Ci siamo lasciati nel post precedente con l'immagine di Geronimo che, tutto contento per il prossimo "matrimonio nobile" tra Elisetta e il Conte, esce di scena, lasciando da sole le tre donne, cioè Elisetta, Fidalma e Carolina.
Nel recitativo che precede il brano oggetto di questo post riusciamo a capire qualcosa di più circa il carattere dei nostri personaggi. Spicca, in particolar modo, quello di Elisetta.
Comprendiamo, innanzitutto, la sua inclinazione verso la superbia; troppo orgogliosa, infatti, si mostra sul fatto di stare per diventare contessa: è proprio questo atteggiamento che costituisce la causa dell'esistenza della successiva aria. Non solo, insomma, Elisetta è fierissima di sposare il Conte e di acquisire un titolo nobiliare, ma vorrebbe farlo pesare alla sorella minore, aizzandola in tutti i modi; la conseguenza è che ogni gesto, ogni parola di Carolina vengono malamente interpretati da Elisetta, la quale, pertanto, pensa di essere oggetto di invidia da parte della sorella "cadetta".
In questo recitativo si inserisce anche Fidalma, che appare come elemento pacificatore: tra poco mostrerò che si tratta, appunto, di mera apparenza.
Clicca qui per il testo del recitativo.
ELISETTA
Signora sorellina,
se io le rammenti un poco ella permetta,
ch'io sono la maggior, lei la cadetta:
che perciò le disdice
quell'invidia che mostra;
e che in questa occasion meglio faria
se mi pregasse della grazia mia.
CAROLINA
Ah, ah! della sua grazia,
quantunque singolare,
in verità non ne saprei che fare.
ELISETTA
Sentite la insolente?
Io son Contessa, e siete voi un niente.
FIDALMA
Eccoci qua: noi siamo sempre a quella.
Tra sorella e sorella,
chi per un po' di fumo,
chi per voler far troppo la vivace,
un solo giorno qui non si sta in pace.
ELISETTA
Qual fumo ho io? parlate.
CAROLINA
Qual io vivacità che condannate?
ELISETTA
Non ho fors'io ragione?
FIDALMA
Sì, deve rispettarvi.
CAROLINA
Ho dunque torto io?
FIDALMA
No, non deve incitarvi.
ELISETTA
Che? forse io la incito?
CAROLINA
Che? fors'io la strapazzo?
FIDALMA
No, niente no, non fate un tal schiamazzo.
CAROLINA
Io di lei non ho invidia;
non ho rincrescimento
del di lei ingrandimento:
sol mi dispiace che in questa occasione
ha di sè stessa troppa presunzione.
(per partire)
ELISETTA
Il voltarmi le spalle in questo modo
è un'altra impertinenza.
CAROLINA
Perdoni se ho mancato a Sua Eccellenza.
Rivolgendosi alla sorella definita come colei che "ha di se stessa troppa presunzione", Carolina apre questa nuova aria, con un evidente carattere ironico teso alla presa in giro dell'altezzosa Elisetta. Inizialmente fa riferimento ad un inchino doveroso nei confronti di Elisetta, ma l'affettazione con cui ciò avviene (e i registi attenti ne tengono conto) è resa dalla frase "per altro, lei rider mi fa".
Coloro che hanno letto l'accurata analisi di Christian de "Le Nozze di Figaro" non faranno fatica a notare la somiglianza della situazione con il brano "Via, resti servita"; in quel contesto sono Susanna e Marcellina a punzecchiarsi a vicenda, mentre qui vi troviamo Carolina ed Elisetta. Ma nel nostro caso è inserito un personaggio in più, cioè Fidalma. Ho accennato prima al suo ruolo all'interno della storia; cercherò di fornire maggiori dettagli nel post che segue, dove parlerò di un'aria cantata direttamente da lei, però qualcosa la posso dire anche adesso.
Ho parlato di lei come "apparente elemento pacificatore"; in effetti, nel recitativo, quando le due sorelle cominciano a scambiarsi le prime battute, sembra mantenersi "super partes". Ma in quest'aria riusciamo a cogliere qualcosa in più. Ed è proprio la musica, prima ancora che il testo del libretto, a rendercelo evidente. Alla fine dell'aria, infatti, è possibile notare che Fidalma risulta melodicamente coalizzata con Elisetta, costituendo un blocco che si contrappone a Carolina. Le prime due donne, cioè, presentano una linea melodica affine, mentre Carolina è, musicalmente parlando, "lasciata sola" e con un canto del tutto differente. Ciò indica molto chiaramente un particolare della storia che il testo del libretto rende manifesto solo nel secondo atto, cioè che Fidalma è schierata con Elisetta.
È, questo, un particolare musicale che mi colpisce sempre molto, perché, come ho specificato, rende palese la grandezza della musica e la sua capacità evocativa prima che intervengano le esplicitazioni del linguaggio parlato. Certo, non nascondo che questa sottigliezza emerga o con un ascolto attento oppure con la visione della partitura.
Detto questo, vi lascio ascoltare alcune versioni del brano, di cui segue anche il testo.Clicca qui per il testo del brano.
CAROLINA
Le faccio un inchino,
Contessa garbata;
per essere Dama
si vede ch'è nata;
per altro, per altro
lei rider mi fa.
ELISETTA
Strillate, crepate.
Son Dama e Contessa.
Beffar se volete,
beffate voi stessa.
Per altro, per altro
creanza non ha.
FIDALMA
(ad Elisetta)
Quel fumo, mia cara,
è troppo eccedente.
(a Carolina)
Voi siete, carina,
un poco insolente.
Vergogna! vergogna!
Finitela già.
CAROLINA
Sua serva non sono.
ELISETTA
Son vostra maggiore.
CAROLINA
Entrambe siam figlie
d'un sol genitore.
ELISETTA
Stizzosa...
CAROLINA
Fumosa...
FIDALMA
Finiam questa cosa,
tacetevi là.
FIDALMA, CAROLINA, ELISETTA
Non posso soffrire
la sua inciviltà.
FIDALMA
Codesto garrire
tra voi ben non sta.
Per aiutare la comprensione rispetto a quello che ho scritto riguardo a Fidalma e alla sua posizione rispetto alle nipoti, Vi segnalo che nel primo video tale momento ha inizio a partire da 3:27 fino a quasi la fine; se osservate bene dovreste riuscite anche visivamente ad individuare la coppia "Fidalma-Elisetta" contrapporsi melodicamente a Carolina. Ho scelto di esplicitare quest'idea in questo video perché mi è sembrato che l'inquadratura permetta di verificare (soprattutto visivamente) quanto ho tentato di spiegare a parole.
Valeria Baiano (Elisetta), Antonella Bandelli (Carolina) e Carmen Gonzales (Fidalma)
Ecco, inoltre, anche le altre versioni che tengo costantemente in considerazione, dirette rispettivamente da Hilary Griffiths e da Daniel Barenboim.
Barbara Daniels (Elisetta), Georgine Resick (Carolina) e Marta Szirmay (Fidalma) | Julia Varady (Elisetta), Arleen Augér (Carolina) e Julia Hamari (Fidalma) |
Su YouTube esistono molte versioni di questo brano; ne potete trovare anche in lingue straniere, a testimonianza dell'universalità e della fama di cui quest'opera ha goduto in passato e continua a godere anche oggi. Però di queste ne posto solo due, visto che le altre non mi sono poi piaciute così tanto: lascio alla vostra curiosità la possibilità di "divertirvi" (tanto per non piangere!) con le altre versioni presenti su YouTube, spesso stravaganti ma non idonee, a mio avviso, ad essere inserite qui.
Amalia Ishak (Elisetta), Gladys Mayo (Carolina) e Lauretta Brovida (Fidalma) | Federica Giansanti (Elisetta), Kanae Fujitani (Carolina) e Anna Pennisi (Fidalma) |




































Felice per il ritorno di Alfredo, Violetta vorrebbe subito alzarsi dal letto, uscire di casa e correre in chiesa per ringraziare di questa gioia, ma le forze le mancano. Anche Alfredo si rende conto del grave stato in cui versa la ragazza. Mentre Annina viene mandata a chiamare il dottore, Violetta lamenta la sua triste sorte ("Gran Dio! Morir sì giovine"), alternando momenti di spossatezza e di delirio ad altri di maggiore energia. Giunge anche Giorgio Germont, in tempo per esprimere nuovamente il proprio rimorso e chiedere perdono per le sue azioni. Mentre gli uomini le porgono l'ultimo conforto, Violetta prende finalmente coscienza della sua fine imminente: dona ad Alfredo un medaglione con il suo ritratto ("Prendi, quest'è l'immagine de' miei passati giorni"), pregandolo di donarlo alla ragazza che un giorno sposerà ("Se una pudica vergine"), e infine, dopo essere stata colta per un attimo da un ultimo e illusorio istante di apparente vigore (il tema dell' "amor che palpita" si può udire nuovamente in sottofondo, mentre Violetta recita – anziché cantare – le sue ultime parole), ricade esanime e priva di vita sul canapè. Tutto il finale è musicalmente molto bello, per le melodie, l'intensità e il flusso continuo di emozioni. L'intero concertato con cui si conclude l'opera è all'insegna di toni funerei e disperati, che precedono una fine rapidissima e senza possibilità di scampo.
chiusura del sipario, ma la cui profferta di pentimento risponde anche a esigenze di chiusura "drammaturgica" dell'azione), l'assenza dei vari personaggi minori serve a sottolineare ancora di più l'abbandono e la desolazione in cui giace Violetta al momento della sua dipartita. La morte della ragazza, comunque, non è del tutto infelice. Violetta lascia il mondo dopo aver provato la gioia immensa (e a quel punto quasi inattesa) di riabbracciare Alfredo, che le dichiara perdono ed eterno amore, e non in preda al dolore della separazione ("Ah, s'anco in vita m'hai ritrovata / credi che uccidere non può il dolor"), nonché felice perché circondata da amici ("Fra le braccia io spiro / di quanti cari ho al mondo").
Mentre nella sua stanza Violetta si strugge di dolore, dall'esterno giungono i canti gioiosi dei parigini che festeggiano il Carnevale, con un baccanale dedicato al corteo popolare del "bue grasso" che contrasta in maniera fin troppo netta con l'indigenza in cui versa la ragazza. La quale, poco prima, aveva infatti commentato "Ah, nel comun tripudio, sallo Iddio quanti infelici soffron!", pensando più a sé stessa che a quei poveri ai quali fa portare in dono – tramite Annina – la metà dei pochi denari che le sono rimasti.
Due parole sul
Il brano è diviso in due parti: dapprima un recitativo in cui Violetta legge ad alta voce la lettera di Germont ("Teneste la promessa...") – la convenzione operistica vuole che le lettere vengano recitate senza cantare – e poi, introdotta da un oboe, l'aria vera e propria, di cui talvolta viene eseguita soltanto la prima parte, tralasciando quella che comincia con "Le gioie, i dolori tra poco avran fine". Le prime parole del brano, "Addio del passato", hanno dato il titolo a romanzi (di Valeria Mazzarelli, 2006 ma scritto negli anni settanta) e film (di Marco Bellocchio, 2000, mediometraggio dedicato proprio alla "Traviata" e ambientato a Busseto e nei luoghi verdiani).
Ambientato interamente nella camera da letto dove Violetta giace malata, a Parigi, il terzo e ultimo atto dell'opera si svolge circa un mese dopo la conclusione del precedente e si apre con un intermezzo musicale che riprende le atmosfere e gli accordi del preludio del primo atto, venandoli però di ancora maggiore tristezza (non c'è più traccia degli accenni al ballo e alle feste che si potevano udire in apertura dell'opera, né del tema passionale di "Amami, Alfredo"). La vita di Violetta è prossima alla fine, la sua malattia l'ha ormai consumata, e la lontananza di Alfredo (che, come apprenderemo, è dovuto fuggire all'estero dopo aver ferito – ma non ucciso – il Barone in duello) ha fatto il resto. Il senso di morte imminente, che già aleggiava sulla protagonista sin dal principio (ricordiamo i mancamenti che già la affliggevano nel primo atto, subito dopo il brindisi), è ormai impossibile da scacciare.


