |
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