Ecco l'elenco di tutti i post pubblicati su "La pietra del paragone":
- Introduzione
- Ouverture
Atto I:
- Introduzione I: "Non v'è del conte Asdrubale" – "Attenti, ascoltate!"
- Duetto: "Mille vati al suolo io stendo"
- Cavatina: "Quel dirmi, oh Dio" – "Eco pietosa"
- Cavatina: "Se di certo io non sapessi"
- Duetto: "Conte mio, se l'eco avesse"
- Aria: "Ombretta sdegnosa del Missipipì"
- Quartetto: "Voi volete, e non volete"
- Aria: "Chi è colei che s'avvicina?"
- Coro: "Il conte Asdrubale, dolente e squallido"
- Finale I/1: "Su queste piante incisi"
- Finale I/2: "Oh, caso orribile!" – "Sigillara!"
- Finale I/3: "Non serve a vil politica" – "Qual chi dorme e in sogno crede"
Atto II:
- Introduzione II: "Lo stranier con le pive nel sacco" – "Io del credito in sostanza"
- Coro: "A caccia, o mio signore!"
- Il temporale ("Ahi! Chi si muove?")
- Recitativo e aria: "Oh, come il fosco e impetuoso nembo" – "Quell'alme pupille"
- Quintetto: "Spera, se vuoi, ma taci" – "Men tremendo che tempesta"
- Sonetto: "Sognai di Cimarosa, ahi vista amara!"
- Aria: "Pubblico fu l'oltraggio"
- Terzetto: "Prima fra voi coll'armi"
- Marcia e aria: "Se l'itale contrade" – "Se per voi le care io torno"
- Aria: "Ah, se destarti in seno"
- Finale II: "Voi, Clarice?" – "Il cor di giubilo brillar mi sento"
La pietra del paragone - Riepilogo
23. Finale II: "Voi, Clarice?"
Siamo al finale. Di fronte alla concreta prospettiva di perderla, il Conte si è finalmente reso conto di amare Clarice e, come ultima risorsa, chiede al suo gemello Lucindo (in realtà la stessa Clarice, travestita) di poterla sposare. "De' comuni affetti / stato ei sarebbe ad onta sua tiranno / s'io non compìa questo felice inganno", commenta la donna fra sé. Dopo un divertente siparietto fuori programma con Fulvia e Aspasia (che si sono invaghite a prima vista del giovane militare), "Lucindo" acconsente al matrimonio della sorella con il Conte. E infine, con sorpresa di tutti, svela la propria identità: "Lucindo non tornò, Clarice io sono".
"Voi, Clarice?" è il grido di stupore di tutti. Al colmo della gioia, Asdrubale e la Marchesa si domandano perdono a vicenda per gli scherzi che si sono giocati, mentre anche Giocondo – che a sua volta era innamorato di Clarice – sembra accettare la felice conclusione con una certa rassegnazione (in precedenza, in un recitativo che solitamente viene omesso, Lucindo aveva offerto anche a lui la mano della sorella; ma Giocondo aveva rifiutato per via dell'amicizia che lo lega al Conte, dichiarando di essere "amico prima che amante").
Anche Donna Fulvia e la Baronessa Aspasia riconoscono la sconfitta: Clarice le ha battute nel conquistare la mano del Conte. E pensando all'imminente matrimonio della coppia ("Veder chi si marita / e starli a contemplar...") le due dame tornano all'ovile, ovvero da Pacuvio e Macrobio, che però – memori del loro recente comportamento, quando erano pronte ad abbandonarli in favore del capitano Lucindo – ne approfittano per vendicarsi tenendole un po' sulle spine ("Madama, l'ho capita: / son grato al vostro affetto; / ma per parlarvi schietto, / ci voglio un po' pensar").
L'opera si conclude con l'inevitabile lieto fine, ovvero con un canto di gioia ("Il cor di giubilo / brillar mi sento") intonato da tutti i personaggi, che si preparano a festeggiare le "nozze portentose" fra il Conte e la Marchesa. Secondo alcuni commentatori, è proprio in questo finale che Rossini fa uso per la prima volta in maniera evidente del tipico "crescendo" che diverrà presto un suo marchio di fabbrica e che si ritroverà sempre più spesso in quasi tutte le sue future composizioni. Un altro motivo per celebrare "La pietra del paragone" come una pietra miliare nella storia dell'opera italiana. Sempre di pietre si parla, in fondo. ^^
Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.
BARONESSA (a Clarice)
Siete alfin solo: impaziente io stava
aspettando il momento...
FULVIA (correndo spaventata)
Se non era il cavalier Giocondo,
il Conte si uccidea.
CLARICE (con somma agitazione)
(Che sento!) Ed ora?
FULVIA
Scrive.
CLARICE
(Respiro.)
BARONESSA (a donna Fulvia)
E perché mai?
FULVIA
Si crede,
che il signor capitan gli abbia intimato...
FABRIZIO (correndo)
Ah! signor capitan...
CLARICE
Che cosa è stato?
FABRIZIO
Leggete, e poi firmatevi:
«Lucindo per Clarice sua sorella»,
o il padron si dà fuoco alle cervella.
BARONESSA
Caspita! il caso è serio.
[CLARICE
(Oh me felice!
Scrivo il mio nome: ei stupirà. «Clarice».)
FABRIZIO
Grazie.
BARONESSA (a Fulvia)
Che nuova c'è?]
FULVIA (alla Baronessa)
Credo che sia carta di matrimonio.
CLARICE
A queste dame domando mille scuse.
BARONESSA (in aria di galanteria)
Io più di mille ne domando anzi a voi,
se forse troppo importuna vi son.
FULVIA (egualmente)
Volano l'ore in vostra compagnia.
BARONESSA (come sopra)
Sembrano istanti.
CLARICE
Siete troppo gentili. (Anzi sguaiate.)
[FULVIA (come sopra)
Oh grazie.
BARONESSA (come sopra)
È sua bontà.
CLARICE
(Quando sapranno quel che so io.)
FABRIZIO (al Conte nell'uscire)
La marchesina? Oh bella!
Non l'ho neppur veduta.
CONTE (mostrando il foglio che ha in mano)
Ed io ti dico
che questo è suo carattere.
PACUVIO (osservando il foglio)
Senz'altro.
CONTE
Io lo conosco.
GIOCONDO (facendo lo stesso)
Non v'è dubbio.
MACROBIO (a Fabrizio osservando anch'esso)
Hai torto.
FABRIZIO
Or lo vedremo. Il capitan Lucindo
per me risponda.
CLARICE
Io parlerò. Fabrizio
non ne ha né torto, né ragion; mi spiego:]
Conte, io spero che siate
disposto a perdonarmi.
CONTE
Io si.
CLARICE
Ne chieggo la destra in pegno.
CONTE
Eccola, o caro; io tutto,
or che ottenni Clarice, a voi perdono.
CLARICE (scoprendosi)
Lucindo non tornò: Clarice io sono.
(stupore universale)
Clicca qui per il testo del brano.
CONTE E GIOCONDOVoi, Clarice?
BARONESSA E FULVIA
Qual inganno!
MACROBIO E PACUVIO
Qual sorpresa!
FABRIZIO E CORO
Qual portento!
TUTTI
Questo nobile ardimento
chi poteva immaginar?
CLARICE
Trasformando al fin me stessa
aguzzai d'amor lo strale:
la sorpresa universale
mi fa l'alma in sen brillar.
BARONESSA E FULVIA
Che improvviso temporale!
Ci avrei fatta una scommessa:
ah! purtroppo è dessa, è dessa,
e ci seppe corbellar.
PACUVIO
Donna Fulvia...
MACROBIO
Baronessa...
MACROBIO E PACUVIO
È venuto il temporale,
si è smorzato il mio fanale,
cesso alfin di smoccolar.
CONTE E GIOCONDO
Da stupor, da gioia eguale
non fu mai quest'alma oppressa:
ma la gioia omai prevale;
già non so che giubilar.
FABRIZIO E CORO (verso il Conte)
Or la gioia in lui prevale,
e non sa che giubilar.
CONTE (a Clarice)
Cara, perdon ti chiedo.
CLARICE (al Conte)
Perdon ti chiedo anch'io.
GIOCONDO (con brio a Clarice e al Conte)
Ragion per me non vedo
di starsi a supplicar.
CONTE (a Giocondo)
Quanto vi deggio, amico!
GIOCONDO
Lo stesso ancor vi dico:
lasciamo i complimenti.
MACROBIO E PACUVIO
Piuttosto andiamo a pranzo:
pria che la lingua, i denti
bisogna esercitar.
MACROBIO, PACUVIO E GIOCONDO
E sopra l'altre cose
con pompa ed allegria
le nozze portentose
si pensi a festeggiar.
BARONESSA E FULVIA (la Baronessa a Macrobio, donna Fulvia a Pacuvio)
Veder chi si marita,
e starli a contemplar...
MACROBIO E PACUVIO (interrompendole)
Madama, l'ho capita:
son grato al vostro affetto;
ma per parlarvi schietto,
ci voglio un po' pensar.
[MACROBIO (veggendo che la Baronessa se ne rammarica, le porge la destra)
Via su, sia per non detto,
vi voglio contentar.]
CONTE
Finor di stima io fui
verso le donne avaro:
da questo giorno imparo
le donne a rispettar.
CLARICE, MACROBIO, GIOCONDO E CONTE, TUTTI
Il cor di giubilo
brillar mi sento:
non so reprimere
quel sentimento,
che in petto l'anima
mi fa balzar.
[Del paragon la pietra
a tempo usar conviene:
chi prova e non risolve,
un seccator diviene;
si rende altrui ridicolo
per farsi singolar.]
Sonia Prina, François Lis, José Manuel Zapata, Joan Martin-Royo, Christian Senn,
Jennifer Holloway, Laura Giordano, Filippo Polinelli, dir: Jean-Christophe Spinosi
Marie-Ange Todorovich, Marco Vinco, Raul Giménez, Pietro Spagnoli, Paolo Bordogna,
Laura Brioli, Patrizia Biccirè, Tomeu Bibiloni, dir: Alberto Zedda
Julia Hamari, Justino Diaz, Ugo Benelli, Claudio Desderi, Alessandro Corbelli,
Antonella Pianezzola, Daniela Dessì, Armando Ariostini, dir: Piero Bellugi
22. Aria: "Ah! Se destarti in seno"
Il piano di Clarice procede. Nei falsi panni del capitano Lucindo, la donna spiega al Conte Asdrubale che intende condurre con sé la sorella, "lungi da questi lidi per lei funesti". Davanti alla prospettiva di non veder mai più la Marchesa, il Conte prende finalmente coscienza del proprio amore per lei. Ogni supplica a Lucindo affinché torni sui suoi passi si rivela inutile: e al Conte non resta che lamentarsi per la propria sorte, osservando come la somiglianza di Lucindo e Clarice si limiti al volto ("Oh, quanto mai Natura sotto eguali sembianze vi distinse nel cor", e poi ancora: "Ah, di lei, per mio tormento, / le sembianze in te ravviso: / il tuo volto in due diviso / m'innamora, e orror mi fa").
Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.
CONTE
Scusate, capitan...
CLARICE (in abito militare)
Tutto m'è noto.
CONTE
Ch'io sappia almen da lei...
CLARICE
No, mia sorella più non vedrete.
[(a Giocondo)
Cavaliere, a voi la destra io n'offro.
GIOCONDO
Io la ricuso: amico
prima che amante, io fui.
CLARICE
La vostra ammiro non volgare amistà.]
Lungi da questi lidi per lei funesti
Clarice io condurrò.
[CONTE (con sorpresa ed affanno)
Voi?
CLARICE (con forza)
Sì.
CONTE (smanioso a Giocondo)
Me stesso in me non trovo.
CLARICE
(In quelle smanie io veggo il mio trionfo.)
CONTE (a Clarice quasi piangendo)
E partirà Clarice per non tornar mai più?
CLARICE
D'avervi amato arrossirà, quando ragione e tempo
resa le avran la sospirata calma.
CONTE (appoggiandosi a Giocondo)
Oh dio!... Qual su quest'alma piomba improvviso gel!...
D'amarla tanto io non credea.
CLARICE
Né pianto a lei giovò, né tolleranza e fede
anche in mezzo ai disastri.
CONTE
Ah! sì, conosco per mia pena maggior
tutte in un punto le sue virtù.
(A Clarice in aria supplichevole)
Deh...
CLARICE (con enfasi)
No.]
CONTE
Crudel!... Se fosse Clarice qui...
Se me vedesse... Oh, quanto...
CLARICE
(Resisto appena.)
CONTE
Oh, quanto mai Natura
sotto eguali sembianze
vi distinse nel cor!
GIOCONDO
Deh! alfin vi basti
il pentimento, il suo rossor...
CLARICE (con enfasi, come sopra)
No.
CONTE (a Giocondo)
Cessa...
Lasciami, amico, a quel destino in preda,
che a me stesso io formai.
Da te Clarice sappia almen ch'io l'adoro,
che le follie, che il mio rigor condanno,
e che forse per lei morrò d'affanno.
Clicca qui per il testo del brano.
CONTE(a Clarice)
Ah! Se destarti in seno
per me pietà non senti,
lascia ch'io speri almeno
dall'idol mio pietà.
(a Giocondo)
Caro amico, ah! tu lo vedi...
ah! di me che mai sarà?
(a Clarice)
Al mio duol se tu non cedi,
mostro sei di crudeltà.
(all'uno e all'altra)
Non vedrò mai più Clarice:
e fia vero?... oh me infelice!
(a Clarice fissando in lei lo sguardo)
Ah, di lei, per mio tormento,
le sembianze in te ravviso:
il tuo volto in due diviso
m'innamora, e orror mi fa.
Più bramar non so che morte;
altra speme a me non resta:
l'ora estrema, oh dio! fu questa
della mia felicità.
(parte furiosamente e Giocondo lo segue)
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